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Mese: Gennaio 2012

Una mela al giorno toglie il pensiero unico “radical-chic” di torno.

Il 10 giugno 2011 nel post “Il potere dei più buoni: dallo Slow-Food al far-food”, su CM si era scritto di Carlo Petrini, fondatore di “Slow Food” e promotore della manifestazione “Terra Madre”, che da campione del prodotto tipico sembrava invece fregarsene del “kmZero” tanto decantato dalla sua associazione e dalle altre grandi associazioni ecologiste. Il consiglio era infatti quello di acquistare le ottime le pere fuori stagione del Sud America.

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Feed-back (complessivamente) positivi che regolano il sistema Terra? Uhm…

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Oggi pubblichiamo un guest post firmato da Agrimensore, uno dei nostri lettori. L’argomento è molto interessante e si colloca, con un approccio sia tecnico che divulgativo, nel contesto della discussione sui feed-back che abbiamo affrontato anche pochi giorni fa.

Buona lettura.

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Sul blog di Anthony Watts, ho trovato un articolo molto interessante in merito alla valutazione del tipo di feed-back che regola il sistema climatico terrestre:

No new strange attractors: strong evidence against both positive feedback and catastrophe

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Mirror posting: Capitani (forse) coraggiosi.

Il Titanic era lungo 269 metri e largo 28, aveva una stazza di 46.328 tonnellate e l’altezza del ponte sulla linea di galleggiamento era di 18 metri (53 metri l’altezza totale). Nel drammatico affondamento, dovuto all’impatto con l’iceberg, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912  persero la vita 1523 dei 2223 passeggeri imbarcati compresi gli 800 uomini dell’equipaggio (in totale erano imbarcate 3023 persone).

Si può confrontare il Titanic con la nave: “Costa Concordia” della compagnia genovese Costa Crociere. Quest’ultima è più grande e trasporta più passeggeri: ha una stazza lorda  di 114.147 tonnellate, lunghezza  di 292 m, larghezza 35,50 m ed altezza  52 m. Trasporta 1100 membri dell’equipaggio ed al massimo 3780 passeggeri. Erano in 4200 sulla Costa Crociere Concordia quando è avvenuto il disastro presso l’isola del Giglio.

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Principio di precauzione sì, ma per guai veri.

Iniziamo questo post con una citazione:

[blockquote]Ci ritroveremo sempre più a gestire problemi ecologici come il riscaldamento globale, non a risolverli. Potremmo fare qualche passo avanti nel limitare le emissioni, ma se lo faremo sarà attraverso l’innovazione delle tecnologie energetiche e implementandole a livello nazionale e regionale, non attraverso limitazioni internazionali provenienti dall’alto.[/blockquote]

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Il Caciucco climatico

Oppure zuppa di pesce. Va bene lo stesso, purché ci siano crostini a piacere e, soprattutto, grandi quantità di vino. Già, perchè altrimenti la cena non viene bene.

Questo deve aver pensato (e fatto) chi ha scritto questo articolo scovato su Arxiv prima e su Technology Review poi.

How Likely Is a Runaway Greenhouse Effect on Earth?

Per runaway greenhouse effect si intende un aumento inarrestabile dell’effetto serra, una serie di meccanismi di amplificazione del riscaldamento che fanno salire le temperature fino e oltre il limite dell’immagine, fino a provocare la completa evaporazione degli oceani – di cui il caciucco è appunto lo stadio intermedio.

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Siamo salvi, la Co2 è bipartisan

E sono salvi anche i lettori di CM. Neanche questa volta trasformeremo le nostre pagine in un’arena politica. Si tratta di ben altra partigianeria, che però rimanda curiosamente alla sempiterna opposizione di fase tra destra e sinistra.

La faccenda rientra nella categoria “studio quello che mi piace ma lo posso fare solo se mi finanziano e perciò ci metto comunque di mezzo il clima e i suoi derivati“. Più che i risultati di questo studio però, che fioriscono in un campo di cui sono assolutamente ignorante, direi che un plauso debba andare al colpo di genio con cui si è materializzato il volo pindarico tra la CO2, cioè il clima e i suoi derivati, e lo specifico settore di applicazione oggetto di questa ricerca.

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Dacci oggi la nostra ANS(i)A quotidiana, specie se finta.

Quelle vere non mancano, ne abbiamo di scorta, passate e recenti. E se ne aggiungono sempre di nuove. Che bisogno c’è di aggiungerne altre? Eccone un paio fresche fresche:

Nature Climate Change (e a seguire l’ANSA)

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Vegetali e omeostasi: Quale ruolo per la “Particella Fredda”?

Per omeostasi si intende la capacità dei sistemi biologici e ambientali di resistere al cambiamento e di mantenersi in una condizione di equilibrio. L’omeostasi è frutto delle capacità di autoregolazione che caratterizzano gli ecosistemi al pari degli organismi e delle popolazioni che li compongono (qui).

Prendendo come esempio le chiome degli alberi di un bosco, al loro interno – cioè nel cosiddetto canopy layer – tutta una serie di caratteristiche (es. temperatura, umidità, velocità del vento, ecc.) risultano smorzate rispetto all’atmosfera esterna. Questo si rivela essenziale perché le piante possano evitare un eccesso di traspirazione o possano con facilità acquisire la CO2 che viene emessa dal terreno e che per le piante stesse è l’alimento primario.

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Mirror posting – Alaska di ghiaccio

Mentre in Italia l’inverno è per il momento relativamente mite, è da dicembre che sui versanti esposti a nord delle Alpi (Francia, Svizzera e Austria ma in qualche caso anche Italia, specie tra Valle d’Aosta e Alto Adige!) nevica tantissimo, come non accadeva da trenta anni. In Alaska freddo e neve stanno dado preoccupazioni, l’area nei giorni scorsi è stata letteralmente seppellita da 5 metri e mezzo di neve (qui e qui).

Lo stretto di Bering è ghiacciato mentre una città dell’Alaska soffre il freddo in attesa dell’arrivo di una petroliera russa, la Renda, che insieme all’unica nave rompighiaccio della Guardia Costiera degli USA, la Healy (le altre due sono in riparazione), da decine di giorni sta navigando lentamente. La Healy e la Renda procedono vicine-vicine con il rischio continuo di un incidente, la rompighiaccio apre la strada e la petroliera segue in un mare ricoperto da uno strato gelato spesso dai 10 ai 70 centimetri; spessore destinato ad aumentare navigando verso Nord. E’ un viaggio storico, è la prima volta che il carburante arriva in quella zona in questo periodo invernale, attraverso le acque coperte dai ghiacci dell’Alaska occidentale.

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E’ la somma che fa il totale

Lo scioglimento dei ghiacci artici, ovvero la progressiva diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino nell’emisfero nord, è uno dei più gettonati cavalli di battaglia del catastrofismo climatico. Tuttavia non ci stancheremo mai di ripetere  che questo trend negativo è certamente indice di una tendenza al riscaldamento nel lungo periodo ma non dice nulal sulle origini di questa tendenza. Infatti nel processo sono coinvolte dinamiche che nel breve hanno spesso molto più a che fare con le dinamiche atmosferiche che con le temperature in valore assoluto. Questo rende l’equazione riscaldamento globale = perdita di ghiaccio molto meno immediata.

Un altro aspetto che si deve comunque sottolineare, essendo anche questo facile preda di un’attenzione mediatica molto superficiale, è quello che questa perdita di ghiaccio marino non può avere nulla a che fare con l’innalzamento del livello dei mari. Per capire perché basta che perdiate qualche minuto a fissare il livello del liquido nel bicchiere del vostro drink on the rocks la prossima volta che ve ne capita l’occasione. Vi risparmio l’attesa: il ghiaccio si scioglie ma il livello non cambia.

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Mantenere alti gli standard della ricerca scientifica nell’era della comunicazione globale

Lo scorso 4 gennaio è stato pubblicato on-line su Nature un interessante commento a firma di Jerome Ravetz1 dal titolo:

Sociology of science: Keep standards high

Il commento riguarda un argomento che ho già affrontato su queste pagine e testimonia il grosso interesse per l’evoluzione delle metodiche di gestione dei risultati scientifici. J. Curry, nel suo sito, ha giudicato il commento di Ravetz con queste parole: “Io sono una fan del concetto di ‘comunità estesa tra pari’ portata avanti da Funtowicz e Ravetz. Inoltre, la frase di Ravetz “le implicazioni radicali della blogosfera” si è definitivamente radicata nella mia testa. …. Sono lieta che i sociologi stiano studiando questo problema.”

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  1. Jerome Ravetz – Istituto per la Scienza, Innovazione e Società dell’Università di Oxford, Oxford OX1 1HP, Regno Unito. Egli è l’autore di Scientific Knowledge e Social Problems (1971, 1996). []
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Correlation is not causation, o forse sì.

Questa è simpatica. Non è nuova ma è simpatica.

Le temperature aumentano e la CO2 anche? Ecco che con una pur traballante correlazione spunta fuori un robusto rapporto di causa effetto.

E cosa succede se si trova una correlazione meno traballante tra le temperature e qualcos’altro? Forse un rapporto di causa effetto più robusto? No, perché nella fattispecie i due elementi sono del tutto scollegati.

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No Aviation Without Taxation!

Brian Simpson, presidente del Transport Committee del Parlamento Europeo lo ha detto chiaramente (qui e qui): «Nella UE i governi hanno un bisogno disperato di denaro. Non lo ammetteranno, diranno che tutto serve per difendere l’ambiente, lo stesso che dicono a proposito dell’Air Passenger Duty (APD). Ma non illudiamoci, sia l’European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS) che l’APD sono nuove fonti di ricavi e non servono alla protezione ambientale».

Vijay Poonoosamy, chair dell’ Industry Affairs Committee of IATA and vice president international and public affairs of Etihad Airways non è stato meno duro sull’argomento: “Tutto questo perché il trasporto aereo è un potentissimo catalizzatore dell’economia. Mentre spesso i governi utilizzano pretesti ambientalisti per tassare i vettori, limitando così le proprie economie e la propria capacità di investire in tecnologie ed energie sostenibili. E in questi tempi così difficili non si dovrebbero tagliare le ali a un’industria che fa decollare il Pil». Cosa che ad esempio stanno facendo Gran Bretagna, Germania e Austria con l’APD, che costa ai vettori miliardi di euro l’anno, per finire con il costosissimo ETS europeo, “pensato – continua Poonoosamy – per dare nuovi introiti ai governi in crisi finanziaria”.

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L’allarminsmo climatico del Museo Oceanografico di Monaco

Per le vacanze di fine anno sono andato con la famiglia in costa azzurra, un giorno siccome pioveva, siamo andati al Museo Oceanografico di Monaco. Vi devo segnalare la sala d’entrata con una serie di pannelli, uno più catastrofista dell’altro, su quattro allarmi principali:

  • Il primo sullo scioglimento dei ghiacciai; ovviamente non poteva mancare il rischio estinzione degli orsi polari che, per alcuni zoologi, senza ghiaccio artico non potrebbero più cacciare le foche dagli anelli, quindi morirebbero di fame. Tesi però smentita dalle popolazioni in crescita degli orsi polari siberiani che vivono benissimo anche senza ghiaccio.
  • Il secondo sull’acidificazione dei mari con un allarme particolare per il mediterraneo.
  • Il terzo sulla proliferazione di alghe e meduse dovuta all’eutrofizzazione e all’aumento delle temperature marine.
  • Il quarto tema invece non riguarda i cambiamenti climatici, ma l’over fishing cioè il rischio concreto che la pesca e l’inquinamento causino l’impoverimento, fino al rischio di estinzione, delle popolazioni di alcune specie ittiche molto pescate come il tonno, il pesce spada, gli squali, le aragoste ecc..
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