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Categoria: Meteorologia

Un tempo da un miliardo di dollari

Non è una scommessa sulla prossima possibile-anzi-no-ma-forse-sì passata di neve a Roma quella cui faccio riferimento. Anzi, non è proprio una scommessa. Si tratta piuttosto di uno strumento di analisi messo a punto dalla NOAA in materia di danni provocati dagli eventi atmosferici estremi.

 

E’ qualcosa di molto mediatico, sia nei contenuti che nell’editing grafico. E, naturalmente, i media ci si sono tuffati traendo le solite molto affrettate conclusioni: il clima che cambia non solo ci arrostirà, ma probabilmente prima che questo accada ci ridurrà sul lastrico distruggendo a colpi di vento, inondazioni, siccità et similia tutto quello che abbiamo di più prezioso. Confido nel fatto che non fosse questo lo scopo perseguito da chi ha implementato questo progetto, diciamo che è stata cercata la diffusione di un messaggio il più comprensibile possibile, magari perché si prendano ancora di più le giuste precauzioni per difendersi da una Natura che, di fatto, proprio clemente non è mai stata. Che questa cambi oppure no.

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Outlook inverno 2012 – 2013 – Aggiornamento del 1 Febbraio 2013

Cominciamo la nostra trattazione con l’attività solare la quale continua a mostrarsi piuttosto “debole”. L’indice geomagnetico aa index del mese di dicembre, in figura 1, continua il trend di discesa iniziato lo scorso ottobre attestandosi sul valore di 14,18 nel mese di dicembre. Dall’immagine in figura 2 si conferma quanto appena scritto con il numero di macchie solari mensili (SSN) in discesa con un valore di circa 41 macchie.

 

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Resilienza tempi di ritorno e memoria corta

Su queste pagine abbiamo affrontato il tema degli eventi estremi moltissime volte, forse troppe. Eppure è molto difficile evitare di tornarci su, perché gli input che arrivano sono davvero tanti. Per esempio qualche settimana fa abbiamo visto come si stia iniziando a parlare di obbligatorietà della copertura assicurativa dalle calamità naturali. Un discorso che da noi è veramente in embrione, malgrado qualche operatore del emrcato assicurativo si stia già muovendo e malgrado in altri paesi il percorso, pur difficile, sia in effetti già tracciato.

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Ho un SUV che è un jet!

Il mio SUV, ma anche il vostro o, se preferite, la vostra utilitaria, è un jet. Ma non nel senso del motore a reazione, piuttosto nel senso del jet stream, ossia il veloce flusso ad alta quota che separa l’aria polare da quella delle medie latitudini e quest’ultima dall’aria sub-tropicale.

 

Il jet stream, o corrente a getto, è il motore della circolazione atmosferica a livello emisferico, dove il calore ricevuto dal Sole ne è invece il carburante. Volendo potremmo andare avanti parecchio con i paragoni tra un mezzo meccanico e la circolazione dell’aria attorno al Pianeta, ma per il momento ci fermiamo qui.

 

Ci basti sapere che le oscillazioni latitudinali e longitudinali della corrente a getto polare determinano la rotta delle perturbazioni. Quella che stiamo vivendo per esempio è una stagione che sta vedendo il getto polare muoversi a latitudini piuttosto basse, sicché le perturbazioni viaggiano basse e la stagione è piuttosto piovosa. I “puristi” del meteo mi perdoneranno per questa descrizione a dir poco grossolana, ma ne avevo bisogno per preparare l’argomento di oggi.

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El Azizia 13 settembre 1922, 58°C: un record da cancellare.

Gli appassionati di meteorologia sanno bene di cosa parlo, il 13 settembre del 1922, quando fiorivano (si fa per dire) le attività coloniali del belpaese, in un avamposto situato a pochi chilometri dalla costa libica, appunto nella località di El Azizia, fu misurata una temperatura massima di 58°C. Una misura che ha resistito per 90 anni come record assoluto di caldo sul Pianeta, almeno con riferimento a quanto è stato mai misurato in condizioni cosiddette standard.

Ma questo record, probabilmente, è un falso. Anzi, dato che appena tre mesi fa c’è stato un pronunciamento ufficiale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, si può fugare ogni dubbio: a El Azizia, in quel lontano giorno di fine estate ha fatto caldo sì, ma non più caldo che mai.

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Un mese di meteo: Dicembre 2012

di Guido Guidi e Luigi Mariani

 

Introduzione

Dopo la sperimentazione di un commento settimanale da questo mese abbiamo deciso di cimentarci con un commento meteorologico mensile che renda ragione di andamenti ed anomalie riscontrate con riferimento ad una normale climatica che per le temperature massime e minime è costituita dalla media ventennale 1993-2012 e per le precipitazioni dalla media 1995-2012 riferita ai dati della banca dati agrometeorologica nazionale di CRA-CMA (www.cra-cam.it). I dati del periodo in corso sono stati attinti sia dalla banca dati CRA-CMA che dalla banca dati NOAA-GSOD.

 

L’analisi circolatoria si è riferita a dati NOAA NCEP.

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Sette giorni di “Tempo” – 19/25 Dicembre 2012

di Guido Guidi e Luigi Mariani

Commento

Il periodo di riferimento (19-25 dicembre 2012), ha visto inizialmente una decisa ripresa dell’indice di zonalità del flusso perturbato principale, con l’Oscillazione Artica in costante aumento e la North Atlantic Oscillation tornata in territorio positivo. Zonalità consolidatasi il 20 di dicembre, pur in presenza di una contestuale ripresa del campo di massa in area atlantica, con lo sviluppo di un  promontorio di origine sub-tropicale sul vicino atlantico. Il flusso sul bordo discendente di detto promontorio ha accompagnato un debole transiente sulle nostre regioni nella giornata del 21 dicembre. Il forcing in quota associato al transiente si è rivelato più attivo sulle regioni del basso versante tirrenico, segnale messo bene in evidenze dalle precipitazioni cumulate nel periodo (19-22 dicembre). La successiva espansione verso l’Europa centro-occidentale del promontorio ha successivamente generato condizioni di stabilità sul territorio, esercitando al contempo una accentuata compressione adiabatica sulle regioni settentrionali, fatto a cui si deve la persistenza delle formazioni di nebbia in Pianura Padana, provocando inoltre un deciso rialzo termico in particolare sulle regioni centro-meridionali. Il promontorio è stato poi quasi completamente eroso alla base dall’ingresso di una nuova saccatura atlantica per fine periodo.

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Sette giorni di “Tempo” – 5/11 Dicembre 2012

di Luigi Mariani e Guido Guidi

Commento

Nel periodo di riferimento (5-11 dicembre 2012), l’intero comparto europeo e quindi anche l’area mediterranea sono state interessate da una massa d’aria polare marittima, per effetto di una circolazione in quota caratterizzata ancora da valori dell’indice zonale piuttosto bassi, con persistenza in territorio negativo tanto dell’indice AO quanto di quello NAO.

Ne è risultata una circolazione media dominata da due centri d’azione: un robusto promontorio in area atlantica, esteso dalle latitudini tropicali all’Islanda e una vasta depressione centrata sul Mar Baltico.

Ad una prima fase caratterizzata da un flusso nord-occidentale ad elevato gradiente con passaggio di più impulsi freddi, sul mediterraneo centrale e quindi anche sull’Italia, è seguita una circolazione con componente meridiana ancora più elevata, correnti che hanno pilotato una depressione polare attraverso l’Europa centrale fin sul nostro territorio. A tale depressione ed al suo contributo di aria artica marittima, si devono attribuire le nevicate da deboli a moderate osservate nel periodo.

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Sette giorni di “Tempo” – 21/27 novembre 2012

di Luigi Mariani e Guido Guidi

Sperando di far cosa gradita e invitandovi a prendere parte alla discussione anche con consigli circa la struttura ed i contenuti, ci cimentiamo da oggi in una nuova rubrica che ci vedrà impegnati in un commento settimanale sull’evoluzione dello stato del tempo sul nostro Paese realizzato “a bocce ferme” e che dovrebbe idealmente comporsi di due parti:

  • analisi circolatoria a macro e mesoscala e del conseguente andamento delle temperature al suolo e delle precipitazioni
  • eventuali commenti su altri effetti al suolo (stato delle riserve idriche, fenologia dei vegetali, ecc.).

Commento

Il periodo di riferimento (21-27 novembre 2012) si è aperto sull’area Euro-Atlantica con un pattern circolatorio a macroscala caratterizzato da valori piuttosto elevati dell’indice zonale associati ad una stormtrack bassa di latitudine, come testimoniato dalla neutralità dell’indice AO e dai valori lievemente negativi dell’indice NAO.

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Arriva l’inverno gente, quello vero.

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Negli ultimi giorni si è cominciato a parlare di inverno. Lo ha fatto lo UK Met Office, presagendo un’altra stagione difficile per l’Europa e più nello specifico per la Gran Bretagna, arrivando a dire che quello prossimo potrebbe essere per loro l’inverno più freddo degli ultimi 100 anni. Bontà loro, se le classifiche ex-post hanno poco senso, quelle ex-ante ne hanno ancora meno. Da noi lo ha fatto il CNR IBIMet, notizie riprese entrambe da Meteoweb (qui e qui), andando sempre nella direzione del freddo ma immaginando pattern atmosferici più continentali – e dunque siberiani – che non artici, come previsto invece dagli amici inglesi.

Il comune denominatore è dunque il freddo, ma gli approcci sono distanti in termini di dinamiche della circolazione emisferica. Difficile che si possa sperimentare un mix tra le due cose, anche se l’esperienza insegna che l’atmosfera ha sempre qualcosa di nuovo da mostrare.

Per parte nostra, proseguiamo nel solco tracciato negli anni scorsi e recentemente ripreso con il post di introduzione ai nostri outlook dell’ottobre scorso. Come leggerete, ci associamo al comune denominatore di cui sopra, ma l’analisi e le considerazioni sono abbastanza diverse e sono scisse in due parti, con il discorso che torna ad unirle alla fine. Quello che segue è forse il post di argomento meteorologico (con una strizzata d’occhio al clima stagionale) più interessante e meglio argomentato che abbiamo mai pubblicato, perciò, mettetevi comodi e, visto che si tratta pur sempre anche di una previsione, incrociamo le dita!

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Outlook inverno 2012 – 2013

di Carlo Colarieti Tosti

La situazione stratosferica nei piani medio-alti (tra 30 e 1hPa) è caratterizzata da una anomalia negativa di geopotenziale espressa attraverso l’indice NAM (Northern Annular Mode) con il recente avvicinamento alla soglia di +1,5. In letteratura tale circostanza suggerisce la possibile propagazione verso la troposfera della consistente vorticità stratosferica accelerando e chiudendo in sede artica il Vortice Polare Troposferico (VPT) instaurando quindi un periodo di Oscillazione Artica  (AO) positivo. Le conseguenze alle medie latitudini sono note e possono riassumersi in una generale tendenza a configurazione ad elevato indice zonale.

La situazione però non è così semplice da poter essere licenziata in breve. Spieghiamo perché.

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Le nevi del Kilimangiaro

di Luigi Mariani

Le “nevi del Kilimangiaro” affascinano l’uomo moderno perlomeno da quando Ernest Hemingway scrisse l’omonima novella.

Un ritorno di fiamma dell’interesse verso questo remoto ghiacciaio tropicale si ebbe undici anni orsono grazie all’affermazione del geofisico Lonnie Thompson (2001) il quale disse che “è probabile che fra vent’anni il solo pezzo di ghiaccio del Kilimangiaro rimasto al mondo sarà nei nostri frigoriferi”  (qui trovate una biografia di Thompson).

Questo coup de theatre, peraltro citato da Gore nel suo Inconvenient truth, ha avuto un tale successo da fare dei ghiacci dei grandi vulcani africani o del Kilimangiario delle icone degli ecologisti e dei simboli del global warming.

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Monsoni e global warming, un futuro oscuro ma anche no

Direttamente dal “Dipartimento catastrofi in agguato ma anche no”, un paio di input di letteratura scientifica in materia di monsoni.

Al primo sono arrivato due giorni fa attraverso Science Daily, un paper uscito su Environmental Research Letters:

A statistically predictive model for future monsoon failure in India

Mentre il secondo, appena più datato, l’ho trovato sul blog di Roger Pielke sr e viene dai PNAS:

Indian Ocean warming modulates Pacific climate change

Scopriamo subito le carte del primo. Dalla fine di questo secolo (ancora in fasce) e per tutto quello che seguirà, si potrà dire addio al monsone indiano, con tutto quello che questo comporta in termini di impatto per la popolazione del continente asiatico. Infatti, notoriamente, la parola monsone riferita ai mesi estivi, quelli che caratterizzano la stagione piovosa e la separano da quella invernale arida e fredda, significa “ritorno alla vita”. Perciò, niente monsone, niente vita.

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