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Tag: Ghiaccio artico

Com’è freddo il global warming…

Alcuni giorni fa, attraverso il blog di Andrew Montford (Bishop Hill), mi sono imbattutto in una notizia interessante e anche in controtendenza direttamente dal mondo reale. La fonte è il sito web Sail-World, un portale di informazioni per i naviganti, con specifico riferimento al diporto e alle attività sportive. Senza mezzi termini leggiamo l’incipit:

 

Dopo decadi di cosiddetto global warming, il Passaggio a Nordovest ha quest’anno un significativo 60% in più di ghiaccio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I sogni futuri di dozzine di avventurosi marinai sono ora minacciati. Un certo numero di imbarcazioni inoltratisi nel leggendario Passaggio sono bloccati dal ghiaccio, che ora blocca entrambi gli accessi, con la stagione di transito che potrebbe finire presto. Douglas Pohl racconta la storia: […]

 

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Riflessi incondizionati…glaciali

Agosto, sole, mare, caldo (e temporali!). Il pensiero va inevitabilmente a qualcosa di rinfrescante, possibilmente con ghiaccio. Dev’essere per questo che negli ultimi giorni si fa un gran parlare di ghiaccio negli ambienti meteo-climatici. Qualche giorno fa è entrata in campo anche la NASA, con il suo solito stile, ovvero, un comunicato stampa:

 

Arctic Sea Ice Update: Unlikely To Break Records, But Continuing Downward Trend

 

Cioè, difficilmente vedremo un altro minimo storico come quello del 2012, ma la tendenza alla diminuzione nel lungo periodo continua. Di questi tempi anche due granitiche certezze a buon mercato come queste hanno il loro pregio. Infatti, che il l’estensione del ghiaccio marino artico attualmente sotto la media di lungo periodo ma ben dentro le due deviazioni standard possa “crollare” nel giro delle 2/3 settimane che ci separano dal minimo annuale è quasi impossibile; che il trend sia immutato è scontato, perché gli esperti di clima e dintorni ci insegnano che anche se il ghiaccio quest’anno avesse fatto il botto, magari tornando in media o addirittura superandola, il trend di lungo periodo sarebbe stato immutato, sia per definizione che per la matematica.

 

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C’è del marcio in Danimarca

Ma che curiosa analogia! La citazione originale dall’Amleto di Shakespeare recita così: “Something is rotten in the state of Denmark”. L’autore all’epoca si riferiva a fatti politici del Regno di Danimarca, ovviamente, ma l’uso del termine “rotten” coincide con l’aggettivo con cui negli ultimi anni è stato definito il ghiaccio artico. Letteralmente si dovrebbe tradurre con “marcio”, che nella fattispecie del ghiaccio indica instabilità piuttosto che compattezza e quindi indebolimento con grande predisposizione allo scioglimento. Ma possiamo andare oltre con il maltrattamento della citazione di Shakespeare. In Danimarca pare ci sia anche del marcio tra quanti si occupano di studiare le dinamiche del ghiaccio stesso. Il rappresentante generico medio del mainstream scientifico, convinto che il ghiaccio marino del Polo Nord sia ormai in una spirale di morte e che questo sia in larga misura da attribuire al contributo antropico alle dinamiche del clima, non esiterebbe a definire rotten quello che abbiamo scovato. Ancora una volta però il marcio si annida in ambienti istituzionali, addirittura nel DMI, il Danish Meteorological Institute, al quale vada come vada, è davvero difficile attribuire un conflitto di interessi con le multinazionali del petrolio.

 

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Torna il caldo? Parliamo di ghiaccio.

Siamo ormai in piena estate, tra sette settimane circa entreremo nel range della minima estensione del ghiaccio marino artico. Attualmente, dopo una prima fase del mese di luglio in cui c’è stata una diminuzione molto rapida della superficie coperta dai ghiacci, favorita dalla persistenza di un vasto anticilone sulle latitudini settentrionali, il rateo di scioglimento, complice una discreta ripresa della zonalità, ha subito un rallentamento. Nel complesso, pare che quest’anno le cose vadano un po’ meglio dell’anno scorso, sebbene l’anomalia dell’estensione del ghiaccio marino sia decisamente negativa.

 

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Una granita al giro di boa

Finalmente dovremmo esserci: il ghiaccio artico dovrebbe aver raggiunto il minimo stagionale. Basta grattar via acqua ghiacciata per mescolarla con lo sciroppo, di qui in avanti dovrebbe iniziare la ripresa. Fin dove non è dato saperlo.

Quel che sappiamo è che quest’anno, al netto del ‘rumore’ generato dai diversi metodi di osservazione e classificazione, l’estensione del ghiaccio marino artico è scesa ancora più in basso del fatidico minimo del 2007. E non è solo un problema areale, perché allo stesso tempo si è stabilito un record anche per il volume e quindi per lo spessore medio di ciò che rimane e che ora faticosamente dovrebbe tornare a crescere. Con record, naturalmente, si intende il valore minimo mai osservato da quando il ghiaccio lo si misura dall’alto con i sensori satellitari, cioè dal 1979.

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Co2 e ghiaccio: Oggi me la aggiusto così

Ghiaccio artico, gas serra, Max Plank Institute. Ci sono tutti gli ingredienti necessari. Il primo diminuisce, i secondi aumentano, il terzo tira le somme.

Non è la solita simulazione modellistica a individuare nell’accresciuto effetto serra l’origine della diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino al Polo Nord. No, il ragionamento è più complesso, si va infatti per esclusione.
Dall’analisi delle oscillazioni annuali e pluriennali del periodo 1950-1970, evidentemente naturali, hanno desunto che quanto accaduto dopo naturale non può essere. Il fatto che 20 anni di dati non oggettivi difficilmente si possano mettere a confronto con altrettanti anni di dati oggettivi evidentemente dal punto di vista scientifico non e’ limitante. Quindi, fuori uno. Leggendo poi i dati sulla radiazione solare, che nelle ultime decadi sarebbe stata stabile o in lieve diminuzione, hanno desunto che neanche il Sole può averci messo lo zampino. Quindi, fuori due.

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Due parenti stretti, ghiaccio artico e oscillazione artica

La misura dell’estensione del ghiaccio marino alle latitudini artiche è uno dei topic della discussione sulle dinamiche del clima degli ultimi anni. Più caldo uguale meno ghiaccio, un’equazione che si sente ripetere spesso che risulta vera a scala geologica, come insegna la storia del Pianeta, ma di cui spesso si abusa, dal momento che mal si attaglia alla descrizione di quanto accaduto in tempi recenti.

Il ghiaccio artico è in declino, questo è incontestabile. Più o meno da quando si è iniziato a misurarlo con metodi oggettivi, sebbene ad esempio appena qualche giorno fa abbiamo pubblicato un post in cui si parla di dati un po’ più vecchi ma normalmente non impiegati per rappresentarne l’andamento, che rendono la realtà di questo declino meno decifrabile.

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Mirror posting: Aumentano i ghiacciai ma nessuno se ne accorge

Pur essendo la stagione invernale iniziata con un’estensione dei ghiacci marini nordici prossima ai minimi storici, a sorpresa il pack artico è notevolmente cresciuto da inizio 2012 ( in Alaska di ghiaccio se n’è già accennato), fino a portarsi a marzo su dei livelli prossimi agli “standard normali” del periodo. Il periodo dal 1979 ad oggi è quello in cui abbiamo con continuità misure satellitari affidabili dell’estensione dei ghiacci polari.

Sui mass-media più diffusi la notizia non ha trovato quasi spazio,quasi nessuno ha informato che lo scorso 18 marzo 2012 il ghiaccio marino artico ha raggiunto probabilmente la sua massima estensione per quest’anno, pari a 15.240.000 chilometri quadrati. La portata massima è stata di 614.000 chilometri quadrati al di sotto della media 1979-2000, che è pari a 15.860.000 chilometri quadrati (quindi una variazione rispetto la media di poco meno del 4%). Grazie ad un vortice polare intenso, il massimo si è verificato quest’anno in ritardo rispetto al giorno in cui accadeva mediamente, 12 giorni dopo la data media del periodo 1979-2000 che è il 6 marzo.

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Meno ghiaccio ma più neve: variabilità stagionale o climatica?

Alcuni giorni fa su Science Daily è comparso il commento ad un nuovo paper pubblicato sui PNAS tra le cui firme compare anche Judith Curry. Il lavoro è interessante, sebbene a prima vista potrebbe sembrare uno dei soliti lavori di sostegno all’ipotesi AGW.

Impact of declining Arctic sea ice on winter snowfall – PNAS – Jiping Liu et al., 2012

In effetti non dobbiamo essere stati i soli ad avere questa prima impressione, tanto che un media australiano ha subito risolto l’equazione titolando: Il riscaldamento globale sta rendendo il mondo più freddo. Sommersi dalle risa dei lettori, hanno poi velocemente cambiato il titolo del pezzo: Lo scioglimento dell’Artico causa inverni più nevosi in Europa e negli USA. A seguire la BBC, con il noto giornalista scientifico devoto alla causa della catastrofe climatica, Richard Black, che ne ha fatto subito una prova di disastro alle porte: L’Artico che si scioglie è collegato a inverni freddi e nevosi in UK.

Vediamo di cosa si tratta.

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