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Tag: Paleoclima

Criticità nelle curve di normalizzazione regionali utilizzate in Briffa et al. 2013

Circa un mese fa, qui su CM, è stato pubblicato un articolo in cui ho commentato un notevole lavoro del dr. K. Briffa et al. relativo alla revisione della cronologia delle serie di dati dendrocronologici desunti dallo studio di campioni (in vivo e sub fossili, cioè alberi morti di cui si conserva, generalmente, la parte più vicina al terreno) di larici siberiani raccolti nelle aree della penisola di Yamal e degli Urali polari russi.

 

Briffa et al., 2013 per estrarre dalle serie di dati raccolti il segnale climatico, ha fatto ricorso a delle curve di normalizzazione regionali (RCS). In occasione del mio precedente commento ebbi modo di sottolineare che queste curve rappresentavano un elemento di una certa debolezza nella trattazione di Briffa et al. 2013. Nelle settimane successive alla pubblicazione del post questi miei dubbi hanno trovato un’autorevole conferma in una serie di post del dr. Jim Bouldin che, in originale, possono essere liberamente consultati qui.

 

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Riscaldamento globale o regionale?

Già parecchio tempo fa, quando appena si iniziava a parlare della stesura del prossimo report dell’IPCC, il quinto della serie, dalle dichiarazioni di quanti hanno poi preso parte al processo di generazione del report, era emersa chiaramente la necessità di andare nella direzione di una descrizione delle dinamiche del clima a scala temporale decadale o multidecadale piuttosto che secolare e a scala spaziale più regionale che globale.

 

Le condizioni climatiche, del resto, possono evolvere in modo profondamente diverso da regione a regione, anche e soprattutto in risposta a modifiche dello stato termico del Pianeta misurate invece a scala globale. In sostanza, ad una modifica in positivo del bilancio radiativo – il sistema si scalda se e quando trattiene più energia di quanta ne riceve – se nel lunghissimo periodo e per modifiche molto accentuate si registrano comunque variazioni paragonabili, ma in questo caso si parla di glaciazioni o di completa perdita dei ghiacci, per brevi periodi climatici, il clima può evolvere verso il freddo in una zona mentre un’altra o più altre soffrono un riscaldamento e viceversa. Questa, entro certi limiti indipendentemente dal segno che assume il trend delle temperature medie superficiali globali, è la storia del nostro Pianeta. Queste variazioni però, sono anche quelle delle quali ha senso preoccuparsi, perché hanno luogo a scale temporali paragonabili con l’evoluzione della società, con le dinamiche della disponibilità e accessibilità delle risorse, sono quelle, insomma, con cui ci dobbiamo confrontare. E’ questa la ragione per cui, tra l’altro in un contesto di affidabilità dei sistemi di previsione tutta da dimostrare, un presunto aumento della temperatura media globale insostenibile per la fine di questo secolo, se per essere più credibile viene rafforzato con previsioni a breve termine di aumento degli eventi estremi o di scomparsa totale della neve, quando tutto ciò non avviene diviene risibile. Perché, se qualcuno non se ne fosse accorto, nonostante il riscaldamento globale possa essere stato associato ad ogni genere di sventura, il clima continua a fare quello che ha sempre fatto, cioè cambiare e, soprattutto, essere anche largamente impredicibile.

 

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L’origine degli Etruschi

La cultura etrusca è documentata nel Centro Italia dall’8° al 1° sec. a.C. e gli storici hanno spesso evidenziato la rapida affermazione di tale popolo nel contesto dei popoli italici così come la rapida scomparsa delle tracce della loro cultura a seguito dell’affermarsi delle egemonia romana1.

 

Più nello specifico, rispetto agli antichi Etruschi esistono oggi due problemi storiografici aperti e che il lavoro oggetto di questo commento affronta con i metodi della genetica:

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  1. In figura – Distanze genetiche fra etruschi e popolazioni moderne. []
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Divergenza addio! Et conseguenze.

C’è una  novità ( Esper 2012, qui su CM) sui metodi di analisi delle temperature del passato che riescono a smussare la divergenza restituendoci un periodo caldo medioevale più che mai nitido e marcato. La divergenza si manifesta tra la temperatura stimata dagli anelli di alcuni alberi nelle ultime decadi che risulta essere inferiore a quella strumentale. Il problema fu risolto da Mann tagliando le serie che presentavano la divergenza e innestando il dato strumentale. Questo metodo, oltre che essere sbagliato, sottostima pesantemente il periodo caldo medioevale.

Il noto paleoclimatologo Jan Esper e i suoi coautori per ricostruire le temperature del passato hanno analizzato la densità degli anelli degli alberi (MXD), oltre alla larghezza degli anelli, (TRW). Il nuovo metodo è stato testato solo su serie prvenieenti dalla Scandinavia e smussa la divergenza degli ultimi decenni alzando di fatto la stima della temperatura nel periodo caldo medioevale e in quello romano. E’ però altamente probabile che tutte le ricostruzioni delle Temperature che hanno presentato il problema della divergenza finora, se rifatte con questo nuovo metodo finiscano per alzare la stima del periodo caldo medioevale ovunque, perchè se la divergenza c’è negli ultimi decenni c’era anche nel medioevo e se la stima si alza negli ultimi decenni si alzerà anche nel medioevo.

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Metalinguaggio Paleoclimatico

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato una breve lista di espressioni ‘tipiche’ del metalinguaggio che caratterizza spesso la comunicazione scientifica in materia di clima e affini.

Lo scopo era quello di farci su una risata, ma l’impressione è che di qui in avanti gli esempi si moltiplicheranno.

Ieri è uscito su Science Daily il commento ad un paper pubblicato su Nature Geoscience. Si parla di paleoclimatologia antartica, tornando indietro fino al Medio Miocene, cioè tra 16,4 e 15,7 milioni di anni fa. Pare ci siano delle evidenze che in quel periodo le temperature dell’area antartica (ma non solo) fossero consistentemente più alte delle attuali, addirittura di una decina di gradi. Questo avrebbe consentito il fiorire di una rigogliosa vegetazione sul bordo del continente.

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La memoria del tempo non è solo in Europa

Nelle nostre lunghe discussioni climatiche lo avremo scritto un migliaio di volte. Una cosa è misurare i parametri atmosferici come facciamo da un secolo e mezzo circa, altra è tentare di derivare questa misura da dati di prossimità.

Del resto, per cercare di comprendere cosa possa essere accaduto in passato, ovvero per disporre di un termine di paragone con il presente, non ci sono molte altre alternative. Anzi, forse ce n’è una sola e non può neanche funzionare da sola. Stiamo parlando della memoria storica, degli scritti, delle cronache, delle osservazioni che gli studiosi dei tempi antichi collezionavano con fatica e dedizione.

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Nel Dryas recente le radici dei miti del Diluvio e del Giardino dell’Eden? La rivoluzionaria scoperta di Göbekli Tepe.

La segnalazione apparsa su CM di un documentario dedicato alla scoperta archeologica dell’area religiosa di Göbekli Tepe mi ha molto incuriosito.

Ho così fatto una ricerca in rete ed ho facilmente trovato lo speciale della rivista NEO-LITHICS (pdf) dedicato a tale scoperta che è frutto di una campagna di scavo condotta dal Deutsches Archäologisches Institut di Berlino e coordinata da Klaus Schmidt.

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Tibet e Global Warming, quando si dice l’isolamento

Oggi facciamo un esperimento, anticipiamo le critiche che da scettici impenitenti quali siamo, ci saranno rivolte in relazione a quanto sto per raccontarvi.

  • Il Tibet è climaticamente isolato.
  • I dati proxy provenienti dagli anelli di accrescimento degli alberi presentano grossi problemi di rappresentatività.
  •  La Cina ha tutto l’interesse a smontare l’ipotesi dell’AGW, per cui quanto viene da lì è da prendere con le pinze.
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Sensibilità climatica: ritorno al futuro guardando al passato

Non sarebbe un futuro roseo comunque quello che porebbe prospettarsi in base a quanto dicono alcuni ricercatori dell’università di Southampton, ma andiamo con ordine.

La sensibilità climatica è tecenicamente intesa come reazione del sistema al variare della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Per convenzione, in questo come nella gran parte degli studi che si sono occupati di questo aspetto, compresa la modellistica climatica, il valore di riferimento è l’aumento di temperatura atteso al raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto all’era pre-industriale.

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