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Tag: Cambiamenti climatici

Più clima, meno Tornado

Solo pochi giorni fa Luigi Mariani esprimeva in un commento il suo parere circa la relazione tra le oscillazioni del clima e gli eventi stremi.ne riporto qui sotto i tratti salienti:

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[..] penso che dobbiamo intenderci su cosa si intende per evento estremo, nel senso che la definizione di evento estremo che usiamo oggi è del tutto antropocentrica. Quando Lindzen indica che in un pianeta più caldo diminuisce il gradiente termico equatore-polo e dunque cala l’energia per li eventi estremi, penso che questo vada riferito ad eventi tipo cicloni tropicali o perturbazioni delle medie latitudini o piogge estreme. Nel caso delle grandi siccità, legate alle grandi anomalie circolatorie (quali i blocchi anticicolonici), penso che la considerazione di Lindzen non sia applicabile e che dunque durante le fasi calde (come la nostra) la siccità sia un rischio da tenere presente, come ci insegna la lezione dei gradi optimum sopra citata. Il concretizzarsi di tale rischio dipenderà ad esempio dalla frequenza e persistenza dei blocchi o dall’intensità del monsone o…..

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Moriremo tutti, bolliti come le rane!

sette greenE’ uscito un numero speciale di un magazine abbinato al Corriere della Sera che si chiama Settegreen. Un tripudio di catastrofismo climatico. Per capirlo basta il titolo in copertina : Aiuto, il nostro mondo va in tilt. Il clima impazzisce. La terra reagisce come può. E l’uomo? Se non corre ai ripari fa la fine dei dinosauri”.

Ne sentivate la mancanza vero? Il mondo non è in tilt, il clima non è impazzito, la terra o meglio, la vita sulla terra si adatta come sempre e l’uomo non si estinguerà come i dinosauri.  Non c’è da stupirsi che un giornalista che probabilmente nulla sa di clima visto ciò che scrive, faccia quattro errori di fila in una sola frase e affermi che l’uomo rischia l’estinzione a causa del riscaldamento antropogenico. Del resto la stessa scemenza l’ha scritta uno dei climatologi più importanti ed influenti del mondo e cioè James Hansen. Ma all’interno del settimanale c’è l’intervista a Vittorio Canuto che di errori non dovrebbe farne perché  è un climatologo. Lo citerò in corsivo con in grassetto le domande:

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Un bicchiere di Sole

Ultimamente mi sono imbattuto in una ricerca indiana sulcontributo dei raggi cosmici sul riscaldamento globale.

Contribution of changing galactic cosmic ray flux to global warming – (pdf)

La rivista non è molto conosciuta ma è inseritra nella lista ISI.

Cito:

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La correlazione ben consolidata tra il livello delle nuvole basse e l’intensità dei raggi cosmici, che fungono da nuclei di condensazione per le nuvole, mostra chiaramente che una diminuzione dell’intensità dei raggi cosmici si traduce in un minore copertura nuvolosa bassa. La riduzione dell’albedo, a causa della minore nuvolosità a bassa quota, comporta un aumento della temperatura superficiale sulla terra perché diminuisce la radiazione riflessa nello spazio.

L’estrapolazione della intensità della radiazione cosmica galattica sulla base delle misure in 10Be proxy delle carote di ghiaccio, mostra chiaramente che l’intensità dei raggi cosmici è diminuito del 9% nel corso degli ultimi 150 anni, a causa del continuo aumento dell’attività solare. Presentiamo elementi atti a dimostrare che la componente della forzatura radiativa dovuta alla diminuzione dell’intensità dei raggi cosmici nel corso degli ultimi 150 anni è di 1,1 Wm-2, che è circa il 60% di quella dovuta all’aumento del CO2. Concludiamo che la previsione futura del riscaldamento globale presentato da IPCC4 richiede una revisione per tener conto dell’effetto dovuto ai cambiamenti a lungo termine dell’intensità dei raggi cosmici galattici.

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Clime ed eventi estremi: E’ Una scienza priva di “attributi”?

Perdonatemi il titolo non proprio nobilissimo e la sua prossimità con la ben più seria frase di Diogene. Il fatto è che di aumento della temperatura media globale, di modifiche alle dinamiche del clima nel lungo periodo e su ampia scala spaziale possiamo parlare finché vogliamo, ma quello che realmente ci interessa nel quotidiano e dovrebbe interessare anche chi su nostra delega prende le decisioni, è sapere se questo aumento e queste modifiche potranno avere o abbiano già avuto un impatto sugli eventi atmosferici estremi che sia discernibile da quello che questi eventi hanno sempre avuto. Se del caso, inoltre, sarebbe altrettanto lecito chiedersi cosa si può fare per mitigare questo impatto o per aumentare la nostra capacità di resilienza.

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Si chiama Global Warming, non America warming.

Questo è un esperimento. Voglio provare a proporre un argomento che potrebbe avere dei risvolti politici. Per carità, è già successo, ma si è trattato sempre di “incidenti di percorso”, per lo più provocazioni in stile troll in sede di commento che abbiamo sempre bloccato sul nascere. Per scelta.

Oggi proviamo a farci del male da soli, perché so già che potenzialmente si potrebbero alzare bandiere di colore opposto. Vorrei però invitarvi a riflettere soltanto sui contenuti di quanto segue, evitando dietrologie, barricate o preconcetti ideologici. Non dovrebbe essere difficile, perché non si tratta di casa nostra, sono pazzo sì, ma non fino a questo punto.

Si tratta degli USA e della loro campagna elettorale, accesasi recentemente con le convention delle due opposte fazioni celebrate una dopo l’altra. Del resto, piaccia o no, nel bene o nel male, quello che succede dall’altra parte dell’oceano ci riguarda sempre da vicino, almeno da 70 anni a questa parte.

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Catastrofe climatica: a ruba le creme solari.

Chissà che non serva a risollevarci dalla crisi. Che so, si potrebbe provare a riconvertire l’industria alla fabbricazione di unguenti protettivi. E’ quanto scopriamo che potrebbe rendersi necessario secondo un classico esempio di catastrofismo gratuito, ovvero di spregiudicato uso di condizionali in varie declinazioni per riuscire a condire il proprio studio con la giusta dose di riscaldamento globale, cambiamenti climatici, disfacimento del clima e, naturalmente, aumento di qualcosa di spaventoso.

Di cosa? Ma dei “buchi daazzoto” no? Ebbene sì, state pronti, la bassa stratosfera sta per diventare un colabrodo. Sarà tutta piena di piccoli ma estremamente maligni forellini attraverso cui i raggi ultravioletti si getteranno verso la superficie provocando ogni sorta di devastazione.

Curiosi di sapere come? Ecco qua.

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Abbi dubbi. E togliteli.

Ieri abbiamo pubblicato il nostro commento al release del lavoro di Watts et al. Donato, uno dei nostri più attenti lettori, ha fatto un commento che ho deciso di elevare al livello di post. Spero di farvi cosa gradita. Ecco qua.

R. Muller ha risolto tutti i suoi dubbi e, in parte, anche i miei. Ciò che più mi ha impressionato del suo articolo sul NYT è la nettezza delle posizioni. Il riscaldamento globale, ci dice, non ha nulla a che vedere con l’intensificarsi degli eventi estremi (cicloni, uragani, tornado) o con lo sbiancamento dei coralli. I ghiacciai dell’Himalaya non si scioglieranno entro il 2035, gli orsi polari non stanno morendo per colpa del riscaldamento globale, le ondate di calore negli USA, in Russia o nel Mediterraneo non dipendono dall’AGW. Non ho, infine, nulla da obiettare alle sue considerazioni circa il mancato riscaldamento dell’ultimo decennio: potrebbe trattarsi effettivamente di un fatto statisticamente poco significativo.

Muller ammette anche che oggi stiamo sperimentando temperature globali inferiori a quelle del passato, per esempio di quelle relative al medioevo. In altre parole R. Muller fa piazza pulita di tutta la paccottiglia propagandistica, ideologica, politica, falso-ambientalista che ha inquinato, ed inquina, il dibattito scientifico serio sul clima terrestre. Mi auguro che anche i “color che tutto sanno” nostrani possano rendersi conto delle corbellerie che scrivono nei loro post, commenti ed interviste rilasciate ai media.

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L’IPCC, il nuovo report e la previsione decadale.

Qualche tempo fa, in giugno, é stato pubblicato un documento con cui l’IPCC, al termine di un lungo e complicatissimo processo burocratico, ha fatto sue le indicazioni giunte dall’Inter Academy Council nel 2010.

Sottoscrivendo quanto indicato a suo tempo dallo IAC, in sostanza il bureau del panel delle Nazioni Unite, ha ammesso che nel processo di formazione dei suoi report c’è stato rischio di bias, che si deve fare maggiore attenzione all’uso di letteratura grigia (si parla di scienza, per cui tutto ciò che non é soggetto a revisione paritaria deve essere preso con le molle, specie se arriva da parti in causa come le associazioni ambientaliste), che la scelta degli autori del report deve tener conto di eventuali conflitti di interessi, che i vertici del panel devono restare in carica per un solo report e, infine, che il Summary for Policy Makers, il riassunto di ogni report pubblicato a beneficio dei decisori, rischia di essere un documento molto più politico che scientifico.

Pare dunque che tutto questo prima potesse accadere, almeno potenzialmente. Sorge il dubbio di come si sia potuto fin qui ritenere che quanto pubblicato dal panel in materia di clima – quattro report più un certo numero di documenti dedicati a specifici argomenti – possa essere stato considerato la Bibbia del clima o come possano essere state poggiate sulle indicazioni contenute nei report le policy ambientali, economiche ed energetiche di mezzo mondo.

Ma così é stato. Punto. Ora arriverà il nuovo report, sul quale si sta già lavorando da tempo. Non si sa se le buone intenzioni che lastricano il percorso di qui alla pubblicazione ci condurranno all’inferno o in paradiso. Considerando i tempi stretti e il fatto che una cosa é dire di voler fare una cosa, altro é farla, specie se chi la dovrebbe fare sono gli stessi che non l’hanno mai voluta fare, un’idea di come andrà a finire ce l’avrei, ma lascio volentieri il beneficio del dubbio.

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CO2 o non CO2

Tra pochi giorni festeggeremo il quinto compleanno di CM. Stiamo per finire la pre-scolarizzazione, nel prossimo autunno andremo in prima elementare. Eh sì, perché questo è il livello che ci è stato assegnato. Ma non siamo solo giovani e inesperti, abbiamo anche scarsa propensione all’apprendimento.

Ma, finalmente, ho capito che non è tutta colpa nostra. Se quelli bravi, anzi, bravissimi, continuano a confonderci le idee non miglioreremo mai.

Avevo letto quanto sto per far leggere anche a voi qualche giorno fa. Lì per lì avevo anche deciso di lasciar perdere, perché non avevo capito quasi niente. Dal momento che si trattava delle parole del premio nobel Carlo Rubbia, ero certo che fosse colpa mia o, nella migliore delle ipotesi, di chi aveva riportato la sua opinione.

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Storie di storia di ghiaccio

Funziona così: fai una ricerca, scopri qualcosa che non va proprio nella direzione della catastrofe climatica, scrivi un comunicato stampa in cui fai continui riferimenti a un cambiamento climatico che la tua ricerca smentisce. Se poi il media che diffonde il comunicato fa seguire al tuo un altro comunicato stampa che invece il disastro lo paventa eccome sei a posto.

Nella rassegna di Science Daily di ieri è andata così.

Prima un pezzo che racconta di uno studio in cui analizzando una serie di rilievi fotografici e dati satellitari è stato scoperto che 80 anni fa i ghiacciai della Groenlandia si scioglievano come e più di ora.

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