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Tag: IPCC

Non ce la possiamo fare

[photopress:Comics.JPG,thumb,pp_image]E’ da un pò che circola la voce che il clima stia andando verso un periodo di raffreddamento e che questo potrebbe anche essere già iniziato, tenuto conto del fatto che dal 1998 le Temperature Medie Globali hanno smesso di crescere e, più recentemente, hanno anche cominciato a scendere.

Sarà per il forcing interno esercitato dai bacini oceanici, sarà per il condizionamento esterno dell’attività solare attualmente in fase di declino, ma il raffreddamento in atto è sì per ora breve, ma è anche incontrovertibile, in quanto ampiamente documentato dalle serie di temperatura di superficie, dai telerilevamenti satellitari delle temperature del mare e della bassa troposfera e, ultime ma non meno importanti, anche dalle temperature delle profondità oceaniche.

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In vacanza su un’isola……di calore!

[photopress:population_small.gif,thumb,pp_image]Uno degli aspetti più controversi del dibattito sull’effettiva profondità della nostra impronta ambientale è senz’altro la comprensione del mix di variazione di destinazione d’uso del suolo, cementificazione, produzione di calore per attività industriali etc. etc., che la letteratura ambientale conosce come “Isola di calore urbana”. Eppure arrivare a comprendere quanto effettivamente possa essere pesante questo effetto è assolutamente necessario per comprendere il comportamento del clima anche a scala globale. Gli ultimi 150 anni, già sul banco degli imputati per aver visto crescere a dismisura le attività industriali e le conseguenti emissioni di gas ad effetto serra, hanno anche visto aumentare moltissimo l’urbanizzazione del territorio, e dove le popolazioni non si sono spostate in massa verso le città, in pratica sono queste ultime ad essersi spostate verso di loro. Pensiamo ad esempio alla Pianura Padana, una vasta area rurale divenuta ormai una zona urbana densamente popolata. Se dovessimo prendere in esame il trend della temperatura, quando esattamente si dovrebbe cominciare ad applicare delle correzioni ai valori osservati per essere sicuri di eliminare il “rumore” del calore prodotto dalle attività urbane?

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E’ solo questione di mercato…

[photopress:biocarburanti.jpg,full,pp_image] …Perchè il mondo si svegli. Si terrà a breve un meeting della FAO (Food and Agricolture Organization) per valutare l’impatto ambientale dell’impiego dei biocarburanti. Nell’attesa il relatore speciale dell’ONU per il diritto al cibo ha già affondato il colpo, con dichiarazioni di ostilità al massiccio impiego di biocarburanti che non lasciano molto spazio al dibattito. Soltanto pochi giorni fa l’intervento del Presidente Lula che invece ne difende a spada tratta la produzione. Tutto innescato dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base che stanno perdendo molto del loro appeal agli occhi dei produttori, sempre più entusiasti di produrre vegetali per la mobilità piuttosto che per l’alimentazione.

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Bias o distrazione?

[photopress:monthly.png,thumb,pp_image] La fonte dalla quale abbiamo tratto quanto stiamo per raccontarvi non è nuova ad offrire spunti interessanti. Anzi si può dire che sia un’autentica spina nel fianco del movimento dell’AGW. Si tratta di Steve McIntyre, cioè colui che ha smascherato le nefandezze dell’Hockey Stick di Mann e soci e che ha costretto recentemente la NASA a rivedere le ricostruzioni dell’andamento della temperatura del secolo scorso, assegnando la palma (si fa per dire) di anno più caldo dei tempi recenti al 1934 e non al 1998, seppur con riferimento a quella piccola porzione di mondo che occupano gli Stati Uniti d’America. Insomma, un vero seccatore.

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Preferisco il blu

“Nel tempo dell’inganno universale dire la verità diventa un atto rivoluzionario.”

George Orwell (1903-1950)

[photopress:blu.JPG,thumb,pp_image] Alcuni mesi fa ho già affrontato il tema del consenso, cercando di entrare nel merito delle dinamiche del lavoro di collezione e diffusione delle informazioni svolto dall’IPCC, specialmente nel corso degli ultimi anni. Sembrava quasi che si potesse invertire la tendenza, che i toni del dibattito mediatico sul riscaldamento globale potessero cambiare di segno, consentendo di sostenere le proprie opinioni a parità di condizioni, anche a quella parte del mondo scientifico che la pensa in modo diverso.

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The Smoking Gun

[photopress:smoking_gun.jpg,thumb,pp_image]Alcuni giorni fa ho scoperto che la definizione “Global Warming” è stata inserita in uno dei più famosi dizionari della lingua Italiana. Non so se compaia anche la voce “riscaldamento globale”, è più probabile che le due siano trattate separatamente, però il fatto che ci sia la prima la dice lunga su quanta suggestione possa indurre l’uso comune di termini importati, creati ad effetto e forse anche dal significato non del tutto noto. Se dovessimo fare un sondaggio (perchè no, oggi sono di gran moda), scopriremmo che tutti sanno cos’è il Global Warming e che, tra questi, molti sono convinti che non sia necessario aggiungere il sostantivo “antropico” per chiarire che si parla di qualcosa di cui il genere umano dovrebbe essere ritenuto responsabile. Potere della comunicazione efficace.

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2100 Fuga da New York…

[photopress:fuganewyork.jpg,thumb,pp_image] …O da Venezia, Amsterdam, New Orleans, Roma, insomma prepariamoci a scappare. Andiamo tutti a Cortina, è chic ed è anche parecchio alta sul livello del mare, non correremo il rischio di essere travolti dalle onde. Niente neve però, solo sterminati campi di margherite perchè ci farà davvero caldo. Da ciò deduciamo che non possiamo partire quest’anno perchè a Cortina ci sono 120 cm di neve ed i teneri fiorellini fanno fatica a sbocciare.

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Contrordine comp……no, meglio di no.

[photopress:Ci_risiamo.gif,thumb,pp_image]Questa volta ha esagerato, dobbiamo ammetterlo. Il volo pindarico che accomuna l’urgenza di agire nella causa comune della lotta al riscaldamento globale ad una nuova forma di antifascismo non è piaciuto proprio a nessuno, della serie scherza coi fanti e lascia stare i santi. E sì che il momento era propizio. Ritirare il Premio Nobel e sventolarlo dal palco della conferenza di Bali, un’occasione da non perdere. Che appunto il guru dell’ambientalismo ha perso, nello stile che la vignetta con cui inizia questo post gli riconosce impietosamente.

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Bali: il futuro del clima, fra illusioni e promesse

[photopress:cop13_15_6_750_357.jpg,thumb,pp_image]Sulla recente conferenza di Bali sono state scritte molte cose e molte altre se ne scriveranno in futuro. Oggi cambiamo un pò le regole e vi proponiamo un’intervista a Guido Guidi che un’amica di Climate Monitor ha pubblicato sul portale d’informazione Chronica.

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Il feedback alla Rifkin

[photopress:cuoco.jpg,thumb,pp_image]Le festività natalizie si avvicinano, Climate Monitor ha deciso di proporvi una nuova ricetta per far fronte al riscaldamento globale, “Il Feedback alla Rifkin“. Non è difficile, basta passare da una dipendenza totale dai combustibili fossili ad una altrettanto totale dall’idrogeno e da un potenziale affetto serra in aumento ad un effetto bagno turco garantito. Prendete il vapore acqueo, l’ingrediente principale del sistema clima, aumentatene a dismisura la concentrazione e lasciate cuocere per qualche anno. Il risultato è assicurato, anche se conoscerne in anticipo il sapore è praticamente impossibile. Perchè proprio il vapore acqueo? Perchè il processo di estrazione dell’energia dall’idrogeno produce appunto H2O allo stato gassoso, e questo perdonate l’ironia, ai fini dell’equilibrio del clima fa dell’idrogeno un vettore energetico “pulito” soltanto perchè non manda cattivo odore. Vediamo perchè.

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Ai blocchi di partenza

[photopress:bali.jpg,thumb,pp_image]Si è aperto a Bali il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La marcia di avvicinamento è stata lunga ma molto veloce, animata dalle incursioni mediatiche del 4° rapporto dell’IPCC, diffuso con il contagocce per arrivare all’arringa finale soltanto lo scorso 24 ottobre. Non sono mancate neanche le interruzioni pubblicitarie, animate dall’impegno dei testimonial musicali riuniti da Al Gore nel Live Earth del 7 luglio, i quali, pur restando in tema, hanno di fatto ricondotto il problema alla sua giusta dimensione: il marketing. L’organizzatore ha promosso la sua personale campagna finanziaria, gli artisti hanno promosso se stessi, i buoni propositi sono arrivati alle stelle e la ricompensa è stata decisamente ricca, con il colpo di scena annunciato della concessione del Premio Nobel per la Pace agli occupanti della cabina di regia.

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L’importante è che non si sappia in giro

[photopress:nobel_medal.jpg,thumb,pp_image]Ho appreso questa notizia per caso, cercando tutt’altro nella foresta del web. La polemica sull’assegnazione del Nobel per la Pace non si placa, ma a quanto pare questo non è argomento su cui dovremmo essere informati. Mentre fervono i preparativi per l’ennesimo evento clima-mediatico dell’anno, la conferenza ONU sui cambiamenti climatici che si terrà a Bali a dicembre, proviamo ad informarci da soli. E’ accaduto in passato che dei Premi Nobel fossero rifiutati per umiltà, ma mai era accaduto che ciò avvenisse per generale (e non generico) dissenso con la deriva ideologica di cui sono ormai protagonisti gli assegnatari del premio.

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