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Tag: Cambiamenti climatici

NASA e Global Warming, il rapporto epistolare continua

Nel marzo scorso abbiamo parlato della lettera che un certo numero di ex-collaboratori della NASA e del GISS ha scritto al direttore dell’agenzia lamentando l’eccesso di ‘supporto’ a ipotesi non corroborate da adeguato livello di conoscenza scientifica. In sostanza, hanno chiesto di smetterla di far proclami circa i futuri sconquassi che il riscaldamento globale e i presunti cambiamenti climatici da esso derivati dovrebbero generare.

In questi giorni si sta svolgendo a Chicago la settima conferenza dell’Heartland Institute sui cambiamenti Climatici. Non è un segreto che questo evento sia ormai diventato una annuale adunata degli scettici in ordine al dibattito sulle origini delle recenti evoluzioni del clima.

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Clima freddo? Prepararsi agli eventi estremi.

Saremo anche globalizzati, sarà anche giusto sapere come vanno le cose anche ai nostri antipodi, ma se permettete forse ci interessa e dovrebbe interessare un po’ di più cosa succede alle porte di casa. Dal punto di vista meteorologico, perché se si parla di eventi estremi si deve quasi sempre far riferimento all’ambito meteorologico e non climatico, la ‘porta’ di casa nostra è la Porta di Carcassonne, il valico dal quale si tuffano nel Mediterraneo le perturbazioni che arrivano da nord-ovest, cioè la grande maggioranza dei sistemi perturbati che interessano il nostro territorio.

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Più che una meteora potè il meteorismo

Ve li siete immaginati da sempre come li ha sceneggiati Steven Spielberg, imponenti, ora feroci, ora mansueti, alti come palazzi o veloci come il vento, comunque liberi e felici. Fino al giorno del giudizio, della sofferenza, della fame  e dell’inedia.

Un disastroso impatto con un corpo celeste proveniente dal cosmo? Un terremoto pre-biblico? Macchè, soltanto una gigantesca, colossale, insopportabile puzza. Per di più autoprodotta.

Ebbene sì, i dinosauri hanno modificato il clima, tanto da rimetterci le penne, forse. Come? Con le loro flatulenze. Ben 520 milioni di tonnellate di metano rilasciate in atmosfera ogni anno, anno dopo anno…altro che mucche, altro che consumo eccessivo di carne, i dinosauri sì che ci sapevano fare.

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Purché l’onda non rompa

Alcuni giorni fa abbiamo ripreso su CM un post di Donna Laframboise. Non tutto però. Avevo deliberatamente scelto di lasciar fuori dal nostro commento il riferimento che in quel post era stato fatto sul narcisismo di un certo ambientalismo militante. Una certa voglia di esserci, di svolgere un compito d’effetto, di primeggiare.

Mi sembrava eccessivo, generalizzante ed eccessivo. Ma devo ricredermi.

Su WUWT è uscita ieri una breaking news: James Lovelock, il ‘padre’ della teoria di Gaia ha riconosciuto di essere stato eccessivamente allarmista. Non starò qui a raccontarvi le decine di frasi ad effetto dense di retorica catastrofista che abbiamo letto negli anni tra virgolette in quanto sue. Chi avesse voglia di rinfrescarsi la memoria può leggere il post di Watts.

‘Gaia’ scientist James Lovelock: I was ‘alarmist’ about climate change

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Pornografia climatica, sindrome da scetticismo e soluzione finale

Alcuni anni fa, come immagino sia accaduto a molti di voi, rimasi colpito dalla teoria della piramide di Maslow. Nella gerarchia delle necessità che contraddistingue la complessità del nostro essere, la soddisfazione dei bisogni primari deve necessariamente precedere la ricerca di realizzazione. Leggendo gi articoli di cui parleremo tra poco, ho dedotto che chi li ha scritti non si è accorto che il mondo è in crisi, non ha problemi di bisogni primari e continua imperterrito a perseguire la propria realizzazione, con un progetto a dir poco discutibile.

Solo chi vive completamente scollegato dalla realtà nonché ermeticamente chiuso nelle proprie convinzioni può elaborare un concetto come il seguente: il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici sono un pericolo per l’umanità, chi non ne è convinto deve necessariamente essere malato. La disfunzione, nella fattispecie, sarebbe quella di avere una percezione affettiva distorta, una sorta di incapacità di farsi una ragione del pericolo imminente.

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Due parenti stretti, ghiaccio artico e oscillazione artica

La misura dell’estensione del ghiaccio marino alle latitudini artiche è uno dei topic della discussione sulle dinamiche del clima degli ultimi anni. Più caldo uguale meno ghiaccio, un’equazione che si sente ripetere spesso che risulta vera a scala geologica, come insegna la storia del Pianeta, ma di cui spesso si abusa, dal momento che mal si attaglia alla descrizione di quanto accaduto in tempi recenti.

Il ghiaccio artico è in declino, questo è incontestabile. Più o meno da quando si è iniziato a misurarlo con metodi oggettivi, sebbene ad esempio appena qualche giorno fa abbiamo pubblicato un post in cui si parla di dati un po’ più vecchi ma normalmente non impiegati per rappresentarne l’andamento, che rendono la realtà di questo declino meno decifrabile.

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Dibattito sui blog e scienza ufficiale: chi è che bara?

Uno degli argomenti più gettonati di quanti sostengono l’ipotesi delle origini antropiche del riscaldamento globale – si noti che non ho scritto cambiamenti climatici perché il clima è sempre cambiato – e delle eventuali sue conseguenze, è quello che vedrebbe la conoscenza scientifica già definita. Al massimo ci sarebbe da discutere sui dettagli. Basta discussioni infinite e poco scientifiche sui blog, bisogna concentrarsi su quello che dice la scienza, quella vera.

Già, perché un concetto astratto come quello del clima ha bisogno di essere trasposto nella realtà attraverso i dettagli. In genere questo avviene cercando di collegare ogni sorta di evento atmosferico – meglio se intenso – ad una presunta modifica intercorsa ultimamente. Sappiamo bene che il livello di comprensione scientifica di questo collegamento è assolutamente basso, come ha avuto modo di farci sapere ad esempio l’IPCC con l’ultimo report specificatamente dedicato a questo argomento. Sicché c’è bisogno d’altro. Va molto di moda la disponibilità idrica, si parla spesso di energia, ma questi aspetti, avendo già i loro bei problemi, non sono molto utili alla bisogna. Meglio, molto meglio parlare di risorse alimentari.

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Dalla Teoria ai Fatti – Ci torniamo su

Qualche settimana fa è uscito su queste pagine un mio breve commento che analizzava alcuni aspetti delle dinamiche della circolazione emisferica con specifico riferimento alla prevalenza o meno di flussi ad elevato indice zonale nel medio e lungo periodo. Un post nato per rispondere a quello che sembra essere un cambio di direzione di quanti sotengono l’ipotesi AGW. Dopo aver lungamente annunciato che avremmo assistito ad una sostanziale prevalenza di eventi riconducibili al caldo, scopriamo che questa ipotesi torna buona anche per gli eventi di freddo. In sostanza non solo “il tempo non è il clima finché non lo diciamo noi”, ma anche “il freddo viene dal caldo”. Da quel post è nata una discussione protrattasi fino ai giorni scorsi. Quanto segue intende essere una risposta di più ampio respiro – quindi più facilmente pubblicabile in forma di post – alle eccezioni sollevate da uno dei lettori che per comodità di lettura riportiamo di seguito:

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Tutte le strade portano a Rio

E’ appena di ieri l’altro il nostro commento al comunicato stampa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale circa l’imminente pubblicazione del report decadale sullo stato del clima. Il cambiamento climatico starebbe accelerando, specie con riferimento agli eventi estremi. Fa eco a questo annuncio un lavoro di fresca stampa su Nature Climate Change a firma di alcuni ricercatori del PIK, il cui commento è apparso sempre ieri su Science Daily. Anche questo lavoro sembra in qualche modo preparatorio del summit Rio+20 che si terrà nel prossimo giugno.

A decade of weather extremes

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Abstract

Il numero verosimilmente elevato di recenti eventi meteorologici estremi ha innescato molta discussioni, sia interne che esterne alla comunità scientifica, circa la possibilità che essi siano collegati al riscaldamento globale. In questa sede si procede ad una revisione delle prove e si argomenta che per alcuni tipi di eventi estremi – soprattutto ondate di calore ma anche altro genere di eventi – sono ora disponibili delle forti evidenze che collegano eventi specifici o un aumento del loro numero all’influenza umana sul clima. Per altri tipi di eventi, come le tempeste, le evidenze disponibili sono meno certe, ma basandosi sui trend osservati e su concetti di fisica di base è tuttavia plausibile attenderne un aumento.

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Ghiaccio Artico: il mondo non è iniziato nel 1979

A dire il vero è iniziato molto prima, solo che ne sappiamo molto poco. Infatti, se da un lato il progresso tecnologico sta consentendo di disporre di dati sempre più precisi ed omogenei (con la non banale eccezione delle informazioni relative alle temperature medie superficiali la cui qualità sta invece detriorandosi), dall’altro questa enorme mole di informazoni è molto giovane, spesso troppo per poter essere paragonata a quei pochi dati di cui si dispone per il periodo pre-satellitare.

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Cambiamenti climatici: La soluzione è nella terapia di gruppo.

L’argomento non è nuovo. Un paio di anni fa qualcuno ci fece anche un convegno che battezzammo “Ecolobotomia” per argomentare che lo scetticismo sulle origini antropiche dei cambiamenti climatici sia da ascrivere a problemi psicologici piuttosto che a fondamenti scientifici. Non ebbe molta fortuna.

Oggi qualcuno ci riprova, ma con maggiore scaltrezza. Si mettono insieme la crisi globale (reale) e la crisi climatica (presunta), dichiarando che la recente scarsa propensione del pubblico ad unirsi al consenso sui cambiamenti climatici sarebbe frutto delle sopraggiunte difficoltà economiche. Un comportamento molto trasversale – e quindi non esclusivo di chi è scettico per inclinazione personale – noto come ‘dissonanza cognitiva’.

Un’idea fantastica. mettere insieme i cambiamenti climatici e la crisi globale assicura innanzi tutto una larga copertura mediatica, sicché metà del lavoro è già fatto prima ancora di scrivere qualcosa di senso compiuto. Cosa quest’ultima che non pare sia avvenuta nella ricerca in questione.

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Quanto basta per bagnarsi i piedi

Molte volte, magari sbagliando, sulle pagine di CM ci siamo lasciati andare a considerazioni in materia di policy climatiche, confondendo la discussione con quella più specificatamente dedicata alle dinamiche del clima e per questo più appropriata. Il fatto è che l’ipotesi del prevalente contributo antropico alle recenti evoluzioni del clima, di fatto è diventata la base di quelle policy praticamente in tutto il mondo.

Ci sono alcuni paesi un po’ riluttanti, ma ce ne sono alcuni molto attivi. L’unione Europea nel suo complesso appartiene senz’altro alla seconda categoria, sebbene poi nello specifico i singoli paesi cerchino di cavarsela a buon mercato, ma questa è un problema che pervade un po’ tutto il funzionamento dell’Unione.

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Piccole nuvole crescono

Enrik Svensmark, lo scienziato che per primo ha formulato l’ipotesi che il flusso dei raggi cosmici proveniente dalla spazio possa essere in relazione con le temperature perché facilita la formazione delle nubi, sta per pubblicare un altro paper.

Lo studio, del quale abbiamo avuto notizia dal blog di Nigel Calder, è disponibile in pre-print su Arxiv, sebbene debba ancora essere accettato dalla rivista cui è stato proposto, cioè Physical Review Letters. A leggere il commento di Calder, sembra che questo lavoro possa fornire nuovo ‘carburante’ all’ipotesi di Svensmark, sulla quale stanno lavorando alacremente anche al CERN di Ginevra con l’esperimento CLOUDS, i cui risultati, sebbene confortanti, continuano ad essere controversi.

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A lezione da Richard Lindzen

Richard Lindzen, scienziato di chiara fama scettica, ha tenuto un seminario alla Camera dei Comuni. Già la location dovrebbe far capire a quanti intendono privare il prossimo della possibilità di esprimere opinioni scientifiche difformi da quelle del mainstream che forse quanti non sono convinti che stia per arrivare l’armaggeddon climatico non sono proprio dei minus habens. Diversamente, piuttosto che presso la sede del parlamento inglese, Lindzen avrebbe parlato dallo speaker corner di Piccadilly, magari tirando su anche qualche spicciolo.

Judith Curry, che scettica non è, ha trovato la sua esposizione molto interessante, al punto di riassumere il contenuto di molte delle slide presentate sul suo blog.

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