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Tag: Ghiaccio marino

Buone notizie dal Polo.

Dunque, in valore assoluto trattasi di buone notizie. Qualcuno però le troverà indigeste, perché non vanno nella direzione della “spirale di morte” in cui pare sia ormai avvitato il ghiaccio artico, almeno stando alle previsioni ed ai presagi che lo riguardano.

Quello delle forzanti che agiscono sulle dinamiche dell’estensione dei ghiacci artici è un argomento che abbimo affrontato spesso. Ad esempio appena un paio di settimane fa con questi due post davvero ben fatti firmati da due graditi ospiti delle nostre pagine (qui e qui). In quelle occasioni, pur lasciando correttamente sospeso il giudizio circa il peso delle eventuali modifiche inflitte a queste forzanti dalla attività antropiche, è stata fatta molta chiarezza su quanto avviene ed è avvenuto nelle ultime decadi oltre il Circolo Polare per dinamiche largamente ascrivibili alla variabilità naturale. Il dito è puntato non già sullo sbandieratissimo aumento delle temperature medie superficiali globali, quanto piuttosto sui flussi di calore trasportati dagli oceani e sulal disposizione delle figure bariche di riferimento per l’area oggetto di attenzione.

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Il ghiaccio marino e l’albedo, conta più l’Artico o l’Antartico?

Appena qualche giorno fa, abbiamo pubblicato un post elencando una serie di argomenti in ordine alle vicende del clima per i quali nel recente report dell’IPCC sussiste maggiore incertezza di quanta non ce ne fosse nel report precedente, quello del 2007. Tra questi, quello che viene normalmente definito il ‘puzzle’ più complesso per chi si occupa di scienza del clima, ovvero il fatto che, pur in presenza di un forcing tuttora persistente e di un pianeta che si è scaldato, il ghiaccio marino artico sia diminuito e quello antartico sia invece aumentato.

 

Nelle estremamente complesse dinamiche del clima, il ghiaccio marino è importante perché regola la quantità di calore che può essere assorbita – e dunque riemessa ed eventualmente intercettata e nuovamente riemessa dai gas serra – alle alte latitudini. Una copertura glaciale estesa limita molto questo assorbimento, perché riflette la gran parte della radiazione luminosa ricevuta. Viceversa, acque libere dai ghiacci, assorbono una grande quantità di energia. La restituzione all’atmosfera di questa energia attiva il feedback dell’albedo (la quantità di radiazione totale riflessa, dal ghiaccio, dalla sommità delle nubi etc etc.). Se questa quantità aumenta c’è meno energia disponibile per il riscaldamento, se invece diminuisce l’energia ritenuta aumenta e con essa aumentano le temperature.

 

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E meno male che c’è il global warming…

Chissà se stanno pensando questo a bordo della Akademik Shokalskiy la nave intrappolata tra i ghiacci dell’Antartide ancora incredibilmente abbondanti nonostante l’estate australe. A 1700 km da Hobart, in Australia, con le navi rompighiaccio spedite in soccorso che non riescono ad arrivare a causa dello spessore troppo elevato della copertura glaciale.

 

Ancora un anno decisamente anomalo per i ghiacci dell’emisfero sud, con l’elemento di novità fornito dal fatto che quest’anno non se l’è passata troppo male neanche l’Artico. Da Cryosphere today, una carrellata di immagini e informazioni che vorrei tanto che qualcuno ci spiegasse in chiave riscaldamento globale.

 

Cominciamo con l’estensione attuale (di inizio estate) del ghiaccio marino antartico:

 

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Un po’ di fatti freschi

E’ domenica, evitiamo sforzi intellettuali di cui poi potremmo doverci pentire. Da dubbiosi sulla catastrofe climatica quali siamo, questa prudenza è il minimo, perché le risorse cognitive si sa, le abbiamo limitate.

 

Quindi stiamo ai fatti e, sempre in accordo con il limite di cui sopra, guardiamo essenzialmente le figure (fonte).

 

Fatto # 1: l’Antartide non sa che è uscito l’AR5 ed ha dimenticato di iniziare la fase di scioglimento.

 

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Il termometro dell’AGW è l’Antartico, non l’Artico.

La dottrina del riscaldamento globale, ma soprattutto la dinamica della redistribuzione sul pianeta del calore in eccesso ricevuto dalle latitudini equatoriali, insegnano che i poli, ovvero le alte latitudini, si scaldino di più e più velocemente del resto del pianeta. Questo effetto è normalmente definito amplificazione polare. Cioè, all’insorgere di una forzante che alteri l’equilibrio del bilancio radiativo e lo faccia in modo uniforme e ben distribuito sull’intero globo, identificata nella fattispecie nell’accresciuta concentrazione di gas serra, gli effetti in termini di aumento delle temperature medie devono essere molto evidenti ai poli, un po’ meno alle medie latitudini e quasi assenti nelle aree tropicali e sub-tropicali.

 

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Se il ghiaccio è come il gruviera, che fine fanno i buchi?

Sono da tempo abituato ad utilizzare le “lenti” di Cryosphere today – sito dell’Università dell’Illinois – per verificare in tempo pressoché reale i dati di copertura glaciale marina artica e antartica. Sono altresì conscio dell’esistenza di dati Nasa riportati al sito NSIDC, che forniscono statistiche analoghe. Di recente tuttavia, la lettura del lavoro di Meier et al. (2013) mi ha spinto ad interrogarmi sulle ragioni della discrepanza fra le due fonti che si percepisce confrontando a occhio i rispettivi diagrammi.  Ma procediamo con ordine.

 

Il lavoro di Meier et al. recupera i dati del satellite in orbita polare Nimbus I relativi alla copertura glaciale del 1964, aggiungendo così un dato importante ai dati da satellite fin qui disponibili e che avevano inizio nel 1979. Dall’articolo  si evince in sostanza che, con riferimento alla copertura glaciale di settembre (mese che  nell’emisfero nord corrisponde al minimo annuale di copertura glaciale marina) si può dire quanto segue:

 

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Il Polpo nell’acqua sua

Eh sì, pare proprio che questi simpatici animali tendano a prediligere le acque di casa propria. Mi si perdoni il riferimento culinario ma spero si capisca che è solo un detto popolare. Di quelli che raramente risultano privi di fondamento.

A parte le pescherie (ops…l’ho fatto di nuovo) di cefalopode ne abbiamo visto uno alle prese addirittura con le previsioni sul risultato delle partite dei mondiali. Mi pare si chiamasse Paul. Animali eclettici si direbbe.

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Ma che ghiaccio fa?

Normalmente di ghiaccio marino se ne sente parlare nel mese di settembre, perché è il periodo in cui si raggiunge nell’Artico la minima estensione annuale, al termine della stagione di scioglimento. A rigor di logica, su di un Pianeta in sofferenza da caldo e con due poli, analoga attenzione dovrebbe ricevere il culmine della stagione di scioglimento del ghiaccio marino antartico. Così non è perché laggiù, con la sola eccezione della Penisola Antartica, che meriterebbe comunque un discorso a parte, l’estensione del ghiaccio cresce initerrottamente da quando la misurazione si intende oggettiva, cioè oltre un trentennio. Qust’anno, per esempio, è sempre stato sopra media.

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