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Tag: Cambiamenti climatici

Il riassunto di Nicola Scafetta

Nicola Scafetta, ricercatore della Duke University, ha pubblicato un nuovo paper su Energy & Environment e, puntualmente, me lo ha mandato.

 

Si tratta di un lavoro che riassume quanto faticosamente studiato e pubblicato nel corso degli ultimi anni, in sostanza un resumé di quella che Nicola stesso definisce la sua teoria sui cambiamenti climatici. Gli elementi salienti di questo paper sono per molti aspetti quelli che già conosciamo, ma che per la loro intrinseca complessità penso proprio che necessitassero di un approccio più divulgativo. Esattamente quello che Nicola Scafetta ha voluto fare con questo nuovo paper. Tra gli highlights:

 

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Duri di comprendonio

Non saprei come altro definirli i nostri media. In una delle nostre ultime discussioni è apparso un commento con il link, che definirei molto appropriato, all’ultima prodezza del solito ignoto redattore di corriere.it. Si tratta di poche righe scritte per rilanciare il report dell’OMM, massima autorità meteorologica mondiale, che riassume quanto accaduto dal punto di vista climatico e meteorologico negli ultimi dieci anni.

 

 

Neanche a dirlo, l’accento è andato sul fatto che l’OMM dichiara che gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando si fanno misure oggettive e che ci sono state circa 370.000 cadute vittima di eventi atmosferici. Un disastro nel forno praticamente. Forse però, i nostri amici del corriere, così come tutti quelli che riprenderanno entusiasticamente questo lancio nei prossimi giorni, dovrebbero andare a leggere quel report. Così facendo scoprirebbero nell’ordine che l’OMM:

 

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Clima che cambia ed eventi estremi: Una interessante nuova prospettiva

Appena ieri l’altro ho ricevuto da un lettore/amico di CM una segnalazione. Si tratta di questo: Venezia si candida come sede permanente del Tribunale penale europeo per l’ambiente. La struttura non esiste, è più che altro più che altro una manifestazione di intenti e non è mia intenzione discuterne. Salta però all’occhio il fatto che tra le tante problematiche di cui una siffatta struttura dovrebbe occuparsi – ripetiamo, tramite azione penale a livello sovranazionale – ci sia anche il riscaldamento globale.

 

Proviamo a pensarci un attimo. Un reato è tale se c’è una vittima, ovvero qualcuno che ha subito un danno e, in effetti, nell’articolo linkato più su troviamo quelle che molti definiscono “le prime vittime del riscaldamento globale”, cioè gli abitanti degli atolli del Pacifico minacciati dall’innalzamento dei mari. Non so se l’eventuale pubblica accusa prenderebbe in considerazione il fatto che nell’attesa di evacuare le loro terre gli abitanti di quelle isole costruiscono aeroporti con i soldi della World Bank, ma questa è un’altra storia. Quel che ci interessa è sapere chi è il colpevole e in cosa consista il reato.

 

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Clima, all’orizzonte c’è l’ultima spiaggia.

Per la verità in materia climatica quello dell’ultima spiaggia è un film già visto. Più o meno in ognuna delle adunate del movimento salva pianeta c’è qualcuno che avverte che il tempo dell’indecisione è terminato, l’azione di contrasto al riscaldamento globale deve essere rapida e immediata.

 

Ma quella di oggi è una spiaggia diversa e non è frequentata dai soliti indolenti, inconsapevoli e incoscienti scettici, quanto piuttosto dal loro opposto, da quanti cioè questo clima da ultima occasione lo hanno nel tempo generato. Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che si sente parlare sempre più spesso della “pausa” del riscaldamento globale e, ancora sempre più spesso, a parlarne sono media una volta insospettabili di scetticismo che intervistano ora questo ora quell’altro rappresentante del mainstream scientifico. E c’è un argomento sul quale, finalmente, è stato raggiunto il consenso: la temperatura media del Pianeta ha smesso di aumentare e non sappiamo perché. Inevitabilmente, questo postula anche il fatto che, forse, non sappiamo neanche tanto bene perché sia aumentata prima.

 

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Simulazioni climatiche: Un passo indietro per andare avanti

Nel recente passato, ma a ben vedere si tratta di un argomento ricorrente, abbiamo discusso della reale capacità dei Modelli di Circolazione Generale (GCM) di riprodurre efficacemente degli elementi chiave delle dinamiche del clima. Nella fattispecie, si parlava delle temperature superficiali dell’Oceano Meridionale e dell’estensione dei ghiacci, ma sappiamo bene che i problemi sono simili, ove non maggiori, anche per altri parametri e aspetti fondamentali del funzionamento del sistema climatico.

 

La discussione, ovviamente, non è limitata alle pagine di CM, ma tiene banco sia negli ambienti di discussione più quotati nella rete, sia nella letteratura scientifica. E così, capita che di recente l’argomento sia stato trattato anche in un paper pubblicato su Science e, con lo stesso titolo, ripreso dal blog di Judith Curry. Proprio grazie a lei, abbiamo anche la possibilità di leggere qualcosa in più del solito abstract, perché nonostante l’articolo sia a pagamento, la Curry ne pubblica alcuni estratti piuttosto significativi. Quelli qui sotto sono il titolo e l’abstract del paper (neretto mio).

 

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Va’ dove ti porta il clima

E portati dietro una bottiglia d’olio d’oliva e una di vino, possibilmente Chianti, perché non è detto che se trovino ancora in giro.

 

Ecco qua, da AdnKronos:

 

Con il cambio di clima uliveti e vigneti ‘migrano’ verso il versante atlantico

 

Mettetevi comunque tranquilli, il problema, tanto per cambiare, non è oggi, sarà domani. Un domani però anche abbastanza prossimo e ben definito. Per cominciare si parla del 2020. Da quella data e non da un’altra, vigne e ulivi si sposteranno verso latitudini maggiori a causa del deficit idrico e dell’aumento delle temperature. Dove non faranno propriamente le valige, invece, le coltivazioni andranno in collina, specie i vigneti della zona del Chianti. Questo è il primo dei due studi di cui parla l’agenzia, cui segue un breve estratto dagli higlights::

 

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Consenso che passione!

Non ci sono state molte novità in materia di scienza climatica negli ultimi tempi. Difficile attendersene del resto, visto che il problema è davvero molto complesso. A ben vedere, le cose nuove più significative sono venute dalla serie di studi che hanno abbassato parecchio il valore stimato della sensibilità climatica, ossia del riscaldamento atteso per un eventuale raddoppio della CO2 atmosferica rispetto al periodo pre-industriale. Questo non solo potrebbe significare che il disastro è di là da venire, ma significa anche che quanti si sono dedicati a questo genere di studi ultimamente, pur sostenendo la teoria del contributo umano al riscaldamento globale, ritengono che questo sia meno significativo del previsto e, quindi, anche meno pericoloso. Sono quindi ricercatori che aderiscono al consenso sui contenuti scientifici del tema dibattuto, ma rigettano quello della catastrofe prossima ventura.

 

Eppure, se queste pubblicazioni fossero soggette ad uno scrutinio come quello recentemente condotto da John Cook, fondatore e animatore del noto blog catastrofico Skeptical Science, il loro contributo sarebbe classificato a favore del consenso, non nella forma in cui lo abbiamo appena descritto, quanto piuttosto nella sua accezione catastrofica. A ben vedere, questo è esattamente quello che è appena accaduto. Vediamo come.

 

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La rete è mia e me la gestisco io!

Questa volta comincio dalla fine:

 

Basta confutare i dati scientifici con il conformismo del pensiero dominante o con il ricorso a bufale suggestive, per essere ripresi e “forwardati” senza essere sottoposti ad un filtro critico e oggettivamente contestabile.

 

Tra un po’ vi dirò da dove ho estratto questo periodo, prima però, proverei a ricordare una certa trasmissione di un certo noto conduttore molto impegnato dal punto di vista ambientale. Si mostrava Milano sommersa dalle acque di un mare inarrestabile nel 2050. Milano è 120 metri sul livello del mare, le proiezioni dell’IPCC sull’innalzamento del livello dei mari non vanno oltre il metro, anzi, meno. Quelle più catastrofiche credo parlino per fine secolo di sei metri, ma non mi sono mai preso la briga di approfondire perché vivo in collina. Però, per arrivare a 120 ci vuole un bel po’. Quel conduttore è incidentalmente anche ricercatore, nonché fermamente convinto che l’uomo abbia disfatto il clima, cioè è sicuramente aderente a quella ormai sputtanatissima forma di associazionismo che si maschera da consenso scientifico. Quel conduttore/ricercatore spesso, liberamente (e giustamente), compare anche sulle pagine da cui proviene il periodo con cui abbiamo iniziato. Ma, ad onor del vero, non in questo caso, nonostante le sue opinioni siano state spesso “forwardate”. Insomma, il link di oggi è quello qui sotto.

 

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La jella delle Hawaii

Ci sarà pure il sole alle Hawaii, sarà pure un posto da sogno, ma se state programmando di eleggerle come vostro buen retiro, sarà bene pensarci su un attimo. Diciamo anche più di un attimo, almeno fino alla fine di questo secolo, ponendo maggiore attenzione agli ultimi 25 anni del periodo.

 

Ecco qua, da Nature Climate Change:

 

Projected increase in tropical cyclones near Hawaii

 

E da Science Daily, che ha ripreso il comunicato stampa dell’università delle Hawaii, da cui appunto provengono i ricercatori che firmano l’articolo:

 

More Hurricanes for Hawaii?

 

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Il livello del mare cresce molto più del previsto, ma anche molto meno del previsto: per cause prevalentemente naturali, però!

Nel recente passato ho avuto modo di esporre (qui e qui CM), alcune considerazioni relative ad articoli che si occupano del livello del mare e, in particolare, delle variazioni della velocità di aumento del livello del mare. Dal confronto delle varie pubblicazioni si può facilmente capire che la questione della velocità di variazione del livello del mare è piuttosto controversa: se da un lato molti autori sono propensi a scommettere su un forte aumento della velocità di variazione del livello del mare nei prossimi decenni, altri sono piuttosto scettici e propendono per un aumento del livello del mare piuttosto modesto. Le due linee di pensiero si rifanno, in linea di massima, a due modi differenti di stimare le variazioni del livello del mare: da una parte troviamo i fautori della modellazione semi-empirica, dall’altra i fautori dei modelli globali che stimano l’evoluzione dei fattori fisici che contribuiscono alla variazione del livello del mare nel futuro.

 

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