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Mese: Agosto 2012

L’eco realismo di un personaggio scomodo

Patrick Moore è un uomo che di ambiente se ne intende, anche se la maggior parte dei suoi colleghi direbbe che forse lo è stato, ma ora certamente non più, da parecchio tempo. Nel 1985, infatti ha lasciato l’organizzazione che aveva contribuito a fondare e di cui era divenuto massimo dirigente che ora è una multinazionale dell’ambiente, Greenpeace. Da allora ha cominciato a interpretare e divulgare il pensiero ambientalista in modo realista, abbandonando e spesso combattendo tenacemente tutte le utopie, le esagerazioni, i fanatismi e gli estremismi di un movimento di cui dice che la peggior cosa che gli potesse capitare era quella di ricevere il postfisso “ismo”, perché:

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“Ambientalismo” è un “ismo” come capitalismo e socialismo. In quel senso connota un’ideologia o una serie di convinzioni condivise non necessariamente basate su prove scientifiche. Un ambientalista è quindi diverso da un ecologista, dato che l’ecologia è una scienza.

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Per un pugno di pop corn

Nelle ultime settimane, complici una primavera relativamente secca e un’estate molto arida, sono arrivate pessime notizie dal settore agricolo. Il caldo, ma soprattutto la scarsità delle piogge, sembra abbiano avuto un impatto decisamente negativo sulle coltivazioni, nel nostro Paese, come ci ha ricordato la Coldiretti (AGI), ma anche altrove, soprattutto negli Stati Uniti, dove il caldo non è stato da meno e la siccità è stata paragonata al terribile evento degli anni ’30, noto come Dust Bowl.

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AGW? E’ tutta questione di consenso!

[blockquote cite=”Abba Eban”]

Consenso significa che tutti sono d’accordo a dire insieme ció che nessuno crede individualmente.

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Si dice che gli scienziati che hanno contribuito al 4° report IPCC fossero circa 2500. Tra questi qualcuno che ha ritirato il suo supporto, qualcuno che ha restituito il nobel e molti che hanno confermato le loro convinzioni. Come possa un economista dirsi convinto delle origini antropiche del riscaldamento globale o come possa esserlo uno studioso di demografia o come possano esserlo tutti quelli – e tra quei 2500 ce ne sono davvero tanti – che non masticano la scienza del clima, resta comunque un mistero.

Perché la materia climatica consta di decine di diversi settori di applicazione ed è veramente molto vasta. C’è il paleoclima, che coinvolge le scienze della terra, la chimica, l’astronomia, la biologia, la storia e la letteratura. C’è l’attualità, che si esplica nelle tecniche di osservazione, nella gestione dei dati e nella loro validazione. C’è il futuro, che comporta la conoscenza dei cicli naturali e degli eventi non ciclici ma ripetitivi e della necessità di inserirli nella modellistica. Ci vorrebbero intere schiere di cloni di Pico della Mirandola per poter parlare di consenso informato, altrimenti si rischia di avere davvero un gran numero di “esperti” che si limitano a credere ciò che gli altri credono. Magari li abbiamo, vai a capire.

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Alla faccia di Caligola

E così, mentre da questa parte dell’Atlantico si inventano nomi diversi sempre per la stessa cosa, cioè l’estate, la NOAA, che i nomi li assegna soltanto ai Cicloni Tropicali per ovvie ragioni di coerenza nella comunicazione, ha appena aggiornato il suo outllok per la stagione degli uragani (qui il nostro post sul primo outlook del 25 maggio).

La stagione é quasi a metà strada, visto che il periodo canonico va dal 1° giugno al 30 novembre. Fatto sta che sin qui ci sono state 6 tempeste che hanno raggiunto i valori necessari all’assegnazione del nome, due delle quali sono diventate Uragani veri e propri, mentre le altre non sono andate oltre lo status di Tempesta Tropicale.

La tipologia dell’annuncio è comunque alquanto curiosa, sia con riferimento al comunicato stampa della NOAA, sia per come è stato ripreso da Science Daily.

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Ciliegie d’agosto e pacche sulle spalle

Tra qualche giorno ricorrerà il mio compleanno. Da buon discettatore di clima e affini, devo ricordarmi di ‘prelevare’ dalla torta le ciliegine più gustose. Già, perché ormai va di moda. Se la storia che ho da raccontare non è abbastanza convincente, meglio aggiustarla prelevando qua e là argomenti utili alla bisogna e tralasciare quelli che rischiano di smontarla.

Se poi decidessi di farmi un regalo e provare a sottoporre un lavoro a un team di esperti che ne valuti la consistenza, sarà opportuno che li scelga tra quelli che la pensano come me. Qualora dovesero trovarci qualche stupidaggine – fatto altamente probabile – di sicuro chiuderebbero un occhio.

Se poi qualcuno dovesse chiedermi di riassumere in un linguaggio più generico quel lavoro devo ricordarmi anche di raccontare qualche panzana, anche questo è del resto consentito se si vuole che il proprio messaggio arrivi a segno.

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Clima: Un fine incerto e una strada sbagliata.

E’ un dibattito distorto quello sul ruolo delle attività umane nelle dinamiche del clima. Lo è perché la scienza è stata politicizzata. Lo è perchè sono piovute valanghe di soldi, assolutamente benvenuti quando si tratta di ricerca sia essa scientifica o tecnologica, molto pericolosi invece quando si tratta di lobbying.

Quando è iniziato tutto questo? Si potrebbe dire molto tempo fa, per esempio con la conferenza di Rio del 1992, ma la svolta vera e propria è molto più recente. Senza la pubblicazione del Rapporto Stern del 2007, la pubblicazione che presagiva una netta contrazione del PIL mondiale a causa degli sconquassi climatici, la scienza del clima non sarebbe mai entrata nei salotti buoni della finanza. A seguire, sempre nel 2007, il 4° report dell’IPCC che svelava al mondo le ragioni della presunta emergenza.

E l’argomento clima, ovvero la necessità di porre in essere delle politiche di mitigazione, balzò in cima all’agenda politica. Ma, un summit fallito dopo l’altro e, soprattutto, la crisi finanziaria che ha messo in ginocchio quelle che se non sono più le locomotive economiche del mondo certamente lo erano per le policy climatiche, hanno via via contribuito a spegnere gli entusiasmi sulle tematiche climatiche. Più pressante, inevitabilmente, la necessità per molti di evitare il disastro finanziario, al quale forse hanno contribuito nel recente passato anche le disinvolte politico clima-economiche drenando risorse ai cicli produttivi del mondo occidentale.

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Il catastrofismo del professor Carlo Rovelli: l’ingannato!

Un articolo del prof. Carlo Rovelli pubblicato inizialmente sul Sole24ore del 1 luglio rappresenta il concentrato del catastrofismo climatico più cieco.

Estraggo alcuni tra i passaggi più significativi dell’articolo:

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“La domanda giusta non è se siamo sicuri che succederà una catastrofe. La domanda giusta è quanto valutiamo probabile la catastrofe, allo stato attuale del nostro sapere. Purtroppo, la risposta a questa domanda è chiara. Lo era meno anni fa. Ma oggi è chiarissima. Oggi non vi è più alcun dubbio che il riscaldamento climatico sia in atto. I mari si sono alzati, i ghiacci dei poli si sono sciolti, i ghiacciai dei monti si sono ritirati, il clima è già cambiato in diverse aree del pianeta. Tutte le misure concordano. Non vi è praticamente più alcun dubbio neanche sulla profonda incidenza dell’attività umana su questo cambiamento. E le probabilità che questo possa non portare conseguenze devastanti per l’umanità appaiono sempre più esigue. Il problema è reale ed è molto serio”….

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Buonanotte Global Warming

Come avete dormito stanotte? Male, suppongo. Troppo caldo, specie per chi vive in città. É questo il riscaldamento globale?

No.

Lo diventa forse se le notti insonni si susseguono e se magari succede la stessa cosa anche l’anno prossimo?

Neanche.

Piaccia o no alla facile propaganda catastrofista, la temperatura superficiale, specie quella notturna, é un pessimo tracciante del riscaldamento globale, ovvero della sua realizzazione per accrescimento dell’effetto serra, che di fatto é invece da associare ad un aumento del contenuto di calore del sistema nel suo complesso.

John Christy, con uno splendido esempio di comunicazione scientifica, ha spiegato perché durante un’audizione al senato americano. Di seguito trovate il video e la traduzione di una parte del suo intervento. Tutto il resto é al link in fondo all’articolo. Buona lettura.

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Divergenza addio! Et conseguenze.

C’è una  novità ( Esper 2012, qui su CM) sui metodi di analisi delle temperature del passato che riescono a smussare la divergenza restituendoci un periodo caldo medioevale più che mai nitido e marcato. La divergenza si manifesta tra la temperatura stimata dagli anelli di alcuni alberi nelle ultime decadi che risulta essere inferiore a quella strumentale. Il problema fu risolto da Mann tagliando le serie che presentavano la divergenza e innestando il dato strumentale. Questo metodo, oltre che essere sbagliato, sottostima pesantemente il periodo caldo medioevale.

Il noto paleoclimatologo Jan Esper e i suoi coautori per ricostruire le temperature del passato hanno analizzato la densità degli anelli degli alberi (MXD), oltre alla larghezza degli anelli, (TRW). Il nuovo metodo è stato testato solo su serie prvenieenti dalla Scandinavia e smussa la divergenza degli ultimi decenni alzando di fatto la stima della temperatura nel periodo caldo medioevale e in quello romano. E’ però altamente probabile che tutte le ricostruzioni delle Temperature che hanno presentato il problema della divergenza finora, se rifatte con questo nuovo metodo finiscano per alzare la stima del periodo caldo medioevale ovunque, perchè se la divergenza c’è negli ultimi decenni c’era anche nel medioevo e se la stima si alza negli ultimi decenni si alzerà anche nel medioevo.

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Catastrofe climatica: a ruba le creme solari.

Chissà che non serva a risollevarci dalla crisi. Che so, si potrebbe provare a riconvertire l’industria alla fabbricazione di unguenti protettivi. E’ quanto scopriamo che potrebbe rendersi necessario secondo un classico esempio di catastrofismo gratuito, ovvero di spregiudicato uso di condizionali in varie declinazioni per riuscire a condire il proprio studio con la giusta dose di riscaldamento globale, cambiamenti climatici, disfacimento del clima e, naturalmente, aumento di qualcosa di spaventoso.

Di cosa? Ma dei “buchi daazzoto” no? Ebbene sì, state pronti, la bassa stratosfera sta per diventare un colabrodo. Sarà tutta piena di piccoli ma estremamente maligni forellini attraverso cui i raggi ultravioletti si getteranno verso la superficie provocando ogni sorta di devastazione.

Curiosi di sapere come? Ecco qua.

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