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Tag: Climate change

L’arte di costruire “evidenze” sul riscaldamento globale antropogenico

Spesso sentiamo dire dagli adepti alla fede AGW che ci sono migliaia di articoli che sostengono l’ipotesi del riscaldamento climatico pilotato dalle attività umane, anche se a dire il vero ora le tre magiche lettere A.G.W. che hanno tenuto banco per tanti anni, stanno sparendo silenziosamente per dare spazio ad un generalissimo ‘climate change’ che, a ragion veduta, può significare tutto ed il contrario di tutto quindi è assai più ostico da smentire o invalidare; ma ciò non significa affatto che l’ipotesi AGW sia sparita, anzi, in pratica ora si sottintende che se esiste ed è vero il fenomeno del cambiamento climatico (ed esiste perché il clima cambia per sua natura da quando il pianeta si è formato!) allora è automaticamente vera anche la vecchia ipotesi AGW, così, per partito preso!

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Climate change e percezione del rischio, è un problema di capacità culturali?

Corre voce, anzi, più che altro fanno correre la voce, che quanti affermano di non essere convinti che ci attenda un futuro climatico a tinte fosche a causa del peso del contributo umano siano duri di comprendonio, ovvero non in grado di comprendere la complessità dei segreti della scienza e per questo inclini ad essere in errore. Eppure, nonostante la maggior parte degli scienziati del clima sia orientata a riconoscere come preoponderante l’effetto antropico sulle dinamiche del clima, ci sono fior di loro colleghi che esprimono palesemente il loro scetticismo.

Questo che ho parafrasato, è l’incipit di un articolo uscito nel maggio scorso su Nature Climate Change:

The polarizing impact of science literacy and numeracy on perceived climate change risks – Kahan et al., 2012doi:10.1038/nclimate1547

Un articolo molto interessante che spazza via una volta per tutte quel fastidiosissimo preconcetto di superiorità culturale sbandierato spesso e volentieri dagli attivisti del cambioclimatismo. Ne abbiamo avuto molte manifestazioni anche sulle nostre pagine in occasioni che non starò ad elencare ma che se volete potete reperire facilmente, tanto è comune questo atteggiamento.

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Chi di Wiki ferisce di Wiki perisce

Ammettiamolo, ogni volta che se presenta l’occasione, siamo tutti pronti a mostrarci diffidenti circa le informazioni che è possibile reperire su Wikipedia. Allo stesso tempo, però, sono anche convinto che vuoi per comodità, vuoi per pigrizia, vuoi anche soltanto per iniziare una ricerca, ne facciamo tutti un uso estensivo.

Si dice che la garanzia circa l’affidabilità delle informazioni reperibile su Wikipedia sia assicurata dal fatto di essere un sistema open, cioè sempre disponibile alla correzione di voci eventualmente compilate in modo inaccurato. Questo a mio parere è vero sulla carta ma non nella sostanza, perché se cerco una informazione, vuol dire che non la possiedo, e se non la possiedo non sono in grado di capire se quel che leggo è o meno affidabile. Perciò 1) perché questo avvenga devo avere la fortuna che qualcuno che ne sa più di abbia controllato quella specifica informazione, oppure 2) come probabilmente accade in taluni casi, deve esserci qualcuno che ha deciso di mettere il proprio sapere a disposizione e si occupa in pianta stabile di generare voci su specifici argomenti. A questo punto però, occorrerà comunque fidarsi della buona fede di quel qualcuno, o semplicemente della qualità del suo sapere.

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Una speranza vana…

Qualcuno avrà il coraggio di dire “ho sbagliato”?

Ieri mi sono imbattuto in un tweet della World Bank che rilanciava un press release dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Titolo:

Malaria deaths are down, but progress remains fragile.

Nel corpo leggiamo che in totale nel mondo le morti per malaria sono diminuite del 25%, un dato che sale al 33% per la sola Africa.

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Parola d’ordine, fare sistema

Messa così potrebbe anche sembrare una cosa positiva. Le menti più capaci nella scienza del clima che si uniscono per seguir virtute e canoscenza, avendo realizzato che tutti gli altri, ma proprio tutti, comprese le altrettanto capaci menti di un certo numero di colleghi, si sono rassegnati a viver come bruti.

Credo sia facilmente intuibile, si parla ancora del secondo round del climategate, delle migliaia di nuove mail diffuse in rete da quello che alcuni pensano sia un ignoto benefattore, altri una autentica jattura.

Il nome del file compresso che contiene le mail è lo stesso dell’altra volta FOIA.zip, i contenuti almeno per la parte che sin qui è stato possibile conoscere – pare ci siano altri 220.000 messaggi protetti da password – sono un po’ diversi. Nessuna traccia di dati o codici stavolta, solo conversazioni, presumibilmente della stessa epoca (e trafugazione) del caso precedente. Un fitto scambio di pareri, opinioni, proposte, accordi o anche semplici valutazioni personali, tutte o quasi con un comune denominatore: abbiamo un nemico e dobbiamo combatterlo. Il clima che cambia? No, quelli che non ci credono, quelli che non la pensano come noi, quelli che – complici i soliti noti dell’industria del petrolio – potrebbero anche riuscire a convincere qualcuno che ci stiamo sbagliando. All’uopo, si curano esplicitamente le pubbliche relazioni con apposito blog, Real Climate, indispensabile strumento nell’era della comunicazione globale.

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