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Mese: Maggio 2013

Il fresco profumo della Natura

I prati, le foreste, le aree rurali, chissà quante volte vi sarà capitato di recepire delle sensazioni olfattive particolari girando lontano dagli insediamenti urbani. Bene, quel profumo, scrivono gli autori di una letter appena pubblicata su Nature Geoscience, è in grado di mitigare il riscaldamento globale.

 

Warming-induced increase in aerosol number concentration likely to moderate climate change

 

Si parla di feedback, cioè di quei meccanismi possibilmente innescati dall’aumento delle temperature che possono potenziare o limitare, come in questa fattispecie, l’ampiezza della stessa causa che li ha generati. Come molti sanno e come ci è capitato di scrivere più volte, la potenziale pericolosità del riscaldamento globale non è direttamente ascrivibile alla relazione esistente tra l’incremento dei gas serra e la temperatura, perché questa è tale da generare un aumento delle temperature non molto significativo. Il problema, piuttosto, verrebbe dall’innesco di feedback con prevalente segno positivo, cioè in grado di amplificare l’entità del riscaldamento. Questo almeno è quanto scaturisce dalle simulazioni climatiche, strumenti essenzialmente “istruiti” con una sensibilità climatica – leggi entità del risaldamento del sistema al raddoppio della CO2 – dominata da fattori di amplificazione e quindi piuttosto elevata.

 

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Un mese di meteo – Aprile 2013

IL MESE DI APRILE 2013*

 

Condizioni di tempo perturbato hanno prevalso nella prima e nella terza decade di aprile con un totale di 5 perturbazioni principali (grandi saccature atlantiche o grandi depressioni mediterranee o fasi a regime ondulato occidentale con variabilità perturbata).  Nella seconda decade del mese si è invece assistito ad una sensibile stabilizzazione per effetto di un promontorio anticiclonico subtropicale da sudovest.

 

Andamento circolatorio

La tabella di sintesi delle strutture circolatorie del mese a 850 hPa indica il prevalere di condizioni perturbate nella prima e terza decade intercalate da una rilevante fase di tempo stabile nella decade centrale del mese.
Nello specifico la topografia media del livello di pressione di 850 hPa per la prima decade di aprile mostra come principali centri d’azione un promontorio anticiclonico proteso dall’Islanda verso la Scandinavia e, scendendo verso Sud, una cintura di basse pressioni connessa ad un più profondo minimo depressionario atlantico ad interessare l’Europa Centrale ed il nord Italia ed infine il Mediterraneo anomalmente interessato da veloci correnti occidentali.

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CO2 e Temperature, la causalità di Granger non funziona

Forse qualcuno ricorderà che ormai più di un anno fa, precisamente nel febbraio 2012, abbiamo pubblicato un post di commento ad un lavoro di ricercatori italiani in cui veniva applicato il principio di causalità di Granger alle serie storiche della concentrazione di anidride carbonica e delle temperature medie superficiali globali.

 

Il nostro post, pur essendo di fatto un mirror, aveva suscitato una lunga discussione in cui sono intervenuti anche gli autori dello studio. I toni, dapprima piuttosto accesi e non propriamente costruttivi, si sono poi rilassati e hanno condotto ad un proficuo approfondimento. Il tema centrale della discussione, ha poi finito per essere quello dell’applicabilità della tecnica statistica del principio di Granger per tramutare la correlazione esistente tra le serie in un rapporto di causalità.

 

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Riscaldamento globale o regionale?

Già parecchio tempo fa, quando appena si iniziava a parlare della stesura del prossimo report dell’IPCC, il quinto della serie, dalle dichiarazioni di quanti hanno poi preso parte al processo di generazione del report, era emersa chiaramente la necessità di andare nella direzione di una descrizione delle dinamiche del clima a scala temporale decadale o multidecadale piuttosto che secolare e a scala spaziale più regionale che globale.

 

Le condizioni climatiche, del resto, possono evolvere in modo profondamente diverso da regione a regione, anche e soprattutto in risposta a modifiche dello stato termico del Pianeta misurate invece a scala globale. In sostanza, ad una modifica in positivo del bilancio radiativo – il sistema si scalda se e quando trattiene più energia di quanta ne riceve – se nel lunghissimo periodo e per modifiche molto accentuate si registrano comunque variazioni paragonabili, ma in questo caso si parla di glaciazioni o di completa perdita dei ghiacci, per brevi periodi climatici, il clima può evolvere verso il freddo in una zona mentre un’altra o più altre soffrono un riscaldamento e viceversa. Questa, entro certi limiti indipendentemente dal segno che assume il trend delle temperature medie superficiali globali, è la storia del nostro Pianeta. Queste variazioni però, sono anche quelle delle quali ha senso preoccuparsi, perché hanno luogo a scale temporali paragonabili con l’evoluzione della società, con le dinamiche della disponibilità e accessibilità delle risorse, sono quelle, insomma, con cui ci dobbiamo confrontare. E’ questa la ragione per cui, tra l’altro in un contesto di affidabilità dei sistemi di previsione tutta da dimostrare, un presunto aumento della temperatura media globale insostenibile per la fine di questo secolo, se per essere più credibile viene rafforzato con previsioni a breve termine di aumento degli eventi estremi o di scomparsa totale della neve, quando tutto ciò non avviene diviene risibile. Perché, se qualcuno non se ne fosse accorto, nonostante il riscaldamento globale possa essere stato associato ad ogni genere di sventura, il clima continua a fare quello che ha sempre fatto, cioè cambiare e, soprattutto, essere anche largamente impredicibile.

 

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