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Mese: Aprile 2013

Mezze stagioni? Sì, ma con la virgola.

L’amico Fabio Spina ci offre con la sua solita ironia un commento ad un articolo uscito su La Repubblica all’equinozio di primavera. Quale occasione migliore della data d’inizio della primavera astronomica per commentare i dolori di quella meteorologica?

 

 

Sicché, con estremo sollievo salutiamo la rinnovata vitalità delle stagioni di transizione, periodi climatici che credevamo ormai persi nella feroce alternanza tra il gelo invernale e la calura estiva tipica di un clima ormai allo sbando. Ma, attenzione, non è tempo di abbassare la guardia, perché tra le stagioni è scoppiata la guerra. Una ruba tempo all’altra, con il caldo (neanche a dirlo), che starebbe decisamente prendendo il sopravvento.

 

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Diavolo di un Hansen, e adesso?

La notizia è di pochi giorni fa, James Hansen, il controverso scienziato a capo da anni del team della NASA che gestisce il dataset delle temperature medie superficiali globali per conto dell’agenzia, ha deciso di andare in pensione. Tuttavia, nonostante i 46 anni di lavoro alle dipendenze del governo federale, non sembra sia stata l’anagrafe a dettare la scelta. Le ragioni sono infatti deontologiche. Da anni Hansen ha deciso di indossare un doppio cappello, il primo, quello da scienziato, gli stava evidentemente troppo stretto, e così ha deciso di calzare quello dell’attivista, del sostenitore senza se e senza ma della guerra al riscaldamento globale e al clima che cambia e, quindi, a tutto ciò che produce CO2, in primis l’odiato carbone che garantisce energia abbondante ed a basso costo a gran nparte del mondo, USA compresi.

 

E così, dopo anni vissuti sul filo del rasoio, con non poche accuse di scarsa imparzialità nelle sue determinazioni scientifiche e dopo numerosi arresti in seguito alla partecipazione a manifestazioni di protesta ambientale di vario genere, Hansen ha finalmente deciso di essere un attivista a tempo pieno. Dal punto di vista etico la scelta è sacrosanta, tardiva forse, ma sacrosanta. Quando si crede tanto intensamente in qualcosa è giusto cercare di perseguire i propri obbiettivi e per farlo bisogna essere liberi da fardelli isituzionali se questi si scontrano così spesso con le stesse istituzioni che ti pagano lo stipendio.

 

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Eolico tra maxi-sequestri e progressi

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato questo breve commento all’uscita di un instant book in materia di fonti rinnovabili:

 

Chi ha ucciso le rinnovabili?

 

 

Il libro, che punta decisamente il dito verso le disinvolte politiche di incentivazione del settore dell’energia cosiddetta pulita e individua nel settore del fotovoltaico la fonte di una buona parte dei problemi che stanno via via materializzandosi, ha suscitato non poche polemiche, compresa una veemente reazione del presidente di Assosolare, che ha voluto giustamente far sentire anche la sua voce.

 

Ora pare sia il turno dell’energia eolica.

 

 

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Una tempesta in un bicchiere

Questo è il terzo post che dedichiamo al paper di Marcott et al., ossia al recente studio pubblicato su Science in cui è stato ricostruito l’andamento della temperatura media del Pianeta degli ultimi 11.300 anni fermandosi alla metà del secolo scorso (qui e qui un po’ di precedenti).

 

Un paper che ha avuto molto risalto sui media suscitando al contempo un’accesa discussione sui blog che si occupano di scienza del clima. L’attenzione del mondo della comunicazione, anche e soprattutto della sua componente generalista, è stato innescato dal comunicato stampa della NSF (National Science Foundation), l’istituzione scientifica che lo ha finanziato, in cui se magnificavano i risultati, con il placet e l’imbeccata degli stessi autori, sottolineando come per la prima volta sia stato possibile far emergere la “particolarità” del trend positivo che le temperature hanno assunto nel secolo scorso. In particolare il messaggio espresso a chiare note era il seguente: dati il segno chiaramente negativo nella prima decade del secolo scorso e quello altrettanto chiaramente positivo della prima decade di questo secolo, nel contesto di un trend di generale diminuzione delle temperature che avrebbe caratterizzato gran parte dell’Olocene, siamo passati dalla decade più fredda a quella più calda degli ultimi 11.300 anni nell’arco di pochi decenni.

 

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