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Mese: Agosto 2013

Radon relata refero

Il post di oggi è per me fuori tema, però ci è capitato di affrontare lo stesso argomento in molte altre occasioni, perciò penso che quanto segue possa essere di interesse per i nostri lettori. Si tratta del terremoto dell’Aquila dell’aprile 2009. Nei giorni scorsi è circolata (Repubblica e Corriere, per esempio) la notizia che un team di ricercatori dell’INGV ha pubblicato su Environmental Earth Sciences i risultati di uno studio effettuato sulle variazioni della concentrazione di radon nel mese precedente il sisma del 4 aprile.

 
Observations and box model analysis of radon-222 in the atmospheric surface layer at L’Aquila, Italy: March 2009 case study

 

L’articolo rende conto di un’analisi eseguita sia su dati simulati, ovvero con l’impiego di un modello messo a punto e validato con osservazioni risalenti al biennio 2004-2006, sia su osservazioni vere e proprie effettuate nel marzo del 2009. In entrambi i casi, contrariamente a quanto annunciato nei mesi dello sciame sismico culminato con l’evento distruttivo del 4 aprile, non è stata riscontrata alcuna significativa variazione positiva della concentrazione di radon al livello atmosferico superficiale, anzi, in realtà nelle osservazioni è stata riscontrata una diminuzione del 30% della concentrazione di radon, mentre nelle simulazioni la diminuzione si è fermata al 17%, conformando comunque l’approccio simulato a quello reale.

 

 

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C’è del marcio in Danimarca

Ma che curiosa analogia! La citazione originale dall’Amleto di Shakespeare recita così: “Something is rotten in the state of Denmark”. L’autore all’epoca si riferiva a fatti politici del Regno di Danimarca, ovviamente, ma l’uso del termine “rotten” coincide con l’aggettivo con cui negli ultimi anni è stato definito il ghiaccio artico. Letteralmente si dovrebbe tradurre con “marcio”, che nella fattispecie del ghiaccio indica instabilità piuttosto che compattezza e quindi indebolimento con grande predisposizione allo scioglimento. Ma possiamo andare oltre con il maltrattamento della citazione di Shakespeare. In Danimarca pare ci sia anche del marcio tra quanti si occupano di studiare le dinamiche del ghiaccio stesso. Il rappresentante generico medio del mainstream scientifico, convinto che il ghiaccio marino del Polo Nord sia ormai in una spirale di morte e che questo sia in larga misura da attribuire al contributo antropico alle dinamiche del clima, non esiterebbe a definire rotten quello che abbiamo scovato. Ancora una volta però il marcio si annida in ambienti istituzionali, addirittura nel DMI, il Danish Meteorological Institute, al quale vada come vada, è davvero difficile attribuire un conflitto di interessi con le multinazionali del petrolio.

 

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Sud est asiatico, un clima assetato di certezze

All’inizio della settimana scorsa, partendo da uno spunto piuttosto casuale, siano tornati a parlare del rischio che si corre basando le policy su ipotesi non verificate che quando queste ultime si rivelano errate. Nei prossimi mesi con una cadenza che sarà attentamente studiata in termini di efficacia della comunicazione, saranno pubblicate le varie parti del nuovo report dell’IPCC, il quinto. E’ qualcosa che abbiamo già visto, molti ricorderanno infatti che nel 2007 sono usciti via via i summary for policy makers delle tre parti del 4AR e poi è uscito il report per intero.

 

Sebbene quelli che contano siano gli approfondimenti scientifici contenuti nel corpo del volume, è chiaro che la maggior parte degli interessati leggeranno soprattutto, ove non esclusivamente i sommari per i decisori, quelli con i numeri più significativi e con le immagini più esplicative. Per esempio come i numeri e le immagini che nel 4AR furono dedicate alla trattazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sui ghiacciai dell’Himalaya, dati per defunti nel 2035 e successivamente resuscitati almeno fino al 2350 in quella che si è rivelata essere una dei più terribili passi falsi in cui si è imbattuto il panel ONU per i cambiamenti climatici. Ad uno scioglimento repentino dei ghiacci dell’Himalaya, si associavano infatti vari presagi di sventura per le popolazioni dell’area la cui disponibilità idrica è strettamente legata proprio alle dinamiche dei ghiacciai. Da notare, inoltre, che le proiezioni dell’IPCC andavano nella direzione di una drastica riduzione della portata dei fiumi successiva allo scioglimento pur in un contesto generale di tendenza all’aumento delle precipitazioni. Di per se questo già introduceva all’epoca qualche dubbio circa l’affidabilità di queste proiezioni, sebbene il tutto sia stato poi sovrastato dalla querelle sorta intorno all’errore più marchiano, appunto quello relativo al periodo in cui tutto ciò sarebbe dovuto accadere.

 

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Pensieri (e azioni) razionali

I miei normalmente non appartengono alla categoria. Lo stesso non posso dire dei numerosi commenti dei lettori che partecipano alle nostre discussioni, specie quando attraverso la leva del dibattito climatico, arriviamo a parlare di argomenti più ampi e di più facile accesso per il sentire comune, opinioni cioè per le quali non è necessario avere una preparazione tecnica, ma bastano occhi per vedere e buon senso.

 

Appunto il buon senso con cui Morgan Brazilian e Roger Pielke jr affrontano un argomento decisamente topico in un articolo uscito fresco fresco su Science & Tecnology:

 

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Diritto di replica e tanta pazienza

Qualche giorno fa abbiamo discusso dello ‘scambio di battute’ avvenuto su WUWT tra Nicola Scafetta e Willis Eschenbach. I nostri lettori hanno fatto i loro commenti ed espresso le loro opinioni. Ora, com’è giusto che sia, Nicola dice la propria riguardo i contenuti dello scambio e noi lo ospitiamo più che volentieri. Per chi volesse, qui c’è la versione in inglese del testo che segue.

gg

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Su climatemonitor c’e’ stata una interessante discussione “Il click della domenica“.

Guido ha voluto affrontare un tema importante, cioe’ la critica che Willis Eschenbach ha fatto al mio lavoro su WUWT. La critica poggia su due punti principali:

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Dannato climate change, anche un treno rispedito…al mittente!

Qualche tempo fa su ClimateMonitor si discuteva di previsioni climatiche e del loro impatto sulle policy facendo distinzione tra breve, medio e lungo termine. Direi che questa distinzione è diventata ancora più importante visto che, abbandonata l’iniziale superficialità dei modelli climatici che ci vedevano andare arrosto “monotonicamente” (“farà sempre più caldo, anno dopo anno, stagione per stagione“) e con omogeneità geografica (“farà più caldo dappertutto, dai poli all’equatore“), ci siamo resi conto che:

 

  1. il riscaldamento si è fermato da più di un decennio, evidentemente a causa della sovrapposizione di vari fenomeni soggetti a ciclicità;
  2. mentre in certi posti fa più caldo, in altri fa più freddo, con ampie variazioni stagionali.

 

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Il cadmio è rinnovabile?

Questo potrebbe essere un gol facile, ma non intendo segnarlo. Leggo da Meteoweb: Quando le fonti rinnovabili uccidono più di quelle tradizionali: 26 morti avvelenati dal cadmio in Cina. Si tratta di un classico esempio di danni provocati da processi produttivi, che punta per l’ennesima volta i riflettori sulla scarsa attenzione all’ambiente che li caratterizza. Nella fattispecie sembra che si parli di cadmio, sostanza tossica altamente pericolosa. Non che ci sia bisogno di andare fino in Cina per accorgersene, le cronache anche recenti di casa nostra lo testimoniano ampiamente. Ma non è questo il punto, che inoltre innescherebbe una discussione infinita oltretutto ben fuori dalle nostre solite discussioni.

 

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