Non so perché abbia deciso di mettere tra parentesi una parte del titolo di questo post, ma direi che ci sta. E’ un termine troppo brutto per aver diritto a pari opportunità editoriali. Eppure mi tocca usarlo. A quanto pare, dopo essere stato malignamente coniato dai più ferventi attivisti del movimento-salva-pianeta per colpire i non allineati, e dopo essere stato maliziosamente sdoganato da chi dice di essere meno fervente e più buono, ma di non sapere in quale altro modo appellare chi non si schiera tra i crociati del clima, ora ci sono dei negazionisti anche tra le fila dei salvatori.
A sostenerlo è Naomi Klein attivista ambientale di lungo corso nonché autrice di libri dai titoli e contenuti inequivocabili, insomma, una di loro. Lo leggiamo attraverso il post di Judith Curry. Ma cosa negherebbero esattamente costoro? Molto semplice, continauno a negare di aver ideato, favorito e sostenuto – ignorando la scienza e il buon senso comune – delle policy climatiche di specifica natura finanziaria che hanno fallito su tutta la linea, non intaccando la concentrazione di CO2 di una singola molecola, e si sono per di più dimostrate per quello che i loro oppositori, gli orridi negazionisti climatici, hanno sempre detto che erano: un affare colossale per le corporazioni, un elemento di enorme pressione per la l’economia e un generale fallimento. Alla base di questa ‘cecità’, secondo la Klein, ci sarebbe qualcosa che sta conducendo le multinazionali dell’ambiente alla disfatta, ovvero lo scollamento tra la dirigenza, perfettamente a proprio agio negli ambienti propri delle multinazionali, e la base, dove risiedono invece le convinzioni a quanto pare spesso ignorate o disattese.