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Categoria: Meteorologia

Sette giorni di “Tempo” – 21/27 novembre 2012

di Luigi Mariani e Guido Guidi

Sperando di far cosa gradita e invitandovi a prendere parte alla discussione anche con consigli circa la struttura ed i contenuti, ci cimentiamo da oggi in una nuova rubrica che ci vedrà impegnati in un commento settimanale sull’evoluzione dello stato del tempo sul nostro Paese realizzato “a bocce ferme” e che dovrebbe idealmente comporsi di due parti:

  • analisi circolatoria a macro e mesoscala e del conseguente andamento delle temperature al suolo e delle precipitazioni
  • eventuali commenti su altri effetti al suolo (stato delle riserve idriche, fenologia dei vegetali, ecc.).

Commento

Il periodo di riferimento (21-27 novembre 2012) si è aperto sull’area Euro-Atlantica con un pattern circolatorio a macroscala caratterizzato da valori piuttosto elevati dell’indice zonale associati ad una stormtrack bassa di latitudine, come testimoniato dalla neutralità dell’indice AO e dai valori lievemente negativi dell’indice NAO.

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Arriva l’inverno gente, quello vero.

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Negli ultimi giorni si è cominciato a parlare di inverno. Lo ha fatto lo UK Met Office, presagendo un’altra stagione difficile per l’Europa e più nello specifico per la Gran Bretagna, arrivando a dire che quello prossimo potrebbe essere per loro l’inverno più freddo degli ultimi 100 anni. Bontà loro, se le classifiche ex-post hanno poco senso, quelle ex-ante ne hanno ancora meno. Da noi lo ha fatto il CNR IBIMet, notizie riprese entrambe da Meteoweb (qui e qui), andando sempre nella direzione del freddo ma immaginando pattern atmosferici più continentali – e dunque siberiani – che non artici, come previsto invece dagli amici inglesi.

Il comune denominatore è dunque il freddo, ma gli approcci sono distanti in termini di dinamiche della circolazione emisferica. Difficile che si possa sperimentare un mix tra le due cose, anche se l’esperienza insegna che l’atmosfera ha sempre qualcosa di nuovo da mostrare.

Per parte nostra, proseguiamo nel solco tracciato negli anni scorsi e recentemente ripreso con il post di introduzione ai nostri outlook dell’ottobre scorso. Come leggerete, ci associamo al comune denominatore di cui sopra, ma l’analisi e le considerazioni sono abbastanza diverse e sono scisse in due parti, con il discorso che torna ad unirle alla fine. Quello che segue è forse il post di argomento meteorologico (con una strizzata d’occhio al clima stagionale) più interessante e meglio argomentato che abbiamo mai pubblicato, perciò, mettetevi comodi e, visto che si tratta pur sempre anche di una previsione, incrociamo le dita!

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Outlook inverno 2012 – 2013

di Carlo Colarieti Tosti

La situazione stratosferica nei piani medio-alti (tra 30 e 1hPa) è caratterizzata da una anomalia negativa di geopotenziale espressa attraverso l’indice NAM (Northern Annular Mode) con il recente avvicinamento alla soglia di +1,5. In letteratura tale circostanza suggerisce la possibile propagazione verso la troposfera della consistente vorticità stratosferica accelerando e chiudendo in sede artica il Vortice Polare Troposferico (VPT) instaurando quindi un periodo di Oscillazione Artica  (AO) positivo. Le conseguenze alle medie latitudini sono note e possono riassumersi in una generale tendenza a configurazione ad elevato indice zonale.

La situazione però non è così semplice da poter essere licenziata in breve. Spieghiamo perché.

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Le nevi del Kilimangiaro

di Luigi Mariani

Le “nevi del Kilimangiaro” affascinano l’uomo moderno perlomeno da quando Ernest Hemingway scrisse l’omonima novella.

Un ritorno di fiamma dell’interesse verso questo remoto ghiacciaio tropicale si ebbe undici anni orsono grazie all’affermazione del geofisico Lonnie Thompson (2001) il quale disse che “è probabile che fra vent’anni il solo pezzo di ghiaccio del Kilimangiaro rimasto al mondo sarà nei nostri frigoriferi”  (qui trovate una biografia di Thompson).

Questo coup de theatre, peraltro citato da Gore nel suo Inconvenient truth, ha avuto un tale successo da fare dei ghiacci dei grandi vulcani africani o del Kilimangiario delle icone degli ecologisti e dei simboli del global warming.

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Monsoni e global warming, un futuro oscuro ma anche no

Direttamente dal “Dipartimento catastrofi in agguato ma anche no”, un paio di input di letteratura scientifica in materia di monsoni.

Al primo sono arrivato due giorni fa attraverso Science Daily, un paper uscito su Environmental Research Letters:

A statistically predictive model for future monsoon failure in India

Mentre il secondo, appena più datato, l’ho trovato sul blog di Roger Pielke sr e viene dai PNAS:

Indian Ocean warming modulates Pacific climate change

Scopriamo subito le carte del primo. Dalla fine di questo secolo (ancora in fasce) e per tutto quello che seguirà, si potrà dire addio al monsone indiano, con tutto quello che questo comporta in termini di impatto per la popolazione del continente asiatico. Infatti, notoriamente, la parola monsone riferita ai mesi estivi, quelli che caratterizzano la stagione piovosa e la separano da quella invernale arida e fredda, significa “ritorno alla vita”. Perciò, niente monsone, niente vita.

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L’Outlook di CM: Si riparte!

Le attuali dinamiche della circolazione oceano-atmosferica e i possibili risvolti per la prossima stagione invernale

Come in ogni libro che si rispetti l’introduzione rappresenta l’espressione della sostanza del pensiero che poi troverà le argomentazione nei successivi capitoli, così con questo articolo cominciamo l’esercizio di prognosi dell’andamento della prossima stagione invernale anticipando, o meglio introducendo, gli ormai noti outlook di Climate Monitor.

Settembre e ottobre sono i mesi strategici per cercare di prevedere l’assetto atmosferico nel vivo della stagione autunnale e invernale. Infatti è proprio in questo periodo che il vortice polare stratosferico inizia i suoi primi vagiti e, proprio per la sua “fragilità”, subisce i forcing indotti dagli assetti oceanico e atmosferico suggerendoci dove andrà gradualmente ad approfondirsi. Le anomalie di altezza del geopotenziale che vanno evidenziandosi tenderanno ad accentuarsi nel corso dei prossimi mesi condizionando la circolazione generale e le zone del pianeta sottostanti, almeno fino a quando non cambieranno intensità e segno i vari forcing.

Iniziamo la nostra introduzione con l’analisi dei vari indici di interesse.

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Roger Pielke jr: Le invenzioni sul clima dilagano

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La traduzione dell’articolo che segue arriva a poche ore da quella che sarà una forte ondata di maltempo per il nostro Paese. Al riguardo non aggiungo altro perché c’è già chi sta seguendo con attenzione gli eventi a livello istituzionale, informazioni cui vi rimando per dovere di cronaca e, soprattutto, per gli aspetti connessi alla salvaguardia delle persone e delle cose. Abbiate perciò cura di seguire la situazione (qui e qui).

Ma passerà, si spera in fretta, e arriverà il tempo dei commenti. Contrariamente alle mie abitudini ora farò una previsione, ma è facile: gli “esperti” faranno a gara per attribuire gli effetti di questa perturbazione autunnale al clima che cambia. Leggere le prossime righe perciò vi aiuterà a vedere le cose in una chiave diversa, quella di chi fa scienza sul serio. Già, perché di analisi come quella condotta da Pielke jr, basate su dati reali e non su fumose quanto inverificabili proiezioni, qui da noi ancora non se ne parla. Però si fanno in compenso un sacco di chiacchiere.

Buona lettura.

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Climate spin is rampant – Denverpost, 10 ottobre 2012

Nel corso degli anni, il dibattito politico sul cambiamento climatico è stata condotto su molti fronti. A più riprese al centro del dibattito, abbiamo visto posti di lavoro verdi, SUV, Al Gore e i “negazionisti” climatici. L’ultimo fronte in questa battaglia sono gli eventi meteorologici estremi.

All’inizio di questa settimana, Munich Re, una grande azienda di riassicurazione tedesca, ha alimentato il dibattito con una relazione sostenendo di aver individuato “il primo impatto del cambiamento climatico nei dati da catastrofi naturali” nei danni causati da temporali negli Stati Uniti dal 1980. USA Today ha amplificato questa dichiarazione annunciando in prima pagina, “Il cambiamento climatico dietro l’aumento dei disastri naturali.” Un grosso problema con l’affermazione di Munich Re e la sua amplificazione da parte dei media è che nessuno dei due quadra con la vera scienza dei cambiamenti climatici e delle catastrofi.

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Più clima, meno Tornado

Solo pochi giorni fa Luigi Mariani esprimeva in un commento il suo parere circa la relazione tra le oscillazioni del clima e gli eventi stremi.ne riporto qui sotto i tratti salienti:

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[..] penso che dobbiamo intenderci su cosa si intende per evento estremo, nel senso che la definizione di evento estremo che usiamo oggi è del tutto antropocentrica. Quando Lindzen indica che in un pianeta più caldo diminuisce il gradiente termico equatore-polo e dunque cala l’energia per li eventi estremi, penso che questo vada riferito ad eventi tipo cicloni tropicali o perturbazioni delle medie latitudini o piogge estreme. Nel caso delle grandi siccità, legate alle grandi anomalie circolatorie (quali i blocchi anticicolonici), penso che la considerazione di Lindzen non sia applicabile e che dunque durante le fasi calde (come la nostra) la siccità sia un rischio da tenere presente, come ci insegna la lezione dei gradi optimum sopra citata. Il concretizzarsi di tale rischio dipenderà ad esempio dalla frequenza e persistenza dei blocchi o dall’intensità del monsone o…..

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Del doman non v’è certezza

Del doman non v’è certezza, recitava il poeta, riscuotendo oggi il plauso del meteorologo che ci aggiunge volentieri anche il dopodomani. E per dopodomani l’altro? Beh, per quello è diverso, per quello ci sono i modelli climatici, che notoriamente tutto sanno.

Ecco qua, dal blog di Roger Pielke sr., un paio di post nei quali si parla proprio di performance modellistiche su due aspetti delle dinamiche del clima tutt’altro che secondari, la risposta del sistema alle eruzioni vulcaniche e gli eventi precipitativi.

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Previsioni stagionali: Scaldiamo i motori per l’inverno!

I nostri lettori abituali penseranno che siamo impazziti, immaginando che contrariamente alle nostre abitudini, non solo ci gettiamo nella mischia delle previsioni, cosa che su queste pagine non accade quasi mai, ma addirittura lo facciamo con un anticipo che ogni meteorologo sano di mente giudicherebbe ridicolo. Così non è in effetti. Non abbiamo nessuna intenzione di fare presagi di nessun genere.

Lo spunto per il nostro titolo di oggi e per il contenuto di questo post, viene da una recente pubblicazione scientifica in materia di previsioni stagionali della quale ci ha dato notizia Science Daily:

Seasonal Forecast for northern emisphere winter 2009/2010 – IOp Science, Environmental Research Letters.

Si tratta di uno studio di rianalisi delle performance del modello di previsione stagionale in uso presso lo UK Met Office, il modello GloSea4, cui si aggiungono degli interessanti spunti previsionistici per l’immediato futuro.

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Quando c’erano le “bombe d’acqua” ma non sapevamo il loro nome.

Mentre si spengono le polemiche per le “bombe d’acqua” previste su Genova e non avvenute e siamo in attesa che si accendano per quello che invece è accaduto altrove, ho  l’occasione per ricordare cosa accadde a Roma il 27 agosto di 59 anni fa.

All’epoca non si conosceva ancora il “climate change” (da tempo si parlava però del “climatic change”), non c’erano le “bombe d’acqua” e non conoscevamo la distribuzione della temperatura superficiale del Mediterraneo come oggi perché ancora non c’erano i satelliti, non c’era ancora Bernacca e neanche le trasmissioni RAI (sarebbero iniziate nel 1954).

Le mura storiche allora caddero senza dover dar colpa alle nevicate invernali e l’eccezionale caldo estivo (come avvenuto in questi giorni), ove misurata la precipitazione superò i 100 mm in un’ora causando due morti e venti feriti (non c’era ancora la protezione civile su cui scaricare eventuali responsabilità). Ci furono anche delle manifestazioni degli alluvionati, l’acqua non solo allagò gli scantinati ma arrivò al metro di altezza in alcuni punti della città.

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Meteorologi rubati all’agricoltura

Una volta si specificava “30°C all’ombra”, a ricordare che la misura della temperatura dell’aria nel campo meteorologico s’intende effettuata in modo standardizzato in tutto il mondo secondo la normativa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale.

Ora invece non è il dato che interessa, serve la notizia che crea angoscia, lo scopo non è informare ma emozionare. Sembra proprio utile a tale intento lo scoop che segue:

Caldo record: 50 gradi al suolo L’asfalto si scioglie a Palestro

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Seven Spin Off – Giugno #1

Lo so, la rubrica era praticamente in soffitta. La riprendiamo per l’arrivo del solleone. Scusate il ritardo.

Allora, dopo una primavera piuttosto ballerina, ancora animata da una circolazione veloce e dinamica, la prossima settimana arriverà l’estate. La notizia potrà sembrare scontata, perché in effetti saremo al solstizio, cioè all’inizio nominale della stagione estiva, ma è un fatto che insieme al dì più lungo dell’anno, arriverà anche la prima vera ondata di calore.

Ma andiamo con ordine. Quello a cui abbiamo assistito sin qui e per certi versi ancora in essere, è stato un flusso perturbato molto basso di latitudine, cioè un vortice polare troposferico molto espanso, con conseguente stormtrack bassa di latitudine e frequenti passaggi di perturbazioni in area mediterranea.

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Una Rotating Storm sulla Pianura Veneta – Aggiornato

Frequenti ma non così tanto tutto sommato. Gli eventi convettivi a mesoscala cominciano ad affacciarsi sul nostro territorio, segnando ancora, qualora mai ce ne fosse bisogno, il fatto che la stagione stia progredendo ma continui a mostrare il suo lato meno gradevole.

L’episodio è avvenuto nella notte e nelle prime ore del mattino della giornata di giovedì. Già questo, ovviamente, aiuta ad escludere qualsiasi genere di contributo termico allo sviluppo del sistema nuvoloso. L’origine quindi è stata tutta dinamica, sebbene, come spesso accade per questi soggetti atmosferici, i segnali fossero tutt’altro che chiari.

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