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Mese: Maggio 2013

Letture per il week end

Qualche consiglio di lettura, qualche spunto di riflessione, qualche ovvietà, qualche catastrofica predizione, insomma tutti gli ingredienti ideali per affrontare un week end che non si prospetta molto assolato, con un po’ di letteratura scientifica. Il tutto, come spesso accade, veicolato dalle pagine di Science Daily.

 

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Bugs life

Una vita da insetti. Per quanto la si sia voluta romanzare nel celebre cartoon di qualche anno fa, non deve essere proprio il massimo. E pare che in futuro sia anche destinata a peggiorare. Colpa del global warming? No, per una volta, colpa del fatto che formiche, bruchi, lombrichi, cavallette et similia, saranno allevati in batteria a scopo alimentare. In buona parte del mondo succede già e, sinceramente, non ci trovo niente di strano. E’ solo questione di cultura.

 

Questi, ma anche tanti altri, i concetti espressi dal Direttore Generale della FAO qualche giorno fa a Roma. L’articolo è di Greenreport, lo trovate qui. Cercate di arrivare in fondo perché è interessante, anche se vi scapperà un sorriso quando leggerete che oltre ad essere molto nutrienti e a consumare molto meno degli animali normalmente allevati nel mondo occidentale, hanno anche un pregio enorme: non fanno le puzzette, quindi non producono metano. Anzi, i gas da decomposizione tendono ad abbatterli.

 

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Un terremoto tra un minuto! E adesso che si fa?

Innanzi tutto un bel respiro profondo. Già, perché qualche giorno fa mi sono imbattutto in un bell’articolo di tale Annalee Newitz su Wired. Un pezzo in cui si parla molto di previsioni, comprese quelle relative ad eventi climatici, ma, per una volta, senza nominare il disastro climatico prossimo venturo.

 

Our Algorithms Can Predict Future Disasters — Now What?

 

 

E questo accade perché le previsioni di cui si parla hanno il terribile difetto di essere facilmente soggette a verifica, in alcuni casi a distanza di pochi minuti. Quindi, nessuna possibilità di inventarsi la fine del mondo ed uscirne indenni. L’argomento è stimolante, soprattutto per le recenti discussioni che abbiamo fatto sulle nostre pagine.

 

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La rete è mia e me la gestisco io!

Questa volta comincio dalla fine:

 

Basta confutare i dati scientifici con il conformismo del pensiero dominante o con il ricorso a bufale suggestive, per essere ripresi e “forwardati” senza essere sottoposti ad un filtro critico e oggettivamente contestabile.

 

Tra un po’ vi dirò da dove ho estratto questo periodo, prima però, proverei a ricordare una certa trasmissione di un certo noto conduttore molto impegnato dal punto di vista ambientale. Si mostrava Milano sommersa dalle acque di un mare inarrestabile nel 2050. Milano è 120 metri sul livello del mare, le proiezioni dell’IPCC sull’innalzamento del livello dei mari non vanno oltre il metro, anzi, meno. Quelle più catastrofiche credo parlino per fine secolo di sei metri, ma non mi sono mai preso la briga di approfondire perché vivo in collina. Però, per arrivare a 120 ci vuole un bel po’. Quel conduttore è incidentalmente anche ricercatore, nonché fermamente convinto che l’uomo abbia disfatto il clima, cioè è sicuramente aderente a quella ormai sputtanatissima forma di associazionismo che si maschera da consenso scientifico. Quel conduttore/ricercatore spesso, liberamente (e giustamente), compare anche sulle pagine da cui proviene il periodo con cui abbiamo iniziato. Ma, ad onor del vero, non in questo caso, nonostante le sue opinioni siano state spesso “forwardate”. Insomma, il link di oggi è quello qui sotto.

 

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L’umidità fa male alle ossa…dei catastrofisti

Per far camminare le auto ci vuole il carburante, normalmente fossile. Molto più raramente e, più specificatamente negli ultimi tempi, si vedono in giro auto che impiegano la propulsione elettrica. Se ibride, con l’ausilio – e molto minor consumo – sempre di combustibili fossili, se elettriche pure, con energia fossile più o meno pura anche in quel caso, perché l’elettricità deve comunque essere prodotta. Insomma, per avere a disposizione dell’energia di movimento, ci vogliono grandi quantità di energia termica. E, purtroppo, quella immessa nel sistema è sempre molto superiore di quella utilizzata con efficienza.

 

Il clima e il tempo atmosferico funzionano allo stesso modo. Il sistema riceve energia termica e si mette in moto, producendo gli eventi atmosferici. In atmosfera il vettore di questo calore è il vapore acqueo, che però, essendo anche il più potente dei gas serra, ha anche un ruolo determinante nel modulare la quantità di calore disponibile. In modo molto poco ortodosso, si potrebbe dire che il vapore acqueo decide “da solo” quanto calore avrà da trasportare e quanto ne renderà disponibile per far muovere gli eventi atmosferici. Ma, con le temperature che aumentano o, meglio, sono aumentate, in atmosfera c’è maggiore disponibilità di vapore acqueo, quindi più energia disponibile e più effetto serra, quindi anche temperature che dovrebbero aumentare ancora.

 

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Se il ghiaccio è come il gruviera, che fine fanno i buchi?

Sono da tempo abituato ad utilizzare le “lenti” di Cryosphere today – sito dell’Università dell’Illinois – per verificare in tempo pressoché reale i dati di copertura glaciale marina artica e antartica. Sono altresì conscio dell’esistenza di dati Nasa riportati al sito NSIDC, che forniscono statistiche analoghe. Di recente tuttavia, la lettura del lavoro di Meier et al. (2013) mi ha spinto ad interrogarmi sulle ragioni della discrepanza fra le due fonti che si percepisce confrontando a occhio i rispettivi diagrammi.  Ma procediamo con ordine.

 

Il lavoro di Meier et al. recupera i dati del satellite in orbita polare Nimbus I relativi alla copertura glaciale del 1964, aggiungendo così un dato importante ai dati da satellite fin qui disponibili e che avevano inizio nel 1979. Dall’articolo  si evince in sostanza che, con riferimento alla copertura glaciale di settembre (mese che  nell’emisfero nord corrisponde al minimo annuale di copertura glaciale marina) si può dire quanto segue:

 

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La jella delle Hawaii

Ci sarà pure il sole alle Hawaii, sarà pure un posto da sogno, ma se state programmando di eleggerle come vostro buen retiro, sarà bene pensarci su un attimo. Diciamo anche più di un attimo, almeno fino alla fine di questo secolo, ponendo maggiore attenzione agli ultimi 25 anni del periodo.

 

Ecco qua, da Nature Climate Change:

 

Projected increase in tropical cyclones near Hawaii

 

E da Science Daily, che ha ripreso il comunicato stampa dell’università delle Hawaii, da cui appunto provengono i ricercatori che firmano l’articolo:

 

More Hurricanes for Hawaii?

 

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