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A CRITICAL ASSESSMENT OF EXTREME EVENTS TRENDS IN TIMES OF GLOBAL WARMING – Breve cronistoria della vita travagliata dell’articolo e della sua retraction

di Gianluca Alimonti e Luigi Mariani

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Come coautori dell’articolo: Alimonti G., Mariani L., Prodi F. e Ricci R.A., 2022. A critical assessment of extreme events trends in times of global warming, Eur. Phys. J. Plus, (2022) 137:112, https://doi.org/10.1140/epjp/s13360-021-02243-9 riteniamo che possa essere interessante per i lettori  la descrizione della nostra esperienza, conclusasi con una a nostro avviso ingiustificata retraction dell’articolo stesso, che è liberamente accessibile al sito https://link.springer.com/article/10.1140/epjp/s13360-021-02243-9). Per essere il più possibile concisi svilupperemo la cronistoria e le nostre argomentazioni accessorie per punti.

Cronistoria della vicenda

  1. 30 Settembre 2022: dopo circa nove mesi dalla pubblicazione del nostro articolo sulla rivista scientifica internazionale EPJ Plus (European Physical Journal – Plus), avvenuta dopo aver superato un regolare processo di peer review, nel settembre 2022 l’articolo stesso è stato posto “sotto contestazione” (con un messaggio di cautela per i lettori riportato nel sito web di EPJ-Plus), sulla base di opinioni personali espresse da alcuni scienziati a un giornalista del quotidiano The Guardian – https://www.theguardian.com/environment/2022/sep/22/sky-and-the-australian-find-no-evidence-of-a-climate-emergency-they-werent-looking-hard-enough (il che costituisce un procedimento alquanto anomalo in ambito scientifico)

2) 5 Ottobre 2022: concordiamo con l’editor dell’EPJ-P che l’articolo originale non sia inviato a nuovi revisori e che invece (a) sarà richiesto un articolo scientifico di riferimento (RSA) agli scienziati che sul Guardian hanno criticato il nostro articolo originale (b) e che noi autori avremo modo di rispondere alle obiezioni contenute nella RSA dopo che questa sarà stata sottoposta a peer review.

3) 17 Novembre 2022: a fronte della mancata ricezione della RSA (in sostanza gli scienziati che sul Guardian hanno criticato il nostro articolo con toni ingiuriosi hanno nascosto la mano dopo aver lanciato il sasso) ci viene richiesto di scrivere un Erratum in quanto a parere dell’editor di EPJ Plus alcune delle affermazioni presenti nel nostro articolo sarebbero in disaccordo con il recente rapporto IPCC AR6 (procedura scientifica a nostro avviso non del tutto corretta)

4) 14 Dicembre 2022: entro le scadenza stabilita dall’editor consegniamo un Addendum adeguatamente referenziato e dettagliato (abbiamo optato per l’Addendum ritenendo la richiesta di Erratum infondata, in quanto nessuno ha posto in evidenza errori nel nostro articolo ed inoltre il report IPCC AR6, che non era ancora stato diffuso, non risultava citabile come riferimento bibliografico nel momento in cui nostro articolo è stato pubblicato). In tale Addendum dimostriamo il nostro sostanziale accordo con le tesi espresse in IPCC AR6 (pur non essendo mai giunta la RSA concordata, abbiamo mantenuto un atteggiamento scientificamente corretto)

5) Marzo 2023: per valutare il nostro Addendum vengono coinvolti due revisori che esprimono giudizi del tutto opposti: uno suggerisce di accettarlo con piccole revisioni, l’altro suggerisce di non pubblicare l’Addendum sulla base di convinzioni personali e a nostro avviso scientificamente non fondate.

6) Considerando anche il revisore dell’articolo originale, due revisori su tre (ma il Prof. Pielke nella sua ricostruzione della vicenda effettuata sulla base di notizie ricevute da un wistleblower interno alla casa editrice – si vedano i link in calce alla presente – parla di quattro revisori su cinque…) hanno espresso una valutazione positiva. Nonostante ciò e nonostante il fatto che si fosse originariamente concordato che non vi sarebbero state ulteriori revisioni dell’articolo originale, l’editor della rivista ritiene a questo punto di dover coinvolgere un ulteriore revisore (il cosiddetto adjudicator) che con un’analisi a nostro avviso molto debole e parziale del nostro articolo originale raccomanda sia di non pubblicare l’Addendum sia di procedere alla retraction dell’articolo originale.

8) 13 Luglio 2023: sulla base della valutazione dell’adjudicator che, come sta scritto nella sua relazione, “non era stato invitato a commentare l’elaborato originale” (“excusatio non petita, accusatio manifesta” verrebbe spontaneo dire…) l’Editor ci comunica per iscritto che, dopo approfondita consultazione con il publisher, l’Addendum non sarà pubblicato e l’articolo originale sarà ritirato (retracted) (e qui ci si domanda che titolo avesse il publisher per entrare in questo processo decisionale)

9) 23 agosto 2023: sul sito di EPJ plus che ospita (e continuerà ad ospitare) l’articolo, viene pubblicata la seguente nota di retraction (https://link.springer.com/article/10.1140/epjp/s13360-023-04386-3): “The Editors-in-Chief have retracted this article. Concerns were raised regarding the selection of the data, the analysis and the resulting conclusions of the article. The authors were invited to submit an addendum to the article, but post publication review of the concerns with the article and the submitted addendum concluded that the addendum was not suitable for publication and that the conclusions of the article were not supported by available evidence or data provided by the authors. In light of these concerns and based on the outcome of the post publication review, the Editors-in-Chief no longer have confidence in the results and conclusions reported in this article.

The authors disagree with this retraction.”.

Commenti alla nota di retraction

Con riferimento al brano della nota di retraction: “Concerns were raised regarding the selection of the data, the analysis and the resulting conclusions of the article” si riporta qui di seguito l’abstract dell’articolo originale, invitando i lettori a leggerlo per intero per avere una visione il più possibile oggettiva della questione:

This article reviews recent bibliography on time series of some extreme weather events and related response indicators in order to understand whether an increase in intensity and/or frequency is detectable. The most robust global changes in climate extremes are found in yearly values of heatwaves (number of days, maximum duration and cumulated heat), while global trends in heatwave intensity are not significant. Daily precipitation intensity and extreme precipitation frequency are stationary in the main part of the weather stations. Trend analysis of the time series of tropical cyclones show a substantial temporal invariance and the same is true for tornadoes in the USA. At the same time, the impact of warming on surface wind speed remains unclear. The analysis is then extended to some global response indicators of extreme meteorological events, namely natural disasters, floods, droughts, ecosystem productivity and yields of the four main crops (maize, rice, soybean and wheat). None of these response indicators show a clear positive trend of extreme events.

Si noti che le nostre conclusioni sono in perfetto accordo con quanto emerge dalla Tab 12.12 di IPCC AR6 (in allegato) che riassume le variazioni significative a livello di eventi estremi osservabili oggi o che, secondo le previsioni IPCC, si renderanno osservabili nel prossimo futuro (da qui al 2050 e fra il 2050 ed il 2100) in coincidenza di uno scenario molto drastico e ritenuto oggi poco realistico, l’RCP 8.5.

Tabella – Emersione di CID (Climatic Impact Drivers) in diversi periodi di tempo. Il colore, la cui spiegazione è riportata in legenda) indica la confidenza osservata nella regione a confidenza più elevata (da tabella 12.12 di IPCC AR6 – integrata dagli autori).

Si noti anche che le analisi contenute nel nostro articolo concordano appieno con quelle dell’IPCC. Il nostro articolo potrà forse essere criticato perché non si è detto nulla di nuovo rispetto al report IPCC (che tuttavia, lo sottolineiamo, è uscito dopo) ma mai e poi mai avrebbe dovuto essere ritirato in base a preoccupazioni riguardanti la selezione dei dati e l’analisi, altrimenti lo stesso rapporto IPCC AR6 sarebbe meritevole di ritiro!

 Il tema della crisi climatica

Ad una critica più ragionevole potrebbe prestarsi la parte finale dell’abstract, ove si afferma: ”In conclusion on the basis of observational data, the climate crisis that, according to many sources, we are experiencing today, is not evident yet. It would be nevertheless extremely important to define mitigation and adaptation strategies that take into account current trends”.  Anche se supportata da tutte le osservazioni riportate nell’articolo originale (non solo sugli eventi estremi, ma anche sui disastri naturali e sui danni economici normalizzati che non aumentano, sulla produzione alimentare in costante crescita e sulla mortalità legata al clima che è in forte diminuzione), questa conclusione esprime un’opinione personale, come ulteriormente chiarito nell’Addendum, ed in tal senso dovrebbe essere letta e commentata.

In ogni caso un argomento di questo tipo non può a nostro avviso essere motivo di retraction di un articolo scientifico già pubblicato. Se è infatti vero che non abbiamo costruito una metrica scientifica per dimostrare che la crisi climatica non è ancora evidente, allo stesso modo non esiste a tutt’oggi una metrica in grado di confermare che la crisi è in atto, se non sul piano sociologico (crisi climatica come espressione di uno dei tanti miti a sfondo millenaristico di cui è costellata la storia umana), mediatico o politico ed è a tale accezione che si fa riferimento nell’articolo. A ciò si aggiunga che l’IPCC in AR6 parla di “crisi climatica” una sola volta definendola come un termine giornalistico[1].

Considerazioni accessorie

– La rivista EPJ-Plus ha sempre pubblicato articoli relativi al clima in quanto sistema fisico, tant’è che vero che Franco Prodi, coautore dell’articolo in questione, fu in passato editor della rivista. Pertanto l’argomento utilizzato dagli scienziati intervistati dal Guardian secondo cui avremmo pubblicato su una rivista non climatologica per sfuggire a un referaggio serio non ha alcun fondamento.

– Gli Editor attuali di EPJ-Plus non ci hanno mai accusati di aver frodato, plagiato i lavori di altri autori o inventato/manipolato dati o immagini, il che di norma è alla base dei casi di retraction. La nostra personale interpretazione è allora che si sia purtroppo aperto il vaso di Pandora di una “realtà scomoda”, posta in evidenza a partire da dati osservativi provenienti da banche dati internazionali (FAO, CRED) e da una bibliografia tutt’altro che eretica (è la stessa che usa IPCC). In base a tale analisi siamo anche giunti ad esprimere un’opinione (che la crisi climatica non sia ad oggi evidente), che come ogni opinione è ovviamente discutibile

– Alla nostra opinione sulla non evidenza della crisi climatica siamo stati in sostanza “impiccati”, nel senso che ci è stato chiesto dapprima un Addendum (inizialmente ci era stato chiesto un Erratum) in cui confermassimo la nostra ortodossia rispetto alle tesi IPCC in fatto di eventi estremi, cosa che abbiamo regolarmente prodotto, e poi dicendoci che l’Addendum da noi redatto non era sufficiente, il che ha giustificato anche la retraction dell’articolo originale (in altri termini si sono presi “due piccioni con una fava”)

– Circa la frequenza dei disastri naturali ed la mortalità ad essi legata, segnaliamo il recentissimo articolo Alimonti e Mariani, 2023. “Is the number of global natural disasters increasing?”, uscito il 7 agosto sulla rivista scientifica Environmental Hazards (htps://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17477891.2023.2239807).

– Segnaliamo infine che l’articolo ha avuto una visibilità altissima per i nostri standard (ad oggi 107 mila scarichi, 3702 citazioni su twitter, 72 citazioni su blog e 23 su web of science) ed ha dunque risposto appieno al fine scientifico-culturale per cui era stato scritto.

Conclusioni

In conclusione osserviamo che la morale della vicenda si trova nel finale de “Il lupo e l’agnello”, celebre fiaba di Fedro: “Lupus et agnus ad eundem rivum venerant… superior stabat lupus, longeque inferior agnus.… Atque ita correptum lacerat iniusta nece. Haec propter illos scripta est homines fabula qui fictis causis innocentes opprimunt.

Maggiori informazioni, l’Addendum inedito e le relazioni dei revisori sono consultabili qui:

https://rogerpielkejr.substack.com/p/think-of-the-implications-of-publishing

https://rogerpielkejr.substack.com/p/the-alimonti-addendum

Un resoconto della vicenda a firma di Sergio Pinna è disponibile qui:

https://sergiopinna-clima.jimdofree.com/articoli/l-inquisizione-del-clima/

[1] Così recita IPCC AR6 in fatto di crisi climatica: ” Also, some media outlets have recently adopted and promoted terms and phrases stronger than the more neutral ‘climate change’ and ‘global warming’, including ‘climate crisis’, ‘global heating’, and ‘climate emergency’. Google searches on those terms, and on ‘climate action’, increased 20-fold in 2019, when large social movements such as School Strikes for Climate gained worldwide attention” [p. 173].”

 

 

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Published inAttualità

21 Comments

  1. vito ronco

    signor Luigi, potrebbe chiarire ulteriormente la sua posizione sul cosiddetto “cambiamento climatico” come ha già parzialmente fatto in uno dei commenti? ho trovato la cosa molto interessante, pensando che lei rifiutasse del tutto l’AGW. sarebbe ancor più interessante leggere una disamina in stile divulgativo degli argomenti pro e contro, con un intervallo di confidenza per ciascuno. così si farebbe davvero comunicazione di qualità. grazie

  2. Nicola

    Bisogna sempre riferirsi a un passato ideale,in cui non c’erano eventi estremi,in modo tale che basti togliere un 10-15%
    di anidride carbonica per azzerare alluvioni e carestie. Che invece nel passato c’erano,eccome se c’erano.
    Però molte persone hanno bisogno di credere di poter controllare tutto,e allora ecco che si alimenta il sogno di un mondo con meno inquinamento,e climalterazione,in cui come per magia spariranno le disgrazie. Le persone hanno bisogno di speranza,e chi gliela toglie viene guardato male.
    Poi certo,ci sono anche interessi economici,e in ogni caso un mondo meno inquinato sarebbe auspicabile,ci mancherebbe. Ma è patetico affermare che nel passato non c’erano tornado,carestie,alluvioni e cosi via,e ritirare dalle pubblicazioni uno studio serio,continuando a incensare,e pagare,i sedicenti esperti che negano i tragici eventi dei secoli passati.

  3. Michele

    Cos’altro manca al prossimo passo?
    a) Telefonate anonime? Con silenzio o respiro ansimante all’altro capo !
    b) Descrizione di scene di vita personali come avvertimento (ma come, lei che accompagna la sua bambina tutte le mattine di lun,mer,ven alle 8.45 alla Scuola tranne il martedì quando invece è sua moglie con l’auto ZZ 125 WW. Tra l’altro un DIESEL !!!?
    c) Testa di cavallo mozzata davanti l’abitazione….

    Boh.

  4. Luigi Mariani

    Gentile Andrea D.,
    l’articolo di Patrick T. Brown è esemplare per livello di realismo nella descrizione dello stato delle cose. Di tale articolo (di cui invito chi può a leggere l’originale al sito da lei indicato) è uscita un’ottima analisi in italiano a firma di Stefano Magni su NBQ: https://lanuovabq.it/it/nella-ricerca-sul-clima-solo-il-catastrofismo-e-premiato
    Dobbiamo tutti riflettere su quanto scritto da Brown, il quale fra l’altro racconta di aver ha fatto hara-kiri, uscendo dal mondo accademico perché non ne sopportava le pressioni tese a distorcere la ricerca adeguandola ai desiderata degli editor che poi si traduce in “catastrofismo a piene mani senza offrire alcuna soluzione concreta in ermini di adattamento”.
    E qui segnalo il seguente brano (tradotto da me): “In un recente articolo pubblicato su Nature gli autori hanno calcolato che i due maggiori impatti dei cambiamenti climatici sulla società sono la mortalità legata al caldo estremo e ai danni all’agricoltura. Gli autori però si sono però ben guardati dal dire che il cambiamento climatico non è il principale responsabile dei trend di nessuno di questi impatti: le morti legate al caldo sono in calo e i raccolti sono in aumento da decenni nonostante il cambiamento climatico. Riconoscere queste semplici realtà significa evidenziare che il mondo ha avuto successo in alcune aree nonostante il cambiamento climatico, il che minerebbe l’idea di puntare tutto sulla riduzione delle emissioni”.
    Questo brano illustra in modo efficacissimo come avremmo dovuto confezionare il nostro articolo per proteggerlo da qualunque tentativo di retraction… che poi son le cose scritte da Sergio Pinna e richiamate da lei nel suo interessante commento del quale la ringrazio.

    • Andrea D

      Peraltro, leggendo la relazione di Roger Pielke Jr. , mi colpisce di come un “personaggio” abbia fatto attacchi personali verso un autore in particolare, e facendolo con uno stile da bullo ripetente di scuole medie.
      Quello stesso “personaggio”, produttore di un fin troppo famoso grafico, oggetto di una lunga causa e che pure l’IPCC ha finito per rejettare.

      Per non parlare della coerenza (?) tra spiegazione e conclusione da parte del “revisore 1”, come indicato da Pielke, invitante al ritiro del paper.

      Non aggiungo altro -da abruzzese trapiantato-, se non un “ché ttèmp’ “, ma anche una esortazione a non fermarsi, per quanto intuisco di come ci si possa sentire in questo frangente.

      Che poi il paper acquisterà pure ulteriore visibilità anche per causa proprio di questo vespaio, anche se -come ovvio- il “nel bene o nel male purché se ne parli” non era di certo l’obbiettivo originale della sua pubblicazione.

    • Giorgio

      Gli scienziati dovrebbero fare voto di castità, povertà e DISobbedienza. Oddio, sul secondo in molti casi ci siamo già. In ogni caso mancano sì gli Enrico Fermi, ma anche gli Epicarmo Corbino.

  5. A. de Orleans-B.

    Don’t get mad, get even.

    A mio parere questa retrazione di un articolo scientifico riveste un interesse generale per la particolare sequenza degli eventi e delle procedure seguite – mi ricorda quello che alcuni americani chiamano “a Bellarmine warning” (vedi: https://inters.org/copernicanism-bellarmine-foscarini).

    I motivi e le procedure afferenti una retrazione, almeno secondo le linee guida pubblicate dalla COPE – Committee on Publication Ethics (vedi: https://publicationethics.org/sites/default/files/retraction-guidelines-cope.pdf), non sembrano riscontrabili in questo caso – ognuno potrà agevolmente giudicarlo da solo – e non risultano corrispondentemente spiegati nella Retraction Note.

    L ‘interesse generale, in questo caso, riguarda la utilizzabilità delle nuove conoscenze offerte dagli autori nel loro articolo.

    La qualifica di “retracted” svaluta questa utilizzabilità, ma se questa retrazione non fosse avvenuta secondo gli stessi criteri di integrità applicati nel sistema delle pubblicazioni scientifiche, saremmo in presenza di un evento che avrebbe indebitamente ridotto, invece di aumentarlo, il valore della conoscenza scientifica acquisita – ed è di interesse generale che questo non avvenga.

    Confesso che, se fosse successo a me, mi rivolgerei alla COPE e, nell’interese della trasparenza scientifica, chiederei a loro, nel rispetto delle linee guida da loro pubblicate, un audit sui motivi e sulle procedure che hanno giustificato questa retrazione .

    E non mi fermerei qui, perché il sistema giuridico tedesco – foro applicabile all’editore – è particolarmente sensibile agli eventuali danni di reputazione subiti dagli autori nel caso di censure o critiche ingiustificate all’integrità del loro operato – la sola menzione di una simile tutela incentiverebbe un’auspicabile diligenza dell’editore nel riesaminare una retrazione che, almeno dal basso della mia ignoranza, appare alquanto affrettata.

    • Luigi Mariani

      Gentile Alvaro,
      grazie di cuore perle riflessioni, davvero molto interessanti.
      Da tempo come autori stiamo riflettendo sull’idea di rivolgerci al COPE ma persiste in noi un dubbio sulla sua reale terzietà, essendo esso espressione delle case editrici. Non vorremmo pertanto ricevere una pilatesca riproduzione della nota di retraction, il che andrebbe a rafforzare la base della decisione degli Editor di EPJ plus che riteniamo ingiusta e lesiva.
      Questo anche perché è sempre aperta l’idea di adire alle vie legali, anche se la cosa, ti confesso, mi inquieta un poco…
      Per ampliare l’angolo di visuale richiamo lo scritto di Brown citato anche più in basso da Andrea D. (Brown si pone fra l’altro il problema del danno alla collettività derivante dalla minor conoscenza scientifica acquisita a seguito di un editoriale monocorde e che in sostanza limita la libertà di espressione degli autori).

  6. Benedetto Rocchi

    Pubblicando su riviste scientifiche, anche se in un altro campo, non sono stupito della vicenda anche se, per come è andata, è veramente vergognosa. Sono d’accordo che dovreste provare a chiedete la ripubblicazione altrove, possibilmente con breve commento che sintetizza la vicenda e mostra che l’articolo ha raggiunto le stesse conclusioni del rapporto IPCC prima della sua uscita

    • Luigi Mariani

      Gentile Benedetto,
      grazie per quanto ha scritto. Terremo sicuramente conto dei suoi consigli che mi paiono saggi. Preciso che devo ancora discutere a fondo con gli altri tre autori in merito al futuro del nostro impegno in un settore che trovo sempre più ideologizzato. In particolare vorrei evitare di esaurire il mio impegno in battaglie contro i mulini a vento….
      Luigi

  7. Carlo Riparbelli

    Ciao Luigi alcune premesse
    Non ho ancora letto l’articolo
    Sono un convinto sostenitore del cambiamento climatico in atto
    Non ho le idee chiare sull’ effettivo incremento dei fenomeni estremi qui il giornalismo per lo più spazzatura ci sguazza
    Detto questo invito tutti a prendere coscienza che se non ti esprimi in accordo con il pensiero dominante sei oscurato dal main stream.
    Due esempi:
    1 effetti avversi della vaccinazione anti Covid
    2 guerra Russia Ucraina.
    P.S. non accetto commenti del tipo: qui si parla solo di clima e meteorologia.
    Apriamo gli occhi e rendiamoci conto di come i media stanno facendo il lavaggio del cervello ai cittadini cancellando il pensiero critico!

    • Luigi Mariani

      Caro Carlo,
      con riferimento al tuo incipit (Sono un convinto sostenitore del cambiamento climatico in atto) ci tengo a sottolineare che sono pienamente d’accordo. Più in particolare penso che:
      (a) dal 1850 a oggi le temperature di superficie del nostro pianeta sono aumentate di circa 1°C, con incrementi più rilevanti sulle terre e più contenuti sugli oceani
      (b) la CO2 è un gas serra per cui applicando la legge di Stefan Boltzmannn risulta direttamente responsabile di un aumento ad oggi di 0,5°C che diverranno di 1.2°C al raddoppio della CO2 rispetto ai livelli pre-industriali, atteso fra a 70-80 anni
      (c) se si applicano i feed-back positivi e negativi (di Plank, da vapore acqueo, da nubi, da albedo planetario, ecc.) fra 70-80 anni dovrebbero trovaci di fronte a un aumento complessivo compreso fra 2,6 e 3,9 °C (ECS) (Shervood, et al 2020 – più volte citato in IPCC AR6).
      Sul punto (c) mi preme anche aggiungere che esso è oggi oggetto di un ampio dibattito nella comunità scientifica, che si sviluppa alla luce dell’elevatissima incertezza circa il peso del feedback da attribuire alle nubi (Stephens, 2005; Zelinka et al., 2022; Lindzen and Choi, 2022).
      Sugli altri aspetti che segnali preferirei parlarne a voce, sperando prima o poi di vederci.
      Grazie per il tuo commento.
      Luigi

  8. Massimo Lupicino

    Cari Luigi e Gianluca, dalla lettura del resoconto l’impressione (vedo condivisa) è che vi siate macchiati di un reato di opinione, uno psicoreato per dirla alla Orwell. Lo psicoreato richiede un esercizio postumo di abiura a cui avete deciso di non sottostare, mettendovi nel filone antico (e poco numeroso) di coloro che per amore della scienza non hanno rinunciato a difendere le proprie idee, frutto della propria ricerca, anche e soprattutto quando non popolari.

    Da profano mi permetto di farvi una domanda magari fuori luogo: avete intenzione di proporre lo stesso paper per la pubblicazione su altre riviste? Penso sia arrivato il momento di iniziare a intaccare il dominio di riviste che campano di rendita ma sono lontane ormai anni luce dagli ideali ai quali dicono ancora di ispirarsi. La collaborazione con riviste non schierate politicamente e non al servizio di agende economiche più o meno dichiarate è un passo ineludibile a questo punto, se non si vuole diventare “collaborazionisti” involontari di cause indifendibili quando non palesemente dannose per l’umanità.

    • Luigi Mariani

      Caro Massimo,
      certo, l’intenzione di pubblicare su altra rivista c’è e dobbiamo ancora discuterne fra gli autori.
      Non ti nascondo però l’impressione di star combattendo una battaglia contro giganteschi mulini a vento e che in questo modo stia esaurendo la mia creatività scientifica (limitata anche per problemi d’età) senza alcun risultato concreto e senza lasciare eredi (i “mulini a vento” tengono i cordoni della borsa, il che non va mai dimenticato….).
      L’articolo di Patrick Brown in tal senso è esemplare per chiarezza di visione dello stato delle cose.

  9. rocco

    abbiamo a che fare con una religione, purtroppo.
    la scienza non esiste più, almeno in ambito climatico.
    La climatologia, di per se, è una pseudoscienza per definizione, trattando un tema, il clima, che non esiste se non nelle aspettative umane.
    E’ lapalissiano che il tema clima ha come solo ed unico risulatato quello di creare nuovi mercati e il tema ambiente altro non è che uno specchietto per le allodole al fine di spostare ingenti quantitativi di danaro dai servizi pubblici (scuola, sanita….) verso nuove lobby sostenute da parti politiche ben riconosibili.
    Il clima, o meglio, i climi sono sempre cambiati e mai è esistito un clima, o meglio, climi stabili.
    I nuovi sacerdoti di questa sconcertante e antiscientifica religione, purtroppo, sono gli scienziati stessi, i quali hanno tutto da guadagnare dell’insinuare un futuro distopico per poi proporre subito dopo soluzioni solo apparentemente salvifiche.
    L’ambiente da tutelare è quello economico. Non altro.
    E domani, mangeremo carne artificiale con l’illusione di salvare il pianeta.
    Vomito!!!!

    • Mario

      L’sccostamento dell’immagine del vomito alla carne artificiale è quanto mai azzeccata. Ovviamente il vomito è per il business industriale che potrebbe presto aprirsi e per quello finanziario che si è già aperto da tempo. Quello che sconcerta è che nella fazione della “crisi climatica” siano inclusi illustri cattedratici e premi nobel (volutamente minuscolo),…chissà anche loro contagiati dalle sirene ammalianti del business o di qualche prestigiosa poltrona appagante i loro ego.

    • Luigi Mariani

      Confesso che la carne artificiale mi incuriosisce…
      OT a parte, non posso che concordare con lei sul fatto che “religione” (e aggiungerei “moda” e “luogo comune” alias “politically correct”) è concetto utile ad analizzare in modo razionale la questione. Sul tema del cambiamento climatico come “religione del XXI secolo” c’è peraltro un libro di Sergio Pinna che a suo tempo ho letto e che segnalo in questa sede (https://www.libreriauniversitaria.it/cambiamento-climatico-religione-xxi-secolo/libro/9788831352109).

  10. Fabio

    Per la prima volta sono preoccupato dall’utilizzo di IA nel ricavare informazioni affidabili su vari argomenti non propriamente divulgativi.
    Ho provato con diversi test su temi politici ed è difficile, soprattutto con Bard , riuscire a “farsi dire” qualcosa di diverso dal main stream.
    Qui un banale esempio dal vostro post:
    .
    https://g.co/bard/share/fd46c69ebaa9

  11. Franco Caracciolo

    “….on the basis of observational data, the climate crisis that, according to many sources, we are experiencing today, is not evident yet…..”
    Fosse per me avrei addirittura omesso lo yet finale.
    Che dire, viviamo tempi di nuova inquisizione e pertanto dobbiamo aspettarci il peggio possibile. Infatti la dichiarazione odierna di Guterres dell’ONU ci rende edotti del fatto che “…il collasso climatico è appena iniziato.”
    Mi varrebbe da dire: e allora a che titolo ci dobbiamo agitare?

  12. Andrea D

    Hohne vs. Tatemae.

    L’errore, alla fine, in accordo con quanto commenta il Pinna, è stato quello di essere stati troppo espliciti e “personali” nella conclusione dell’Abstract.

    Probabilmente l’articolo avrebbe fatto meno vespaio se al posto di un sincero punto di vista si fosse messa una conclusione PonzioPilatiana dosata di furbizia, una sottile retorica che fosse un dire-non-dire, un intreccio di “supercazzole prematurate con feedback, tanto le retroazioni ci sono e fanno sempre comodo”, o un “sì ,ma lungi da fatto che volevamo dire proprio così, potrebbe poteva sarebbe potuto essere che eh, sì, no,però,ma, certo, sia mai che ci fossimo posti dei dubbi, per quantoimperciocchè”.
    Dati e tabelle e fonti entrocontenute, manco saranno state lette..

    Coraggio, la dignità ha purtroppo il suo prezzo. L’importante è che l’articolo abbia avuto diffusione e continui a mostrare e dimostrare, retracted o no.

    Sono biasato? Certamente. Ma gli amplificatori (analogici) senza bias non funzionano.

    • Andrea D

      Aggiungo: magari seguendo i suoi suggerimenti…

      https://www.thefp.com/p/i-overhyped-climate-change-to-get-published

      ASolare ha pubblicato una versione ridotta che si capisce per metà causa traduttore maccheronico. Il link di cui sopra è il testo originale e completo pubblicato da Patrick T. Brown, autore della “marachella” voluta.

      Malus scientia diffunditur

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