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Categoria: Climatologia

Un clima meno sensibile, un paper un po’ più chiaro, una ostilità oscura.

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un post circa la pubblicazione di un nuovo articolo scientifico in cui si abbassa in modo consistente la stima della sensibilità climatica, fattore cruciale nella discussione sul peso dell’impatto antropico sulle dinamiche del clima. Qui il nostro post.

Gironzolando per il clima-web, ieri ho trovato una intervista a una delle firme dell’articolo, Natan Urban. E’ una lettura interessante, perché fornisce un chiaro approfondimento dell’argomento e anche del materiale utile alla comprensione del loro lavoro.

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Science: più CO2 ma meno caldo, ovvero, chi di modello ferisce di modello perisce.

Tra tutte le discussioni che è possibile fare sull’argomento clima e, soprattutto, sulla sua evoluzione futura, ce n’è una assolutamente centrale. Se vogliamo, praticamente ogni discorso di pende da questa. Si parla della sensibilità climatica, ovvero della reattività del sistema alle variazioni della concentrazione di anidride carbonica.

Dal valore che si assegna a questa relazione dipende infatti la dimensione del cambiamento prospettato dalle simulazioni climatiche. Non a caso, da diversi scenari di emissione scaturiscono diversi livelli di possibile aumento delle temperature medie superficiali globali.

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E fu così che il tempo divenne il clima

Princeton researchers found for the first time that day-to-day weather conditions have become more erratic in the past generation. Days have increasingly fluctuated between sunny and dry, and cloudy and rainy with little in-between, which can have negative consequences for ecosystems, plants, solar-energy production and other factors that depend upon consistent weather. Green areas on this map indicate an increase in day-to-day solar radiation (sunshine) variability between 1984 and 2007; pink indicates a decrease. The portion over the Indian Ocean is voided due to a lack of consistent data. (Credit: Image courtesy of David Medvigy)

Clima ad alta frequenza, questa è la definizione con cui gli autori di un nuovo studio pubblicato sul Journal of Climate descrivono la variabilità meteorologica giornaliera.

Si passa più rapidamente dal solleone ai nubifragi? Il cielo è più sereno di sereno o più nuvoloso di nuvoloso? In poche parole, il tempo è più pazzo che mai in una sorta di marzo ripetuto per dodici mesi l’anno?

Da qualche parte nel mondo sembra di sì. In valore assoluto sul 35% della superficie del Pianeta, più precisamente nella fascia intertropicale africana e oceanica.

La fonte delle informazioi sono i dati raccolti dal Satellite Cloud Climatology Project e dal Global Precipitation Climatology Project, per un periodo di osservazioni che va dal 1984 al 2007 per le nuvolosità e dal 1997 al 2007 per le precipitazioni.

Però sembra che questa trasposizione nel quotidiano dei cambiamenti climatici – da notare il fatto che gli autori ammoniscono che questa incrementata variabilità potrebbe avere un decisivo impatto sulla generazione di energia e sulla capacità della vegetazione di assorbire CO2 – per essere una risposta locale ad un forcing globale abbia una caratteristica spaziale piuttosto eterogenea (qui, su Science Daily l’approfondimento ed il comunicato stampa).
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I boschi sarebbero molto silenziosi se cantassero solo gli uccelli più intonati.

I boschi sarebbero molto silenziosi se cantassero solo gli uccelli più intonati, invece sembra che i termometri utilizzati a scopi meteorologici siano tutti “intonati” nonostante che quasi nessuno affronti il problema del peggioramento dell’accuratezza della misura con il trascorrere del tempo e tenga conto degli errori strumentali. Le informazioni e/o dati di qualità, non sono necessariamente eccellenti, ma è necessario che il loro requisito di qualità sia noto e dimostrato e che soddisfino i requisiti dettati dallo scopo per cui sono stati prodotti o utilizzati. Invece nel mondo meteorologico sembra che il concetto di qualità si sia cominciato ad affrontarlo solo l’anno scorso, ne abbiamo scritto in “Un mondo alla ricerca della qualità”.

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Durban abbiamo un problema: Non c’è abbastanza global warming

E’ paradossale che questo problema sia sollevato proprio ora. Ora che il gruppo di studio BEST ha ‘scoperto’ che il Pianeta si sta scaldando, derivando questa affermazione dall’analisi dei dati relativi al 60% dei punti di osservazione che giacciono sul 30% della sua superficie. Gli stessi dati che già altri gruppi di studio avevano del resto ritenuto sufficienti e generare quella isteria climatica che anima da decenni il dibattito.

Dicevo è paradossale perché non tutti sanno, anzi lo sanno veramente in pochi, che una cosa è parlare di riscaldamento globale, altra è comprenderne le origini, cioè attribuire una causa a questa tendenza. In sostanza GW e AGW, decisamente non sono la stessa cosa.

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Il Medioevo in Patagonia

Una delle cose che pare siano scaturite dalla rianalisi delle serie di temperatura sulle terre emerse operata dal Berkeley Group, è che in un contesto di trend in aumento a scala globale, le oscillazioni a scala spaziale più limitata appaiono in molti casi in contro-tendenza. Questo non stupisce, dal momento che le dinamiche del clima conservano ancora molti segreti, specie in termini di variazioni di medio periodo.

Il discorso appare ancora diverso a scala locale. Tuttavia, è per certi aspetti stupefacente come, anche con queste premesse, ci siano alcune informazioni tipicamente ‘locali’ che recano indelebili i segni di quelle che si ritiene siano delle variazioni climatiche di respiro globale. E’ il caso del ghiacciaio Jorge Montt in Patagonia. In questo studio

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Scettici siete, scettici resterete. Ora si può.

Ci stiamo girando intorno da qualche giorno. L’amico Teo ha detto che studierà e, se del caso, rivedrà le sue posizioni sul peso che può aver avuto nel computo dell’aumento delle temperature medie  globali l’effetto riscaldante delle aree urbanizzate. L’amico Donato si è detto tutt’altro che sorpreso, come molti altri, dalle affermazioni di base delle quattro draft presentate dal Berkeley Group. L’amico Maurizio, come sempre piuttosto disincantato, ha voluto sottolineare gli aspetti a suo dire poco corretti dell’aver provocato un battage mediatico sulle proprie conclusioni prima di averle sottoposte a revisione.

Ma il succo qual’è?

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Loehle & Scafetta: 0,66°C per secolo, tanto vale l’AGW

Forse non si potrà dire “se tutto va bene moriremo congelati”, come abbiamo scherzato tanto volte sulle pagine di CM. Ma una cosa è certa,…

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