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Mese: Giugno 2013

Il giorno del giudizio, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

The day of reckoning, così Roy Spencer ha definito quello che mostra nel suo ultimo post. Calamità naturali in arrivo in ordine sparso? Disfacimento climatico diffuso e inarrestabile? Niente di tutto questo, “solo” l’ennesima, inequivocabile, chiarissima comparazione tra quello che l’ stato dell’arte della scienza del clima si aspettava dovesse accadere negli ultimi anni e quello che invece è successo.

 

Sicché il giudizio non è per noi poveri mortali in balia delle bizze del tempo e del clima e per di più cocciutamente convinti che questo non sia sul punto di disfarsi, quanto piuttosto per quanti questa convinzione continuano a coltivarla nonostante le evidenze.

 

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vorrei trovare / parole nuove ma piove piove (Piove ‘Ciao Ciao Bambina’- Domenico Modugno 1959)

Il maggio più freddo dal 1991” titola il “Corriere della Sera” cercando di far notizia. Notizia che non dovrebbe esserci visto che ormai anche alle elementari si dice che il clima si calcola su almeno 30 anni. Si prevedeva che le precipitazioni per il “global warming” dovevano aumentare d’intensità e diminuire nei valori cumulati, tropicalizzazione e desertificazione erano i termini giornalistici per descrivere i due fenomeni. Ora che invece sono aumentate le cumulate, la colpa non è più del “global warming” ma del “climate change”?

 

Per chiarezza diciamo che a livello di cambiamento climatico globale la rara primavera di quest’anno non significa nulla come non avrebbero dovuto significar nulla le ondate di calore dello scorso anno. Ma ormai l’informazione è un prodotto, e allora sotto con la prossima catastrofe per richiamare il lettore. La prossima è “Europa sott’acqua”,  il Danubio rischia di esondare catastroficamente a causa di una primavera pazza. Molti penseranno: certo che la concentrazione di CO2 a 400 ppm ne sta creando di problemi, come saranno stati belli i periodi in cui l’industrializzazione non aveva rovinato il clima, periodi in cui la frequenza di tali fenomeni era minore dell’attuale.

 

Ma sarà proprio così? nel rispetto di quanti stanno subendo la tragicità degli eventi di questi giorni, vale forse la pena cercare di capire se questi sono effettivamente ascrivibili a “fatti nuovi” o piuttosto se siano evenienze con cui purtroppo si è in alcuni casi destinati a convivere. Sulla rivista History of Meteorology è stato pubblicato nel 2005 un articolo molto interessante dal titolo:

 

The Danube Floods and Their Human Response and Perception – (14th to 17th C)

 

Il pezzo, ponendosi l’obbiettivo di indagare proprio il carattere, la frequenza di occorrenza e la gravità degli eventi di piena del Danubio nei secoli per i quali non sono disponibili informazioni oggettive, ovvero misurazioni attendibili, conduce un’analisi anche sociologica della percezione di questi eventi, in particolare per quella che viene definita la piena del millennio occorsa nel 1501. Quel che ne risulta, è che diversamente da quanto riscontrato per altro genere di eventi catastrofici, per gli eventi alluvionali non si riscontrano nei documenti storici spiegazioni di carattere religioso, in qualche modo quindi ascrivibili al soprannaturale, quanto piuttosto un atteggiamento di consapevolezza e di inevitabile adattamento a questi eventi, che dunque – come del resto conferma anche la storia recente – dovevano avere tanto una frequenza piuttosto elevata, quanto conseguenze anche ben più gravi di quelle di questi giorni.

 

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Ancora maggio 2013, i dati del CNR Isac

Non so se si sia già visto sulle agenzie o su altri media, dalla mailing list dell’Ufficio Stampa del CNR vi ripropongo il testo ddel consuntivo del mese di maggio dell’Isac CNR.

 

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[C]on l’arrivo del mese di giugno si è conclusa la primavera, dal punto di vista meteorologico. Secondo i dati dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna, la primavera 2013 è risultata, per l’Italia settentrionale, tra le più piovose dell’ultimo secolo, con temperature che, nel mese di maggio, hanno diviso il Paese facendo registrare mezzo grado sopra la media al sud e nove decimi di grado sotto media al nord.

 

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Un mese di meteo – Maggio 2013

Un maggio 2013 dai caratteri pienamente primaverili e che ha alimentato il piagnisteo di coloro (e sono tanti) di norma abituati a lamentarsi perche “non ci sono più le mezze stagioni”. Condizioni di tempo instabile o variabile hanno infatti prevalso sulla nostra area specie nella seconda e terza decade, dando luogo a precipitazioni abbondanti in particolare sul settentrione ove si è registrata altresì una lieve anomalia termica negativa. In complesso si è assistito al transito di un totale di 8 perturbazioni principali (grandi saccature atlantiche o grandi depressioni mediterranee o fasi a regime ondulato occidentale con variabilità perturbata).(*)

 

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Modelli climatici: meno ghiaccio, meno maltempo

Questi primi giorni del mese di giugno non sono forse i più adatti per parlare di una diminuzione della frequenza di occorrenza delle perturbazioni alle medie latitudini, con lo sconcerto – in larga misura privo di fondamento – che pervade il comune sentire circa le vicende meteorologiche stagionali. Basterebbe però spostare l’attenzione un po’ più a est, verso un Europa orientale alle prese con un caldo decisamente anomalo, per scoprire che l’equazione meno ghiaccio = meno maltempo potrebbe essere fondata.

 

Questo non vuol dire che lo sia però. Piuttosto vuol dire, per l’ennesima volta, che il tempo atmosferico osservato a scale spaziali e temporali limitate non è mai in diretta relazione con il clima. E questo vale per le piogge e il fresco che stiamo sperimentando, come varrà, presumibilmente nella prossima estate, per il caldo che inevitabilmente si farà sentire.

 

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Temperature oloceniche, CO2 e dintorni

Questo breve post si basa su quattro diagrammi. Il primo è tratto dal lavoro di Marcott et al. (2013) già commentato tempo fa su CM. In tale lavoro una ricostruzione termica condotta a partire dai dati di 73 proxy ci propone una lettura del trend delle temperature globali improntata al progressivo deterioramento (alias “global cooling”) che sarebbe avvenuto a partire da circa 5.000 anni orsono e cioè dalla fine del grande optimum climatico postglaciale (GOCP), fase calda in cui il mare era più alto di 2-3 m rispetto ad oggi ed i ghiacciai alpini erano secondo alcuni totalmente scomparsi.

 

Fig_1
Figura 1 – La ricostruzione della temperature globali oloceniche proposta da Marcott et al. (2013). Si coglie il deterioramento in atto dalla fine del grande optimum postoglaciale alla fine della Piccola era glaciale.

 

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Se Kyoto non è Montreal il riscaldamento globale è finito

I trattati firmati a Montreal nel 1987 e a Kyoto esattamente dieci anni dopo, sono stati i primi, se non unici esempi di global governance che la diplomazia internazionale ha saputo esprimere. Se simili, in quanto di natura ambientale il primo ed essenzialmente focalizzato sul clima il secondo, tra i due trattati c’è di fatto una enorme differenza.

 

Il primo, riguardante la messa al bando dei Clorofluorocarburi (CFC), ritenuti responsabili del depauperamento dello strato di ozono stratosferico, ha funzionato, nel senso che l’uso dei CFC è stato di fatto abolito e, seppur con lentezza e con qualche controversia scientifica, ci sono prove abbastanza evidenti che i loro effetti dannosi si siano attenuati. Il secondo, siglato con l’obbiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica provocate in larga misura dall’uso dei combustibili fossili e ritenute responsabili dell’accrescimento dell’effetto serra e conseguente riscaldamento globale, è fallito in tutte le sue parti. Le emissioni sono aumentate e i fondamenti scientifici su cui poggiava stanno venendo meno, perché nonostante questo aumento la temperatura media superficiale del Pianeta ha smesso di aumentare o, quanto meno, ha assunto un trend molto diverso da quello atteso.

 

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Ci ripensa pure Stern?

Siamo a cavallo, se anche Lord Stern, autore del celeberrimo Stern Review del 2006, documento che ha di fatto accolto nei salotti dell’alta finanza il tema dei cambiamenti climatici, si è accorto che il mondo non si è scaldato come avrebbe dovuto vuol dire che è proprio vero.

 

Fairly flat, piuttosto piatto, così ha definito l’andamento delle temperature degli ultimi dieci anni, aggiungendo anche che il potente riscaldamento del 1998 è stato in gran parte ascrivibile ad un altrettanto potente El Nino, fenomeno climatico prettamente naturale. Togli quello dalle serie e ti accorgi che gli anni di stasi sono anche di più.

 

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