Salta al contenuto

Tag: IPCC

IPCC AR5…che clima farà?

La settimana scorsa è uscito il Summary for Policy Makers del Working Group 1 dell’AR5, cioè il quinto report che l’IPCC ha redatto a partire dalla sua costituzione nei primi anni ’90. A seguire, dopo soli tre giorni, è comparso anche il report vero e proprio, cioè il  mega volume con cui si dovrebbero fornire le basi scientifiche per le conclusioni esposte nell’SPM. C’è l’imbarazzo della scelta, davvero.

 

Si può infatti decidere se considerare questo ennesimo report di dimensioni bibliche come un’ennesima occasione persa, come uno sforzo organizzativo, economico ed intellettuale enorme completamente inutile o, come è più probabile, come un lavoro a scopo esclusivamente autoreferenziale.

 

Occasione persa. Gli elementi c’erano tutti per riportare il dibattito sulle dinamiche del clima ad una dimensione scientifica libera da condizionamenti politici ed ideologici. I ripetuti insuccessi delle kermesse climatiche annuali, l’evidente raffreddamento dell’entusiasmo dei decisori e, più di ogni altra cosa, la brusca frenata della temperatura media globale, che a dispetto di tutte le funeste previsioni, ha smesso di aumentare da tre lustri. Bastava dire siamo scienziati, non indovini, e siccome la scienza non consente attualmente di fare proiezioni perché quelle che abbiamo provato a fare sono fallite, è necessario approfondire le nostre conoscenze prima di emettere un giudizio. E invece no, il giudizio è arrivato, addirittura più certo nelle parole di quello dell’AR4, nonostante i numeri siano molto meno certi di allora.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 14 Comments

La truffa dei report IPCC allo 0,0084%

Questo post è un pochino più lungo del solito e prosegue il ragionamento iniziato col mio precedente articolo, ma ritengo opportuno affrontare diverse questioni apparentemente sconnesse in un unico post, per poter dare una visione quanto più completa delle dinamica e delle difficoltà della scienza moderna. Quindi invito cortesemente i lettori interessati ad armarsi di pazienza e di una calcolatrice.

 

Nel mio ultimo post ho messo in evidenza un qualcosa che ad alcuni è apparso strano, l’esistenza di una disciplina come la climatologia e la contemporanea non esistenza dei climatologi, intesi ovviamente nel senso classico del termine, cioè come coloro che sono esperti di climatologia. A tal riguardo è stato fatto il paragone con la figura del medico il quale, pur operando in un campo complesso quale quello della medicina, non si può dire che non esista; in effetti, ma a ben vedere nemmeno il medico esiste. A questo punto in molti penseranno che il discorso stia prendendo la via dell’assurdo, come si può affermare che i medici non esistono se tutti noi ne conosciamo parecchi e all’occorrenza li consultiamo, ammesso di non esserlo noi stessi, insomma comunque la si ponga vi verrebbe esclamare che non si può dire che i medici non esistono, eppure non esistono, hanno smesso di esistere molto tempo fa.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 20 Comments

Vizi pubblici e virtù private

Un po’ di pazienza, prima di leggere fate scorrere la sequanza di immagini qui sopra. Fatto? Ok, proseguiamo. Il titolo che ho dato a questa post necessita immediatamente di un caveat. Che le virtù private si comincino a vedere è un fatto, che continuino ad esserci dei vizi pubblici è da vedersi, anche se a meno di un mese dalla pubblicazione del 5° Report IPCC il sospetto comincia ad essere forte.

 

Già perché ormai una decina di giorni fa, pare abbia circolato per le redazioni di alcune importanti testate una bozza del suddetto report. Secondo il New York Times, per esempio, ripreso anche dal National Geoghraphic, il livello di certezza che una buona parte se non tutto il riscaldamento cui è andato soggetto il pianeta nelle ultime decadi dovrebbe salire dal 90% del 4° Report IPCC al 95% nella futura pubblicazione. Altro caveat. Trattasi di bozza e di un documento che comunque deve ancora essere soggetto agli ultimi ritocchi nella plenary session in cui fra i rappresentanti dei vari governi generalmente volano le sedie, ma è difficile che cambino i numeri, più probabilmente potrà cambiare l’accento in qualche frase.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 8 Comments

Sud est asiatico, un clima assetato di certezze

All’inizio della settimana scorsa, partendo da uno spunto piuttosto casuale, siano tornati a parlare del rischio che si corre basando le policy su ipotesi non verificate che quando queste ultime si rivelano errate. Nei prossimi mesi con una cadenza che sarà attentamente studiata in termini di efficacia della comunicazione, saranno pubblicate le varie parti del nuovo report dell’IPCC, il quinto. E’ qualcosa che abbiamo già visto, molti ricorderanno infatti che nel 2007 sono usciti via via i summary for policy makers delle tre parti del 4AR e poi è uscito il report per intero.

 

Sebbene quelli che contano siano gli approfondimenti scientifici contenuti nel corpo del volume, è chiaro che la maggior parte degli interessati leggeranno soprattutto, ove non esclusivamente i sommari per i decisori, quelli con i numeri più significativi e con le immagini più esplicative. Per esempio come i numeri e le immagini che nel 4AR furono dedicate alla trattazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sui ghiacciai dell’Himalaya, dati per defunti nel 2035 e successivamente resuscitati almeno fino al 2350 in quella che si è rivelata essere una dei più terribili passi falsi in cui si è imbattuto il panel ONU per i cambiamenti climatici. Ad uno scioglimento repentino dei ghiacci dell’Himalaya, si associavano infatti vari presagi di sventura per le popolazioni dell’area la cui disponibilità idrica è strettamente legata proprio alle dinamiche dei ghiacciai. Da notare, inoltre, che le proiezioni dell’IPCC andavano nella direzione di una drastica riduzione della portata dei fiumi successiva allo scioglimento pur in un contesto generale di tendenza all’aumento delle precipitazioni. Di per se questo già introduceva all’epoca qualche dubbio circa l’affidabilità di queste proiezioni, sebbene il tutto sia stato poi sovrastato dalla querelle sorta intorno all’errore più marchiano, appunto quello relativo al periodo in cui tutto ciò sarebbe dovuto accadere.

 

Facebooktwitterlinkedinmail Leave a Comment

Il vento cambia, il clima non cambia più tanto…

Yvo de Boer, noto comunicaclimatologo già Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, ci aveva avvisati: “Il prossimo report IPCC spaventerà tutti a morte”. Senza mancare di aggiungere che almeno la paura avrebbe dato una scossa a ai politicanti di tutto il mondo, che tra un tremore e l’altro avrebbero finalmente intrapreso la via maestra della lotta al clima che cambia e cambia male. L’amico Claudio Costa ce ne aveva parlato già parecchio tempo fa.

 

Ora siamo ancora in trepidante attesa di questo ennesimo capitolo della saga dell’orrore climatico, ma siamo anche negli anni di wikileakes, del climategate e di Edward Snowden. Poteva restar segreto fino all’ultimo minuto il contenuto (molto parziale e provvisorio) del nuovo report IPCC la cui prima parte è in uscita a settembre?

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

L’IPCC e la “manutenzione non programmata”

Il KNMI è l’Istituto Meteorologico Olandese, un faro per tutti quelli che si occupano a vario titolo di meteorologia e climatologia. Sulle loro pagine web, infatti, è possibile scaricare i dataset di praticamente tutte le variabili atmosferiche. Un esempio di trasparenza e attenzione quasi ossessiva alla libera circolazione delle informazioni. Una policy e uno sforzo che conferiscono autorevolezza all’istituto.

 

Qualche giorno fa, attraverso le pagine della Global Warming Policy Foundation, una fondazione che non ha mai fatto mistero di compiere azioni di lobbying sullo scetticismo climatico, è spuntato fuori un documento proveniente proprio dal KNMI. In appena tre pagine, gli esperti olandesi chiedono con forza all’IPCC di adeguarsi ai tempi, di mutare alcuni dei fondamentali principi istitutivi, di focalizzare meglio l’attenzione sulle problematiche regionali piuttosto che su quelle globali, di porre in essere procedure di definizione dei report più trasparenti, di rendere gli stessi report meno prolissi e più comprensibili. Insomma, una bella revisione che sebbene avviata, forse, come già suggerito dall’Inter Academy Council e riportato anche dal KNMI, avrebbe dovuto aver luogo in modo più completo ben prima di giungere alle fasi finali della pubblicazione del 5° report del panel di prossima pubblicazione.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 2 Comments

AGW, è iniziata la capriola?

Difficile a dirsi, anche perché i rigurgiti di catastrofismo da quattro soldi continuano a presentarsi ad ogni buona (si fa per dire) occasione. Però, tra quanto è trapelato mesi fa circa la bozza del redigendo prossimo report dell’IPCC e quanto pubblicato su Nature qualche giorno fa, i segnali di un certo – diciamo così – nuovo orientamento del mainstream scientifico in effetti ci sono.

 

Quella in testa a questo post è una delle figure contenuta nella bozza del report in questione. Non è dato sapere se effettivamente avrà l’onore di essere pubblicata in sede di stesura finale, ma è certamente un’immagine che fa riflettere. L’argomento è quello del paragone tra le proiezioni climatiche e la realtà delle osservazioni in termini di temperatura globale. Non direi che si possa sostenere che sia stata trovata l’equazione del clima, non vi pare?

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

I modelli di regressione: non è tutto oro quello che luce

Il prof. N. Scafetta, in questi ultimi tempi, si sta interessando al problema del livello del mare e della sua evoluzione futura. Dopo il recente articolo…

 

Multi-scale dynamical analysis (MSDA) of sea level records versus PDO, AMO, and NAO indexes – (pdf)

 

…di cui ho avuto occasione di parlare qui, è stato da poco pubblicato un nuovo lavoro che, però, si occupa di un problema ancora più generale: gli errori nell’applicazione dei modelli di regressione e dei filtri wavelet utilizzati per analizzare i segnali geofisici.

 

Discussion on common errors in analyzing sea level accelerations, solar trends and global warming

  – (pdf)

 

Nell’articolo, piuttosto corposo e denso di spunti di riflessione molto interessanti, il prof. N. Scafetta accentra la sua attenzione su tre aspetti che rivestono molta importanza nel dibattito in corso tra i membri della comunità scientifica che si occupano di climatologia, in generale, e dei suoi aspetti più particolari (temperature, livello dei mari, contenuto di calore degli oceani, paleoclima ecc., ecc.) Secondo quanto scrive il prof. N. Scafetta nel suo articolo (da ora Scafetta, 2013b) buona parte degli studi che sono stati effettuati fino ad oggi sono affetti da errori ed approssimazioni eccessivi in quanto non tengono conto di tre importanti fonti di errore.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Si è spenta “Carbon Lady”

L’8 aprile scorso si è spenta a 87 anni Margaret Thatcher, la “lady di ferro”, primo ministro britannico dal 1979 al 1990, prima e ad oggi unica donna a ricoprire la carica di premier del Regno Unito. Nata il 13 ottobre 1925 a Grantham, nel Lincolnshire, dal 1975 al 1990 è stata anche leader del partito conservatore britannico. Al suo nome è legata la corrente politica denominata “thatcherismo” che fonde il conservatorismo con il liberismo (fonte wikipedia).

La storia si ricorderà di Margaret Thatcher anche per la sua battaglia – vittoriosa – contro i minatori e i loro sindacati impegnati nello sciopero più drammatico della storia moderna britannica, quello con cui si opponevano alla chiusura delle miniere di carbone. La ‘guerra’ sul futuro dell’industria del carbone iniziò alla mezzanotte del 5 marzo del 1984: uno scontro aspro e lacerante, con forti ripercussioni internazionali, che sarebbe durato fino al 1985, con la resa incondizionata del sindacato. Da quella sconfitta iniziò l’era del liberismo sfrenato in Gran Bretagna, un modello che ha generato ricchezza ma anche disparità sociale, mantenuto anche nell’era del New Labour di Tony Blair, fino all’esplosione della crisi economica ancora in corso.

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Si tratta solo di vedere se dura

Non è detto che debba o possa mantenere le sue prestazioni il modello climatico messo su dal Global Warming Prediction Project, perché chi lo ha costruito ci tiene a specificare che si tratta di un modello pensato per il breve e medio termine climatico, tipicamente la scala decadale. Ma per ora le prestazioni sono eccellenti, molto più di quanto non riescano a fare i modelli impiegati dall’IPCC per redigere ad esempio il report del 2007.

 

La figura in testa a questo post è piuttosto eloquente, la curva delle temperature medie globali “prevista” all’inizio del progetto è sorprendentemente vicina a quella dei dati osservati i quali, ma questo lo sappiamo già, continuano inesorabilmente ad allontanarsi da quelli che ci saremmo dovuti aspettare secondo gli scenari “ufficiali”.

Facebooktwitterlinkedinmail 15 Comments

Vieni avanti cretino!

La seconda bozza del prossimo report IPCC, comparsa sui blog climatici appena una settimana fa, sta facendosi lentamente strada anche sulla carta stampata estera. E non è un bel cammino.

Su WUWT, il blog che per primo ha diffuso la bozza, c’è una rassegna delle headlines di varie testate. In modo tutt’altro che sorprendente, sono tutti o quasi commenti dal sapore critico, ovvero pezzi che mettono in risalto quello che pare essere un passo indietro del panel delle Nazioni Unite in materia di catastrofismo. La fine per arrosto climatico insomma sembra essere meno certa di quanto non lasciasse intendere il report precedente e, considerato il fatto che si diceva in giro che il dibattito scientifico fosse chiuso, questa non è una cosa di poco conto. Sicchè la stampa mainstream per ora tace, magari confidando nel fatto che la versione definitiva del report comunque consentirà di lanciare qualche bel messaggio in tema di fine del mondo, materia preziosa specialmente ora che è passata anche la bufala Maya.

Facebooktwitterlinkedinmail Leave a Comment

Il livello del mare non cresce così rapidamente come previsto (quello medio globale, però)!

di Donato Barone

Solo pochi giorni  or sono ho scritto un post (pubblicato qui su CM il 24/12/2012) in cui si parlava di hot spot in cui il livello del mare cresce in modo più veloce di quanto previsto dai modelli matematici. Nel post si chiariva, però, che in altre zone dell’oceano il livello del mare cresce meno rapidamente del previsto. In modo piuttosto sbrigativo, pertanto, si potrebbe dedurre che mediamente la velocità con cui aumenta il livello del mare non ha subito né aumenti né diminuzioni. Questa conclusione, poco rigorosa e poco logica, però, sarebbe sensata: è la stessa a cui, applicando metodi di indagine molto più rigorosi, sono giunti J. M. Gregory et al. nel loro articolo pubblicato da AMS Journals Online:

Twentieth-century global-mean sea-level rise: is the whole greater than the sum of the parts?

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail 7 Comments

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »