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Mese: Novembre 2011

Durban – Le vostre aspettative

Era nato come post di prova, infatti stiamo finendo di sistemare il layout creato appositamente per seguire la conferenza di Durban. Poi è arrivato il primo commento interessante, e allora abbiamo deciso di trasformare questo post di prova, in un post dove possiate esprimere le vostre aspettative circa la conferenza che avrà inizio Lunedì 28 novembre.

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Science: più CO2 ma meno caldo, ovvero, chi di modello ferisce di modello perisce.

Tra tutte le discussioni che è possibile fare sull’argomento clima e, soprattutto, sulla sua evoluzione futura, ce n’è una assolutamente centrale. Se vogliamo, praticamente ogni discorso di pende da questa. Si parla della sensibilità climatica, ovvero della reattività del sistema alle variazioni della concentrazione di anidride carbonica.

Dal valore che si assegna a questa relazione dipende infatti la dimensione del cambiamento prospettato dalle simulazioni climatiche. Non a caso, da diversi scenari di emissione scaturiscono diversi livelli di possibile aumento delle temperature medie superficiali globali.

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Le mail della CRU: Un certo numero di parti in commedia

In effetti è così, quella cui stiamo assistendo sembra proprio una commedia. Con un lato comico non indifferente. Prima di riderci su, però, è necessario un po’ di background.

Chi si occupa di vicende climatiche, per professione o per semplice passione, sa benissimo chi è Steve McIntyre. Per tutti quelli che non lavorano o passano il tempo libero alle prese con le bizze del clima potrebbe essere un illustre sconosciuto. Beh, basta poco a chiarirsi le idee. McIntyre è l’uomo che a colpi di verifiche sulle procedure statistiche ha letteralmente sotterrato la ricostruzione delle temperature che Michael Mann, scienziato di punta del clima, ha pubblicato qualche anno fa. Di lì in avanti McIntyre è diventato l’incubo della Climatic Research Unit della East Anglia, perché li ha martellati per anni per ottenere i dati utilizzati anche nei loro lavori allo scopo di riprodurli. Se quei dati fossero stati concessi o ancora meglio pubblicati insieme ai lavori, come vorrebbe la pratica scientifica, la faccenda non si sarebbe ingigantita, e forse McIntyre non sarebbe diventato il paladino degli scettici climatici, con il suo blog, Climate Audit, che conta più click di un quotidiano.

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Parola d’ordine, fare sistema

Messa così potrebbe anche sembrare una cosa positiva. Le menti più capaci nella scienza del clima che si uniscono per seguir virtute e canoscenza, avendo realizzato che tutti gli altri, ma proprio tutti, comprese le altrettanto capaci menti di un certo numero di colleghi, si sono rassegnati a viver come bruti.

Credo sia facilmente intuibile, si parla ancora del secondo round del climategate, delle migliaia di nuove mail diffuse in rete da quello che alcuni pensano sia un ignoto benefattore, altri una autentica jattura.

Il nome del file compresso che contiene le mail è lo stesso dell’altra volta FOIA.zip, i contenuti almeno per la parte che sin qui è stato possibile conoscere – pare ci siano altri 220.000 messaggi protetti da password – sono un po’ diversi. Nessuna traccia di dati o codici stavolta, solo conversazioni, presumibilmente della stessa epoca (e trafugazione) del caso precedente. Un fitto scambio di pareri, opinioni, proposte, accordi o anche semplici valutazioni personali, tutte o quasi con un comune denominatore: abbiamo un nemico e dobbiamo combatterlo. Il clima che cambia? No, quelli che non ci credono, quelli che non la pensano come noi, quelli che – complici i soliti noti dell’industria del petrolio – potrebbero anche riuscire a convincere qualcuno che ci stiamo sbagliando. All’uopo, si curano esplicitamente le pubbliche relazioni con apposito blog, Real Climate, indispensabile strumento nell’era della comunicazione globale.

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Breaking news: Climategate 2.0 – Aggiornamento #2

Nuovo giro nuova corsa, appena poche ore ha iniziato a circolare un altro file proveniente dal misterioso hacker FOIA, apparentemente lo stesso che aveva messo sulla rete i dati e le mail comparsi nel novembre 2009.

E pare che si tratti ancora una volta di dati autentici, The Guardian, il primo media a tuffarsi sulla notizia, ha già raccolto le prime dichiarazioni di Michael Mann che fa sapere: “Beh, sembra siano le mie, ma faccio fatica a vederci qualcosa di male, a parte il fatto che saranno prese e decontestualizzate [… ].

Analogamente sta facendo la BBC, riportando anche che i messaggi sarebbero del 2009, per cui si potrebbe trattare di materiale tenuto appositamente in serbo. E con la conferenza di Durban alle porte si capisce anche il perché.

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Come volevasi dimostrare

Un report per tutte le stagioni quello appena pubblicato dall’IPCC. Nel senso che si affronta a 360° il tema degli eventi estremi, dal caldo al freddo, dalla pioggia alla siccità? Sì, ma anche nel senso che vi si può leggere tutto e il contrario di tutto.

Ieri l’Unità titolava così il suo commento: “La strage del clima impazzito“. Nel testo la sconvolgente notizia che il 95% delle perdite di vite umane avviene nei paesi poveri, mentre la maggior parte delle perdite di beni materiali – cresciuta fino a 200 mld di dollari negli ultimi trenta anni – è a carico dei paesi economicamente e socialmente più sviluppati. Leggiamo anche che tanto le vittime, quanto i danni, sarebbero causati dai cambiamenti climatici.

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IPCC e Nature: Titoli che passione!

Definizione di “weird”:

  1. Di, riferito a, o che suggerisce qualcosa di preternaturale o sovrannaturale;
  2. Di un particolarmente strano o inusuale personaggio; strano;
  3. Arcaico, di, o riferito al fato o alle Parche.

Così titola Nature il suo commento a caldo allo Special Report IPCC (SPM SREX) sugli eventi estremi uscito nella sola forma di Summary for Policy Makers venerdì scorso:

[blockquote]Climate panel says prepare for weird weather

Despite uncertainties, the IPCC warns that climate change will bring more extreme weather.[/blockquote]

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Ma di che stiamo parlando?

Judith Curry è più politically correct e si limita a intitolare il suo post “The wrong(?) conversation”. L’oggetto è il focus eccessivo nonché eccessivamente dispendioso della ricerca climatica agli obbiettivi a scala temporale multidecadale o secolare, con coseguente drenaggio di risorse che porebbero essere meglio impiegate – risultando anche molto più utili – per migliorare le performances delle previsioni a scala temporale mensile o stagionale.

Nel nuovo report IPCC in fase di stesura (sarà completato nel 2014), sembra che sarà dedicata maggiore attenzione agli aspetti a più breve scala temporale. Sin qui l’attenzione è stata massima sulla mitigazione e sulle policy energetiche, discorsi appunto a lunghissima scadenza. Adattamento e ‘servizi climatici’ sono il futuro, discorsi questi a scala temporale molto più breve.

In un discorso molto lungo, che vi consiglio comunque di leggere per intero, spicca questa breve ma sacrosanta riflessione:

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