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Mese: Marzo 2013

Indovina cos’è

Piccolo test di dottrina climatica. Leggete il periodo che segue.

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La problematica ambientale comunemente nota come “effetto serra” consiste nel surriscaldamento del Pianeta per effetto dell’azione dei cosiddetti “gas serra” emessi (climalteranti). L’effetto serra è un fenomeno naturale che assicura il mantenimento degli equilibri termici del pianeta attraverso la funzione svolta da alcuni gas presenti nell’atmosfera che trattengono in essa l’energia irradiata dal sole, ma risente delle attività umane, le quali contribuiscono fortemente all’emissione di tali gas, determinando un rapido aumento della loro concentrazione in atmosfera, con conseguente aumento della temperatura media su scala globale. A sua volta, il cambiamento climatico in atto ha forti implicazioni sulla salute dell’uomo, sul funzionamento degli ecosistemi e sulla produzione di beni e servizi, con conseguenze sia sul benessere individuale sia sull’economia.

 

Fatto? Bentornati, poche solide certezze che di questi tempi aiutano.

 

Secondo voi da dove viene? Una pagina di Wikipedia? Un libro di scuola? Una pubblicazione scientifica di materia climatica?

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Da Marcott e Shakun, servizi di datazione e generazione Hockey Stick

Si trova di tutto nel panorama scientifico del clima, anche quello che potrebbe essere paragonato ad un temporary shop della datazione dei dati di prossimità. Avete delle carote di ghiaccio, dei sedimenti, qualcosa insomma da cui si possa tirar fuori una temperatura del passato la cui datazione non fa alla bisogna della vostra ricerca? Rivolgetevi a Marcott e Shakun, otterrete un servizio di revisione della datazione dei vostri proxy rapido ed efficiente, entrando in possesso di dati perfettamente attinenti a quello che vi siete riproposti di dimostrare.

 

Dunque, l’antefatto è questo, cioè il nuovo paper di Marcott et al. uscito su Science che riprone l’Hockey Stick di Michael Mann. Già nel nostro primo commento, avevamo accennato alle prime critiche che si aggiravano sulla rete. Ora c’è stato il tempo di approfondire e più si scava, più si capisce che siamo di fronte all’ennesimo esempio di pessima scienza.

 

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Milancovich addio?

L’8 marzo 2013 è uscito un comunicato stampa del CNR con l’annuncio di un articolo pubblicato su Science e redatto da un gruppo di ricerca europeo comprendente scienziati dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) di Venezia (Parrenin et al., 2013). Il comunicato stampa aveva l’emblematico titolo “CO2 causa dell’ultima deglaciazione”, il quale  parrebbe a prima vista avvalorare l’idea che la teoria di Milutin Milancovich (1879-1958) sulla causa astronomica delle glaciazioni quaternarie sia ormai obsoleta, vittima dell’onnipotente CO2.

 

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Il ritorno dell’Hockey Stick

Ebbene sì, a volte ritornano. Avete presente le trame horror generiche medie? Un crescendo di malefatte da parte del pazzo o del fantasma della situazione, poi l’ultimo dei buoni che riesce a salvare la pelle magari rispedendo il pazzo o il fantasma in questione da dove era venuto, poi scatta la doccia ristoratrice finale e…zac, scatta anche la coltellata definitiva subito seguita dai titoli di coda.

 

L’Hockey Stick di Michael Mann, la ricostruzione delle temperature emisferiche prima e globali poi, è probabilmente il pezzo di letteratura scientifica in ambito climatico attorno al quale si è più discusso e, climategate, insegna, anche litigato. Per quanti non dovessero avere ben presente di cosa parliamo c’è una pagina di wikipedia che, sebbene addolcita dal sapiente filtro dell’estensore poi privato dei diritti per qualche tempo, rende bene l’idea della situazione. Il punto su cui si è discusso di più e che soprattutto ha indebolito di più i risultati acquisiti da Mann, è stata la scelta dei dati di prossimità impiegati per la ricostruzione e il trattamento statistico degli stessi. Fatto sta che quella ricostruzione è stata un’icona del terzo report IPCC ed è stata invece eliminata dall’ultimo.

 

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Chi ha ucciso le rinnovabili? Per chi avesse ancora qualche dubbio…

Una morte in culla quella delle fonti rinnovabili? Non proprio, perché il corpaccione era già bello grosso prima di finire in stato comatoso irreversibile.

 

E quindi cosa? Un’utopia, un’occasione persa o, molto più semplicemente la classica storiaccia all’italiana? Tutte e tre le cose insieme. Che le fonti rinnovabili possano un giorno sostituirsi a quelle tradizionali per assicurare il fabbisogno energetica attuale e futuro è chiaramente utopico. Che però qualcosa di buono senza ridursi sul lastrico si potesse fare è sempre stato vero, ma se ne è persa l’occasione, appunto spendendo una fortuna per avere molto poco. E questo è accaduto, specialmente da noi, secondo il più classico dei copioni fallimentari del belpaese.

 

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Per la gioia di chi pensa ai dettagli

Si dice, o meglio si sente dire, che i cambiamenti climatici siano scientificamente definiti, che le origini antropiche delle recenti dinamiche del clima siano ormai accertate. Quel che resta, dicono, è concentrarsi sui dettagli, cioè su come e dove il  global warm… no, cambiamento climat… no, disfacimento climatico colpirà. A meno che, dicono sempre, non si agisca ora e subito mettendo in pratica sostanziali azioni di mitigazione del nostro sciagurato contributo, prima tra tutte, ovviamente, la riduzione delle emissioni di gas serra.

 

I quali, invece, continuano ad aumentare, mentre le temperature, guarda un po’ non aumentano più. Sorge il dubbio che a qualcuno sia sfuggito qualcosa. Forse il sistema climatico è un po’ meno sensibile all’azione umana di quanto si ritiene. Questo non mi pare esattamente un dettaglio.

 

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Uso del suolo e climate change

Molte volte, per molti degli argomenti che proponiamo su CM, più che la diffusione delle informazioni quello che cerchiamo di fare è acquisirne di nuove. Sono innumerevoli le occasioni in cui i commenti e le discussioni ai post superano di gran lunga quello che le ha originate. Mi piacerebbe che questa fosse una di quelle occasioni.

 

E’ un argomento di cui so molto poco, il Land Use Change o cambiamento nell’uso del suolo. Ha un ruolo significativo ma probabilmente sottovalutato nel dibattito sulle origine delle variazioni climatiche di origine non naturale. E’ anche un argomento indissolubilmente intrecciato con la sostenibilità ambientale, con la produzione di cibo e, quindi, con i temi demografici.

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L’energia si rinnova, la pecunia no

I lettori più attenti ricorderanno che qualche settimana fa abbiamo pubblicato un breve post che riprendeva quanto diffuso da Assoelettrica, l’associazione che riunisce la quasi totalità dei produttori di energia elettrica in Italia, circa il costo stimato per gli incentivi alle fonti rinnovabili per i prossimi venti anni. Un conto salato, circa 220 miliardi di Euro.

 

Ieri mi è capitato per la rete un articolo pubblicato da IlSole24Ore contenente queste stesse informazioni arricchite con la replica dell’APER, associazione che invece riunisce i soli produttori di energia rinnovabile. Il conto, secondo loro, sarà tutt’altro che salato, perché Assoelettrica non avrebbe tenuto conto dei benefici derivanti dall’impiego delle fonti rinnovabili in termini aumento dell’indipendenza energetica nazionale, diminuzione dei costi che dovranno sostenere gli impianti termoelettrici nell’ambito del sistema europeo Ets sui diritti d’emissione (costi che pesano sulle bollette), incremento del Pil (le energie rinnovabili generano più ricchezza delle fossili per il Paese) e crescita occupazionale non solo quantitativa, ma anche qualitativa. Insomma, alla fine secondo APER il saldo dovrebbe essere in attivo, con le stime più prudenti che vedrebbero ammontare il surplus a 30 miliardi di Euro e quelle più ottimistiche addirittura a 76.

 

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Quando un dettaglio può fare la differenza

Un paio di settimane fa, IlSole24Ore ha pubblicato un intervento del prof. Ehrlich, noto teorico della catastrofe demografica. Quest’area di pensiero è spesso criticata qui su CM e personalmente condivido questo atteggiamento scettico. A parte la mia opinione personale, scrivo questo post sotto forma di esercizio di ragionamento sul modo di comunicare e percepire una ricerca scientifica.

 

La mia curiosità è stata attratta da questo passaggio:

 

“Più di un millennio di cambiamento della temperatura e delle modalità delle precipitazioni, elementi vitali per la produzione dei raccolti, hanno messo il pianeta  di fronte a temporali sempre più violenti, a siccità e alluvioni. Pertanto, mantenere (figuriamoci espandere) la produzione alimentare sarà sempre più difficile.”

 

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Si fa presto a dire Uva

Scrivo questa nota per segnalare la  collana Coltura & Cultura dedicata alle diverse colture agrarie italiane, con 15 volumi fin qui usciti e che trovate descritti a questo sito web. Personalmente ho collaborato alla collana scrivendo alcuni anni orsono le parti dedicate agli aspetti agrometeorologici per i volumi “La vite e il vino” e “Il mais”.

 

“Coltura & Cultura” sta in questi tempi ampliando il proprio angolo di visuale cercando di creare un legame positivo fra le produzioni agrarie tipiche del nostro Paese ed il consumatore, troppo spesso disorientato da messaggi diffusi a piene mani dai media e che mirano a creare sfiducia nei confronti dell’agricoltura  tecnologicamente evoluta.

 

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