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Tag: AGW

L’arte di costruire “evidenze” sul riscaldamento globale antropogenico

Spesso sentiamo dire dagli adepti alla fede AGW che ci sono migliaia di articoli che sostengono l’ipotesi del riscaldamento climatico pilotato dalle attività umane, anche se a dire il vero ora le tre magiche lettere A.G.W. che hanno tenuto banco per tanti anni, stanno sparendo silenziosamente per dare spazio ad un generalissimo ‘climate change’ che, a ragion veduta, può significare tutto ed il contrario di tutto quindi è assai più ostico da smentire o invalidare; ma ciò non significa affatto che l’ipotesi AGW sia sparita, anzi, in pratica ora si sottintende che se esiste ed è vero il fenomeno del cambiamento climatico (ed esiste perché il clima cambia per sua natura da quando il pianeta si è formato!) allora è automaticamente vera anche la vecchia ipotesi AGW, così, per partito preso!

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Vespe killer, AGW e Large blue

La Vespa mandarinia è un imenottero vespoideo asiatico, che con i suoi oltre 5 cm di lunghezza  e 7 cm di apertura alare è la più grande vespa del mondo (più grande per intenderci del nostro calabrone – Vespa crabro).  La Vespa mandarinia vive in Asia sia in climi tropicali sia in climi temperati e predilige gli ambienti forestali. Inoltre le sue punture sono spesso letali per l’uomo, tanto che nel solo Giappone l’insetto farebbe ogni anni ben 40 morti.

 

Secondo questo articolo la Vespa mandarinia, per la perversa concomitanza di anthropogenic global warming e deforestazione,  cambierà in futuro il proprio habitat trasferendosi dai boschi alle città e causando in tal modo la morte di moltissimi esseri umani, esseri umani che a loro volta considerano tale vespa come fonte di cibo.

 

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Il Global Warming c’è ma non si vede

Quando alcuni anni fa abbiamo iniziato a parlare del rallentamento e arresto dell’aumento della temperatura media del pianeta, la prima e immediata reazione dei fedelissimi dell’AGW è stata di scherno. Non capite niente, si diceva, quello che conta è il trend di lungo periodo, cosa volete che siano pochi anni di mancato aumento e comunque tra i più caldi. Poi gli anni sono diventati un po’ di più, e allora sono arrivate delle dotte spiegazioni con le quali, lente di ingrandimento alla mano, si notava comunque qualche millesimo di aumento; bastava, come sempre del resto, scegliere accuratamente l’inizio e la fine del periodo da esaminare. Poi gli anni sono aumentati ancora – per la cronaca lo stop all’aumento delle temperature è ancora in atto – e, seppur controvoglia, sono arrivate spiegazioni altrettanto dotte della fine che potrebbe aver fatto il calore scomparso. Stante la persistenza del forcing, ossia il continuo aumento della concentrazione di CO2, dal momento che la teoria è acquisita, se la temperatura media superficiale non aumenta l’energia deve essersi rintanata da qualche parte, per esempio nelle profondità oceaniche.

 

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La religione dell’AGW

Oggi torniamo sul tema della comunicazione scientifica e dei tratti caratteristici assunti dal movimento-salva-pianeta comuni alla gran parte delle emergenze planetarie virtuali che la nostra storia moderna ha conosciuto. Lo facciamo con un articolo di Richard Lindzen disponibile in pdf a questo link:

 

Science in the Public Square: Global Climate Alarmism and Historical Precedents

 

Senza mezzi termini, Lindzen paragona l’AGW ad una religione e ne paragona l’evoluzione con il movimento dell’eugenetica, con l’immigrazione e con le folli teorie di Lysenko. Un breve estratto per invogliare la lettura:

 

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Il termometro dell’AGW è l’Antartico, non l’Artico.

La dottrina del riscaldamento globale, ma soprattutto la dinamica della redistribuzione sul pianeta del calore in eccesso ricevuto dalle latitudini equatoriali, insegnano che i poli, ovvero le alte latitudini, si scaldino di più e più velocemente del resto del pianeta. Questo effetto è normalmente definito amplificazione polare. Cioè, all’insorgere di una forzante che alteri l’equilibrio del bilancio radiativo e lo faccia in modo uniforme e ben distribuito sull’intero globo, identificata nella fattispecie nell’accresciuta concentrazione di gas serra, gli effetti in termini di aumento delle temperature medie devono essere molto evidenti ai poli, un po’ meno alle medie latitudini e quasi assenti nelle aree tropicali e sub-tropicali.

 

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Il Mantra (sbagliato) dell’AGW

E’ autunno, cadono le foglie, ma arrivano anche le piogge. Acqua che a quanto pare e per quanto prospettato dagli scenari climatici, dovrebbe essere sempre più irregolare, nello spazio e nel tempo.

Wet gets wetter dry gets drier, riassumono climatologi del calibro di Chou, Trenberth, Held e Soden, ripresi poi anche da Susan Solomon della NOAA, in dichiarazioni che abbiamo anche commentato.

Aumento dunque della variabilità spaziale e temporale delle piogge: siccità, alluvioni, temporali forti et similia. Un’affermazione forte quella riportata sopra, che ha già comunque vacillato anche di recente, in un paper che ha individuato l’inattesa ‘capacità’ delle terre più inaridite nel breve periodo ad attirare le piogge più che ad allontanarla.

Eppure questo mantra, mediaticamente molto efficace, rispunta fuori ad ogni evento piovoso appena più intenso. Studiosi, opinionisti, politici e imbonitori di ogni genere lo sostengono convinti, manifestando quel particolare consenso che si riassume nella frase di Abba Eban: “Consenso significa che tutti sono d’accordo nel dire insieme quello che nessuno individualmente crede”.

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Tempesta tropicale Sandy e microfoni facili

Qualcuno penserà che nel titolo ci sia un’errore, perché una tempesta tropicale è una cosa e un’uragano un’altra. La prima è un gradino sotto nella scala Saffir Simpson. Vero, ma il titolo è corretto, perché Sandy quando ha toccato la costa orientale USA era una tempesta tropicale, cioè con vento sotto la soglia dei 63 nodi, più precisamente in media 50 nodi.

Questo non significa che non abbia fatto danni, come è sotto gli occhi di tutti, né che non detenga un record. E’ stata infatti la tempesta con il maggior diametro registrato da quando le misurazioni sono oggettive. Tuttavia la differenza non è banale, perché, ad esempio nel 1938 (faceva caldo ma non c’era l’AGW), l’uragano di categoria 3 che ‘atterrò’ sulla costa del New England fece 600 vittime. Da allora è sicuramente migliorata la resilienza, ma sono anche clamorosamente aumentate le infrastrutture esposte al danneggiamento. Di qui, per fortuna, la diminuzione delle vittime e l’aumento dei danni.

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Legnate dal Wall Street Journal e la rivolta dei veterani della NASA.

L’importanza di un media si misura con tre parametri, l’autorevolezza di chi ci lavora o collabora, la diffusione che ha e l’equilibrio delle notizie. Queste cose spesso vanno insieme. Quando questo non accade in genere prima o poi quel veicolo di informazione cessa di essere importante. Non pare sia questo il caso.

Il Wall Street Journal non è esattamente Topolino. Certo anche il fumetto in questione ha la sua tiratura, ma se si vuole sapere cosa succede nel mondo non è lì che bisogna andare a cercare, quanto piuttosto sul media in questione, avendo cura magari di leggerne anche molti altri.

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Dalla teoria ai fatti

Penso tutti, o comunque moltissimi, avranno ascoltato l’ultima delle tante versioni che gli studiosi affezionati all’ipotesi (sempre più tale) dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) sono obbligati a confezionare per dimostrare la validità delle loro affermazioni.

Mi rendo conto che per molti c’è a rischio il posto di lavoro prima che della stessa “faccia” ma ora non si tratta più di difendere uno studio scientifico ma una evidente ideologia. Dalla metà degli anni ‘80 dello scorso secolo la tesi prevalente era quella per la quale avrebbe fatto sempre più caldo con una certa tropicalizzazione del clima nelle medie latitudini, introdotta da uno scivolamento verso nord delle note fasce climatiche. Quindi il caldo avrebbe portato sempre più caldo (chiara logica da retroazione positiva). Dalla fine degli anni novanta l’aumento delle temperature globali (sottolineo “desunte globali” per via di grosse approssimazioni) si è interrotto, e mostra negli ultimi anni, quindi già XXI secolo, una certa controtendenza.

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Climate change e oceani, niente ‘calore scomparso’ o niente calore?

Alcuni giorni fa i blog meteo-climatici si sono animati attorno ad una annosa discussione circa il contenuto di calore degli oceani. A suscitare questo ritorno di attenzione è stata la pubblicazione di un paper su Nature Geoscience:

Observed changes in top-of-the-atmosphere radiation and upper-ocean heating consistent within uncertainty – Loeb et al., 2012 (qui il commento su Science Daily)

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