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Tag: Temperature

1997-2014 Pericolose analogie

Ne abbiamo parlato già in un paio di post nelle ultime settimane, per esempio qui, le probabilità che durante i prossimi mesi si inneschi un El Niño nel Pacifico equatoriale sembrano aumentare ogni giorno di più. La Kelvin Wave innescatasi già circa un mese fa continua ad avanzare e, con la velocità di propagazione che mediamente assumono queste dinamiche l’energia che sta trasportando in direzione ovet-est lungo l’equatore potrebbe propagarsi al settore orientale dell’Oceano Pacifico già per la fine di aprile.

Fcst El Nino

Questa immagine è tratta dall’ultimo update settimanale della NOAA. La media della previsione di ensemble mostra un innesco di condizioni con indice ONI (Oceanic Niño Index) già a partire appunto dalla fine di questo mese. Qui c’è l’ultimo update mensile nel quale è stato assegnato un 50% di probabilità ad un evento El Niño consolidato tra l’estate e l’autunno prossimi.

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Pacifico equatoriale, possibile El Niño tra l’estate e l’autunno

Dal blog di Jeff Masters su Weather Underground arriva la segnalazione dell’ultimo ENSO update della NOAA. La novità è che dopo un lungo periodo di condizioni di neutralità per l’indice ENSO, pare si stiano generando le precondizioni per l’insorgere di un El Niño per la tarda estate/inizio dell’autunno di quest’anno. L’approccio a questa previsione è piuttosto interessante, perché si prende atto del fatto che praticamente tutti i modelli di previsione sono indirizzati verso una graduale tendenza al riscaldamento delle acque di superficie del Pacifico centrale e orientale, per deflusso delle acque calde accumulatesi sul bordo occidentale del bacino grazie alle persistenti condizioni di neutralità. La probabilità di innesco di un evento El Niño è fissata intorno al 50%. Qui sotto la previsione dell’IRI e, sotto ancora, la performance dei modelli negli ultimi due anni.

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E continuano a prenderci per il cooling

Circa il titolo, qui e qui i precedenti. Circa i fatti di oggi, mettetevi comodi, non ci vorrà molto.

Pare che le dotte spiegazioni circa le ragioni per cui la temperatura globale ha smesso di crescere malgrado il forcing e le profezie di disastro imminente siano ormai tante da poter comporre una classifica. Per l’esattezza una top ten, che se avete voglia di un riassunto trovate qui.

La new entry è un paper firmato da Gavin Shmidt e soci, cioè dal nocciolo duro del blog Real Climate, la finestra (senza parapetto) sulla sventura climatica prossima ventura.

 

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La Barriera di Primavera

Negli ultimi tempi ci è capitato più volte di far riferimento ell’ENSO, l’indice che descrive le oscillazioni delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico equatoriale. Quelle oscillazioni, come sanno molti di quelli che ci seguono, si realizzano attraverso tre fasi, che non si susseguono con una sequenza specifica, hanno una frequenza di occorrenza piuttosto casuale e, una volta innescatesi, durano solitamente per molti mesi, restando però sempre nell’ambito del breve periodo climatico. Stiamo parlando di El Nino, de La Nina e delle condizioni di neutralità. Nel lungo periodo, invece, interviene una diversa oscillazione, la PDO (Pacific Decadal Oscillation, 20-30 anni di ciclo) che favorisce a seconda del suo segno la prevalenza di una delle due fasi diverse dalla neutralità.

 

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L’AGW fa camminare i treni

Domanda: c’è più energia nel riscaldamento globale antropogenico o nelle fesserie che si raccontano per sostenerlo? Quando sono veramente troppo grosse, delle seconde si dice che facciano camminare i treni, per cui l’analogia con l’energia disponibile regge bene.

 

Piccolo esercizio, leggete il paragrafo qui sotto cronometrando il tempo che impiegate (viene da qui):

 

…il nostro pianeta sta attualmente accumulando calore al ritmo incredibile di circa tre bombe atomiche di Hiroshima al secondo…. i dati per le temperature vanno su e giù, anno dopo anno, con il risultato che è possibile trovare sempre dei brevi periodi parte di una tendenza al riscaldamento a lungo termine in cui si notano brevi periodi di diminuzione delle temperature. Nel frattempo, il pianeta continua ad accumulare calore: equivalente a circa 250 bombe atomiche di Hiroshima dal momento in cui avete cominciato a leggere questo articolo.

 

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Mirror posting – L’ennesima realtà virtuale

Questo post è stato pubblicato dal prof. Sergio Pinna sulle sue pagine web.

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di Sergio Pinna

I lettori della cronaca di Pontedera de La Nazione  (22 gennaio 2014) si saranno certamente preoccupati leggendo le parole di Francesco Meneguzzo, meteorologo dell’IBIMET di Firenze: «Ci dobbiamo abituare a stagioni estreme che si alterneranno: inverni freddissimi e inverni quasi primaverili. Le ragioni di quest’attuale stagione?    Il riscaldamento globale che non si è mai arrestato e che . . . . .».

 

Anzitutto sarebbe bene spiegare alle persone che le temperature globali sono praticamente stabili da una quindicina d’anni a questa parte e nessuno ne conosce i motivi. In secondo luogo si    potrebbe poi chiarire che non esiste alcuna plausibile teoria che possa mettere in relazione un eventuale futuro incremento delle temperature con un aumento della variabilità climatica, cioè col    verificarsi di oscillazioni (positive e negative) più pronunciate rispetto ai valori di riferimento.

 

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Fit dei dati NOAA con segmenti

Dopo il post sul lavoro di Akasofu mi sono chiesto se il “non-modello” semi-empirico che ho usato per rappresentare le anomalie medie annuali di NOAA sia accettabile, almeno in termini descrittivi. Ricordo che i dati erano stati approssimati con una retta -i cui parametri derivano dai minimi quadrati lineari- cui si sovrappone una sinusoide con parametri (ampiezza, periodo, fase iniziale) assegnati manualmente, “guardando i dati” e quindi con notevole soggettività. L’altro metodo usato è stato quello di un fit non lineare in cui, fissato il periodo della sinusoide, si cercano quattro parametri. Nel precedente post avevo scritto che ” cambiano leggermente i numeri ma non il concetto complessivo”.
Per cercare di quantificare l’affermazione ho usato il Criterio Informativo Bayesiano (Bayesan Information Criterion o BIC, Schwarz, 1978), ben descritto in un articolo molto citato (Seidel & Lanzante, 2004). Questo articolo è a pagamento e personalmente l’ho trovato con fatica perchè l’Università di Bologna non è abbonata alla sezione D del Journal of Geophysical Research: propongo quindi un riassunto quasi completo (Menne,2006) liberamente disponibile in rete.
Il metodo BIC parte dalla necessità di descrivere una serie di dati in modo più accurato rispetto alla rappresentazione lineare, e nello stesso tempo ugualmente semplice. Vuole poi trovare un indice statistico in grado di giudicare la bontà di diverse rappresentazioni. Per fare questo viene proposto di dividere la serie in n “segmenti”, definiti da (n-1) break-point scelti opportunamente, ognuno dei quali sia fittato linearmente secondo lo schema mostrato nella Fig.1 di Seidel & Lanzante, 2004 riportata sotto

 

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Ma quanto caldo fa al freddo?

Come ampiamente descritto anche sulle nostre pagine, qualche settimana fa il ghiaccio artico ha girato la boa del minimo stagionale, prendendo quindi nuovamente la via del congelamento. Quest’anno i media non si sono abbandonati ai soliti peana, quella disponibile era in effetti una ‘non notizia’ in termini di clima che cambia e cambia male, perché per diverse ragioni, non tutte note, si è sciolto molto meno ghiaccio di quanto se ne é sciolto nelle passate stagioni calde. Inoltre, altra ‘non notizia’ di questi giorni, il congelamento sta avvenendo molto in fretta, tanto che l’estensione del ghiaccio (figura sopra IARC-JAXA la fonte), è già quasi in linea con la media di riferimento.

 

E’ però chiaro che se una notizia non c’è qualcosa si deve pur fare per crearne una, per cui, dal flusso interminabile di pubblicazioni scientifiche in materia di clima che ormai ci sommerge, ecco spuntare un paper e un comunicato stampa dell’università che lo ha patrocinato che in modo piuttosto lapidario recitano:

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L’allarme climatico? Questione di animazione…

Quella che vedete qui sopra è una gif animata. Sono più frame sovrapposti che aggiungono via via nuove informazioni al contenuto. Tanto per cambiare parliamo di allarme climatico, anzi, di non allarme climatico.

 

Nelle scorse settimane si è fatto un gran parlare dell’uscita della prima parte del nuovo report IPCC, l’AR5. Nella comunità climatica, almeno nella sua componente allarmista, che è anche la più affollata, le conclusioni cui è giunto il panel ONU sono state accolte come la conferma del fatto che nelle dinamiche climatiche più recenti ci sia la mano dell’uomo e che quella mano sia sempre più pesante.

 

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Chi di scomoda verità ferisce, di scomoda verità perisce

La prima scomoda verità o Inconvenient Truth, fu quella che Al Gore ex-un-sacco-di-cose tra cui anche futuro presidente degli Stati Uniti, volle rivelare al mondo…

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