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Mese: Luglio 2012

Dalla CECA alla Comunità Europea del pannello solare e delle banche

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“Cinquantatre settimane di sciopero, nel 1984, in Inghilterra. da una parte il sindacato dei minatori guidato da Arthur “King Arthur” Scargill, dall’ altra il nuovo governo conservatore di Margheret Thatcher, deciso a farla finita con l’ estrazione del carbone, ultimo retaggio della rivoluzione industriale, e proiettato verso una politica ultraliberista di demolizione dello stato sociale”.

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Così si descriveva quasi 30 anni fa la decisione della chiusura delle miniere di carbone da parte della “Lady di ferro”, per ricordare il clima si può rivedere il brano finale del film “Grazie, signora Thatcher” in cui i minatori del carbone si lamentavano del fatto che se fossero stati foche o balene la popolazione si sarebbe indignata, invece si trattava solo di comunissimi e normalissimi “esseri umani” (youtube qui).

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Meteorologi rubati all’agricoltura

Una volta si specificava “30°C all’ombra”, a ricordare che la misura della temperatura dell’aria nel campo meteorologico s’intende effettuata in modo standardizzato in tutto il mondo secondo la normativa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale.

Ora invece non è il dato che interessa, serve la notizia che crea angoscia, lo scopo non è informare ma emozionare. Sembra proprio utile a tale intento lo scoop che segue:

Caldo record: 50 gradi al suolo L’asfalto si scioglie a Palestro

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Manca l’attribuzione? Poco male, c’è la similitudine.

Come ve lo immaginate il Global Warming? Su, dai, non è difficile, gli accaldati scienziati che se ne occupano ce lo descrivono da anni. Cielo opaco, atmosfera rovente, un incendio di là, un campo inaridito di qua, poche polverose foglie a vestire gli alberi sopravvissuti etc etc. E quando tutto questo passa, perché il tempo per fortuna ogni tanto cambia pure, tempeste a go go, tuoni, fulmini e saette, torrenti fangosi in piena e case travolte, insomma, un disastro.

E quando fa freddo come quest’inverno? Regola numero uno, anche se fa freddo comunque da qualche altra parte fa caldo, mentre il contrario non è vero. Regola numero due, fa freddo perché fa caldo, sicché, comunque, è solo un’impressione.

In questi bollenti giorni d’inizio estate, con Hannibal, Caronte e Minosse – tre maschere dello stesso personaggio, l’anticiclone nord-africano – tra gli accaldati suddetti impazza un motto, anzi due:

  1. Ve lo avevamo detto;
  2. E’ così che ci immaginiamo il global warming.
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Nature Climate Change: Prima faceva più caldo. Chissa’ il team come la prenderà.

Il team non è la nazionale di calcio spagnola, con la quale sconsiglierei a chiunque di misurarsi per qualche anno ancora. Il team, o meglio il CRUTeam, è quel gruppo di scienziati del clima che fa capo alla Climatic Research Unit della East Anglia University, zoccolo duro del Working Group I dell’IPCC, il panel ONU che ogni tot anni ci dice come siamo messi in fatto di clima.

Dal CRUTeam, anche noto come hockey team, per aver prodotto e sponsorizzato la famosa ricostruzione delle temperature medie degli ultimi mille anni con la classica forma del bastone da hockey, abbiamo saputo che le temperature medie superficiali degli ultimi decenni sarebbero senza precedenti. Ergo, nel trend climatico di medio periodo, ci sarebbe senza dubbio lo zampino dell’uomo.

Ma, guarda cosa ti va a capitare, un gruppo di ricercatori si mette in testa di assemblare una serie di dati di prossimità per la temperatura, fitta e lunga come mai prima era stato fatto. Non solo, pensano anche di mettere in relazione questa serie con la forzante orbitale, uno dei parametri che sappiamo essere tra quelli che nel lungo periodo dettano legge in materia di temperatura.

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Scienza e ortodossia

In altra parte di CM ho presentato il commento ad un lavoro di Higgins e Scheiter (H&S) pubblicato qualche giorno orsono su Nature. La lettura di tale lavoro e di un precedente lavoro degli autori stessi, uscito nel 2009 su Global Change Biology, si presta ad alcune considerazioni di tipo sociologico che, al fine di evitare commistioni in sede di dibattito, ho preferito affrontare in una sede indipendente.

Per sviluppare le mie considerazioni partirò dall’abstract dell’articolo di Nature, il quale inizia con un drastico “Recent IPCC projections suggest that Africa will be subject to particularly severe changes in atmospheric conditions”. L’ introduzione all’articolo stesso si apre poi dal canto suo con un bel “Many studies have shown that the climatic conditions under which plants grow are changing (IPCC, 2007). Three major determinants of plant growth, the atmospheric CO2 concentration, rainfall and temperature have changed significantly since the preindustrial time and current projections obtained from simulation models predict further changes in these climate variables (IPCC, 2007).”.

Infine l’articolo si conclude con la frase seguente:“This study, together with palaeoecological evidence , suggest that atmospheric CO2 has been and will be a major factor shaping vegetation change”.

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Mirror posting – Picco del petrolio: Apocalisse rimandata, come sempre.

Carlo Stagnaro ha scritto un post interessante su Chicago Blogssull’argomento della disponibilità di greggio e sulla ennesima previsione sbagliata degli amanti della catastrofe dietro l’angolo.

Buona Lettura.

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Pochi, in Italia, si sono resi conto della rivoluzione che sta attraversando il mondo petrolifero. Si è molto discusso – et pour cause – della rivoluzione dello “shale gas“, e molto meno di quella dello “shale oil” o, più precisamente, delle produzioni non convenzionali di gas e olio. Le conseguenze di questa rivoluzione sono enormi e di lungo termine, e non riguardano solo la capacità della produzione di greggio di tenere il passo di una domanda che, nel lungo termine, è comunque destinata a crescere. Ora, la pubblicazione di un nuovo rapporto curato da Leonardo Maugeri per il Belfer Center dell’Università di Harvard rende pubblici dati nuovi, e fa crollare miti vecchi. Come quello del “picco del petrolio”.

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Nel 2100 un’Africa con più boschi, più praterie e meno deserti…e tutto per merito della CO2

La letter di Higgins e Scheiter (che d’ora in avanti chiameremo per comodità H&S) pubblicata qualche giorno orsono su Nature

Atmospheric CO2 forces abrupt vegetation shifts locally, but not globally”, Nature, doi:10.1038/nature11238

è ricca di spunti interessanti e che giustificano il commento che su sollecitazione di Guido mi sono deciso a scrivere.

H&S descrivono infatti il comportamento passato e futuro (dal 1850 al 2100) della vegetazione africana utilizzando un modello di simulazione dinamico, l’aDGVM (adaptive Dynamic Global Vegetation Model) fatto girare sia su dati pregressi sia su dati previsti ottenuti applicando il modello climatico GCM ECHAM5 allo scenario emissivo A1B dell’IPCC.

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Da Leggere: L’Incredibile Pasticcio Creato dall’Energia Solare in Italia

Da questo blog con la traduzione di Maurizio Morabito.
Buona lettura.

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Ecco una delle analisi più complete dell’impatto dell’energia solare su una popolazione, la sua economia e le sue infrastrutture di rete. Dimostra la follia che c’è dietro l’adozione delle energie rinnovabili. Viene inoltre illustrato come gli incentivi per la creazione di queste cose abbiano un costo enorme. La spinta al successo per l’industria del fotovoltaico va a scapito di ogni aspetto della società. Il dettaglio presente in questo articolo non mi consente di ricapitolare. Non mi aspetto che alcuno a sinistra capisca ciò che l’autore sta enunciando. Parla semplicemente di concetti troppo alieni agli eco-folli. Certi pensieri sono al di là della loro capacità di capire.

Ma, per il resto di noi, ecco alcuni punti salienti di questo articolo…….. E vale la pena di leggerlo.

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Minosse: non drammatizziamo… è solo questione di corna

Non stiamo scrivendo dei famosi film “Non drammatizziamo… è solo questione di corna” (Domicile conjugal), un film del 1970 diretto da François Truffaut, oppure “Mazzabubù… Quante corna stanno quaggiù?”, pellicola a episodi del 1971 del regista Mariano Laurenti. Il fatto è che Minosse, l’ultimo fantasioso nome dato al solito anticiclone subtropicale africano che viene a farci visita, più che famoso per essere un personaggio infernale, è forse molto più conosciuto per essere all’origine del dare “del cornuto” a chi viene tradito dal proprio partner.

La storia è abbastanza nota: il re Minosse voleva fare un dono a Poseidone comprando un toro e sacrificandolo per lui. Ma il toro era così bello che Minosse non volle ucciderlo, così Poseidone lo punì, facendo innamorare del toro la moglie di Minosse, Pasifae. Vogliosa di accoppiarsi con lui, Pasifae si fece costruire una sorta di mucca di legno con delle ruote. Possiamo riprendere le parole del terzo capitolo della Biblioteca di Apollodoro, che racconta “che Parsifae s’invaghì della bestia e con la complicità di un architetto fuggito da Atene a causa di un omicidio, un certo Dedalo, si fece costruire una vitella di legno montata su ruote, vuota all’interno e rivestita di pelle bovina. La regina vi s’infilò dentro, e il toro la montò voglioso come se realmente fosse una vacca” (III,4) (dipinto di disegno di Giulio Romano Mantova, Palazzo del Te, sala di Psiche, parete est (qui e qui) o Pasifae e Dedalo con la vacca di legno Pittura murale della Casa dei Vettii – Pompei – I sec. dC). Dal loro legame nacque il Minotauro (Picasso), mezzo uomo e mezzo toro. A questo episodio si fa risalire il fatto che al povero Re Minosse la gente faceva il gesto delle corna in testa (come lo facciamo adesso) simbolo che sua moglie l’aveva tradito con un toro. Minosse incaricò dunque Dedalo di costruire un labirinto in cui nascondere il mostro, la storia continua ma non abbiamo spazio di scendere nei dettagli che potete leggere qui.

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