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Mese: Marzo 2014

Pensiero globale e trascuratezza locale, la giornata mondiale delle giornate mondiali

La “Giornata Meteorologica Mondiale” (World Meteorological Day  – WMD) è celebrata in tutto il mondo, rappresentato nell’ONU il 23 marzo di ogni anno dal 1961. L’evento nasce per ricordare l’entrata in vigore, il 23 marzo del 1950, della Convenzione dell’Organizzazione meteorologica mondiale (World Meteorological Organization – WMO). La parola “mondiale” ricorda il periodo in cui l’organizzazione è stata realizzata, per dare un’idea di rinnovamento, vedrete che prima o poi diverrà la “giornata meteorologica globale”.

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Magnetismo solare e sviluppo tecnologico, un pericolo serio alla ricerca di un nome

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo retweet:

 

 

Si tratta del rilancio di una news della NASA, che ha concluso l’analisi di un’eruzione solare avvenuta nel luglio del 2012. Un CME (Coronal Mass Ejection) tra i più intensi mai misurati, anzi, probabilmente il più intenso da quando li si osserva in modo oggettivo, ovvero con strumentazione moderna. Se l’evento fosse avvenuto con 9 giorni di anticipo l’eruzione sarebbe stata rivolta direttamente verso la Terra.

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Il Polo Nord si scioglie e la colpa è solo… (parte seconda)

Ieri Riccardo Valente e Andrea Zamboni ci hanno accompagnato alla scoperta delle dinamiche accoppiate oceano-atmosfera che incidono maggiormente nell’evoluzione dell’estensione dei ghiacci artici. Oggi ci mostreranno come, secondo le loro ricerche, quelle dinamiche potrebbero avere un’origine ben precisa. Scommetto che la risposta non vi sorprenderà, ma anche che farà venire il mal di pancia a qualcuno!

 

Dopo aver appreso che l’estensione estiva della banchisa artica  discende  dalle caratteristiche e dall’entità dell’Arctic Dipole (DA), cercheremo di individuare i fenomeni da cui questo dipende.

A tale scopo partiamo facendo delle considerazioni a carattere prettamente intuitivo. Guardando al grafico che rappresenta l’evoluzione nel tempo del DA pattern (Fig. 8 del post precedente)  c’è una cosa che balza subito all’occhio: il mutamento più radicale della circolazione sul polo lo si è avuto a partire dal 2005-2006. Questo ci suggerisce che anche il fenomeno che regola il DA pattern (e dunque la circolazione sul polo) abbia subito un cambiamento consistente proprio a partire da quel periodo. Ora, tra tutti i (pochi) fenomeni in grado di forzare pesantemente la circolazione atmosferica a scala emisferica (e dunque anche polare), ce n’è uno in particolare ha subito un pesante stravolgimento nel periodo di riferimento: l’attività solare. Questo fattore potrebbe indurci a pensare che il principale attore in questa commedia sia il sole.  Vediamo ora se riusciamo a trovare delle prove in grado di supportare l’ipotesi dettata dall’intuizione.

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Il Polo Nord si scioglie e la colpa è solo…

Riccardo Valente e Andrea Zamboni, due dei quattro autori della ricerca sulla correlazione tra la circolazione atmosferica del mese di ottobre in area Euro-Asiatica e l’andamento dell’Oscillazione Artica nel trimestre invernale, mi hanno mandato uno studio molto interessante sulle dinamiche del ghiaccio marino artico. Il lavoro è piuttosto lungo, perciò l’ho diviso in due parti. Quella che segue è la prima, la seconda la pubblichiamo domani. Buona lettura.

 

E’ un dato di fatto, il nostro amato polo nord sta soffrendo molto in questi ultimi anni.  I ghiacciai Groenlandesi stanno perdendo pezzi, la banchisa artica estiva è ridotta ad un colabrodo e la colpa di tutto questo è solo nostra. Ce lo hanno detto in tutte le salse, ce lo hanno ripetuto in moltissime occasioni: il polo nord si scioglie ad una velocità impressionante e la colpa è solo ed esclusivamente del riscaldamento globale di origine antropica. Negli ultimi anni, dopo i proclami degli scienziati e le amplificazioni dei media,  sono addirittura intervenute le massime autorità per spiegarci questo facile concetto e metterci dunque  al corrente della delicata situazione. Quindi, ad oggi, non può esserci più alcun dubbio in merito alla questione.

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Quando ghiacciava il Tamigi, c’era di mezzo il Sole

Una suggestiva e neanche così vecchia immagine del Tamigi ghiacciato testimonia un evento che negli ultimi 150 anni e, più che mai nelle ultime decadi, è diventato piuttosto raro. Tra le cause probabilmente la costrizione degli argini che accelera il flusso delle acque e il traffico fluviale, ma, certamente, anche l’aumento delle temperature. Almeno fino alla fine del secolo scorso. Le ultime gelate, non a caso, sono arrivate negli anni ’50 e ’60, mentre durante la Piccola Età Glaciale (≈1450-1850) la frequenza degli eventi era decisamente superiore. Quello sotto è il grafico della serie storica più antica di cui si disponga, la Central England Temperature (CET).

HadCET_graph_ylybars_uptodate

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Le strane coincidenze solari

Sulle nostre pagine abbiamo parlato moltissime volte della relazione tra l’attività solare e le dinamiche climatiche. Un argomento controverso e molto dibattuto in ambito scientifico, in cui sussitono molte correlazioni ma poche o pochissime evidenze di relazione causale, cioè dove le ipotesi riescono a trovare una plausibile espressione fisica e matematica. In particolare, con riferimento alle pulsazioni dell’attività solare che modulano il flusso dei raggi cosmici diretti verso il pianeta, quel che manca è l’effetto amplificante, quella dinamica che può trasformare una causa relativamente piccola in un effetto ben più grande. Il discorso è simile a quello delle modifiche che l’aumento della concentrazione di CO2 starebbe imprimendo al sistema, dove il rapporto logaritmico e quindi decrescente negli effetti tra la quantità di anidride carbonica e il calore ritenuto dal pianeta, sarebbe amplificato da una serie di reazioni a catena divenendo assai più consistente.

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Pacifico equatoriale, possibile El Niño tra l’estate e l’autunno

Dal blog di Jeff Masters su Weather Underground arriva la segnalazione dell’ultimo ENSO update della NOAA. La novità è che dopo un lungo periodo di condizioni di neutralità per l’indice ENSO, pare si stiano generando le precondizioni per l’insorgere di un El Niño per la tarda estate/inizio dell’autunno di quest’anno. L’approccio a questa previsione è piuttosto interessante, perché si prende atto del fatto che praticamente tutti i modelli di previsione sono indirizzati verso una graduale tendenza al riscaldamento delle acque di superficie del Pacifico centrale e orientale, per deflusso delle acque calde accumulatesi sul bordo occidentale del bacino grazie alle persistenti condizioni di neutralità. La probabilità di innesco di un evento El Niño è fissata intorno al 50%. Qui sotto la previsione dell’IRI e, sotto ancora, la performance dei modelli negli ultimi due anni.

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L’arte di costruire “evidenze” sul riscaldamento globale antropogenico

Spesso sentiamo dire dagli adepti alla fede AGW che ci sono migliaia di articoli che sostengono l’ipotesi del riscaldamento climatico pilotato dalle attività umane, anche se a dire il vero ora le tre magiche lettere A.G.W. che hanno tenuto banco per tanti anni, stanno sparendo silenziosamente per dare spazio ad un generalissimo ‘climate change’ che, a ragion veduta, può significare tutto ed il contrario di tutto quindi è assai più ostico da smentire o invalidare; ma ciò non significa affatto che l’ipotesi AGW sia sparita, anzi, in pratica ora si sottintende che se esiste ed è vero il fenomeno del cambiamento climatico (ed esiste perché il clima cambia per sua natura da quando il pianeta si è formato!) allora è automaticamente vera anche la vecchia ipotesi AGW, così, per partito preso!

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So’ due etti e venti di clima Signò, che faccio lascio?

Da qualche giorno mi è presa così, scivolo sull’idioma. Abbiate pazienza, sono sicuro che la simpatica attitudine del salumiere di turno di abbondare in fase di taglio esiste ovunque, perciò, poco male. Ma, il clima a etti? Non necessariamente, anche chili o quintali se credete, purché sia a peso. Tranquilli, non sono ammattito, non più di quanto non lo fossi già ieri, anche se riconosco che questa non è una garanzia. Queste apparentemente sconclusionate riflessioni fanno parte di quanto mi è venuto in mente qualche giorno fa durante un giro di blog.

L’argomento è, tanto per cambiare, il clima che cambia o dovrebbe cambiare e noi che cerchiamo di riprodurne le evoluzioni. Lo strumento, si sa, sono i modelli climatici. Ora, quale sia il processo che si intende simulare, il modello perfetto è quello che contiene tutte le variabili in gioco e le loro relazioni. Non so quanti ne esistano di modelli del genere, di sicuro, per forza di cose, non ce ne sono tra quelli meteorologici e/o climatici. Mancano informazioni su parecchie variabili, infatti, e su parecchi processi. Anche per quelli tra questi per i quali si ha un buon livello di conoscenza e dati sufficienti, se hanno dinamiche che occupano una scala spaziale inferiore alla risoluzione del modello, si rendono necessarie delle operazioni di aggiustamento tecnicamente definite tuning. Il termine, pur rozzo, è però molto azzeccato, perché di fatto si tratta di virtuali manopole che vengono girate un po’ di qua e un po’ di la’ finche non si raggiunge un equilibrio soddisfacente, cioè finché il modello non riproduce con efficacia il termine di riferimento del sistema o della sua parte oggetto di simulazione.

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Terremoto dell’Aquila del 2009, la dicussione continua

Sia nella fase istruttoria che, ancora di più ovviamente con l’arrivo della sentenza, vuoi o non vuoi anche sulle nostre pagine si era sviluppata una…

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