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Categoria: Climatologia

Un mese di meteo – Luglio 2013

 

IL MESE DI LUGLIO 2013*

Andamento circolatorio

La topografia media del livello barico di 850 hPa del mese di luglio, consente di individuare come principale centro d’azione responsabile delle condizioni atmosferiche sull’area italiana un promontorio anticiclonico subtropicale da sudovest che ha influenzato più direttamente le condizioni atmosferiche sulle regioni centro-settentrionali. Al contrario il meridione è risultato esposto ad un regime di correnti nordorientali a debole curvatura ciclonica connesse ad una depressione con centro sull’Anatolia. Nel contesto di tale quadro circolatorio medio si sono manifestate una serie di strutture meteorologiche a più bassa persistenza fra cui una serie di anticicloni di blocco e cinque perturbazioni (tabella 1).

 

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Il prossimo global warming? Sulla Luna!

Il prossimo AGW (quello vecchio si è fermato 15 anni fa e ‘A’ sta per anthropic) sarà sulla Luna. Ovviamente, però, sulla faccia nascosta, dove solo le menti argute e lungimiranti dei catastrofisti generici medi lo potranno vedere, studiare, misurare, spiegare e, ovviamente, pubblicizzare. A noi toccherà crederci e basta, come sempre.

 

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Il vento cambia, il clima non cambia più tanto…

Yvo de Boer, noto comunicaclimatologo già Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, ci aveva avvisati: “Il prossimo report IPCC spaventerà tutti a morte”. Senza mancare di aggiungere che almeno la paura avrebbe dato una scossa a ai politicanti di tutto il mondo, che tra un tremore e l’altro avrebbero finalmente intrapreso la via maestra della lotta al clima che cambia e cambia male. L’amico Claudio Costa ce ne aveva parlato già parecchio tempo fa.

 

Ora siamo ancora in trepidante attesa di questo ennesimo capitolo della saga dell’orrore climatico, ma siamo anche negli anni di wikileakes, del climategate e di Edward Snowden. Poteva restar segreto fino all’ultimo minuto il contenuto (molto parziale e provvisorio) del nuovo report IPCC la cui prima parte è in uscita a settembre?

 

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Che tempo farà nel 2018? Nuvoloso ma caldo!

Una previsione per il 2018. Da meteorologo lo considero il sogno di una vita. Irraggiungibile. Da climatologo, quale non sono ma non chiedetemi perché, lo considererei un traguardo irrinunciabile, anche se lontano e molto difficile da raggiungere.

 

Una disciplina scientifica, quale essa sia, deve avere una sua utilità. Per decenni la climatologia, insieme alle altre branche delle scienze naturali, ha avuto lo scopo di spiegarci cosa é successo nel nostro passato. Da una ventina d’anni a questa parte, dopo aver brutalmente sciolto i suoi legami con il resto del mondo scientifico, specie quello geologico evidentemente non molto incline a rinnegare il proprio passato, fare climatologia sembra possa significare esclusivamente fare previsioni o, per usare un vocabolo appositamente generato, proiezioni su scenari. Con un particolare, tali previsioni-proiezioni, non devono essere verificabili, perciò si parla solo di tempi multi decadali o, meglio ancora, secolari.

 

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El Nino e il Global Warming, questioni di uova e di galline

Un paio di anni fa, forse anche tre, Roy Spencer ha pubblicato un libro in cui dice di essere convinto che l’errore più grosso che la moderna scienza del clima abbia commesso, sia quello di aver confuso i rapporti di causa effetto, ossia di attribuire tutta la responsabilità del riscaldamento delle ultime decadi del secolo scorso alla CO2 attraverso l’aumento del vapore acqueo in atmosfera. Secondo lui, una buona parte del riscaldamento potrebbe essere attribuito anche a piccole variazioni della copertura nuvolosa totale – ossia di vapore acqueo condensato. Sarebbe dunque la nuvolosità a modulare almeno una parte del riscaldamento e non il contrario.

 

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Criticità nelle curve di normalizzazione regionali utilizzate in Briffa et al. 2013

Circa un mese fa, qui su CM, è stato pubblicato un articolo in cui ho commentato un notevole lavoro del dr. K. Briffa et al. relativo alla revisione della cronologia delle serie di dati dendrocronologici desunti dallo studio di campioni (in vivo e sub fossili, cioè alberi morti di cui si conserva, generalmente, la parte più vicina al terreno) di larici siberiani raccolti nelle aree della penisola di Yamal e degli Urali polari russi.

 

Briffa et al., 2013 per estrarre dalle serie di dati raccolti il segnale climatico, ha fatto ricorso a delle curve di normalizzazione regionali (RCS). In occasione del mio precedente commento ebbi modo di sottolineare che queste curve rappresentavano un elemento di una certa debolezza nella trattazione di Briffa et al. 2013. Nelle settimane successive alla pubblicazione del post questi miei dubbi hanno trovato un’autorevole conferma in una serie di post del dr. Jim Bouldin che, in originale, possono essere liberamente consultati qui.

 

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Il riassunto di Nicola Scafetta

Nicola Scafetta, ricercatore della Duke University, ha pubblicato un nuovo paper su Energy & Environment e, puntualmente, me lo ha mandato.

 

Si tratta di un lavoro che riassume quanto faticosamente studiato e pubblicato nel corso degli ultimi anni, in sostanza un resumé di quella che Nicola stesso definisce la sua teoria sui cambiamenti climatici. Gli elementi salienti di questo paper sono per molti aspetti quelli che già conosciamo, ma che per la loro intrinseca complessità penso proprio che necessitassero di un approccio più divulgativo. Esattamente quello che Nicola Scafetta ha voluto fare con questo nuovo paper. Tra gli highlights:

 

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Un mese di meteo – Giugno 2013

Un giugno(*) 2013 altalenante, in cui le anomalie termiche positive delle seconda decade si sono affiancate ad anomalie termiche negative della prima e terza decade portando le temperature medie del mese su valori prossimi alla norma salvo locali anomalie negative specie sul centro-sud. A livello pluviometrico il settentrione manifesta una diffusa anomalia negativa che chiude così la lunga fase ad anomalia positiva che aveva marcato i mesi precedenti. Molto più variegata a livello pluviometrico si presenta invece la situazione al centro-sud.

 

In complesso si è assistito al transito di un totale di 5 perturbazioni principali (grandi saccature atlantiche o grandi depressioni mediterranee o fasi di variabilità perturbata).

 

Andamento circolatorio

 

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Chantal, Kerry Emmanuel e il Carpe Diem

Quella in corso dovrebbe essere una stagione degli uragani particolarmente attiva, spceialmente per l’area atlantica e quindi per la costa est degli USA e i paesi del Golfo del Messico. Almeno così recitava l’outlook della NOAA uscito a fine maggio, giusto pochi giorni prima dell’inizio nominale della stagione. Nel frattempo, altri centri di prognosi, allora in accordo con la NOAA, hanno rivisto leggermente al ribasso i loro outlook. Tra questi l’ECMWF, il centro di Reading al cui mantenimento partecipa anche il nostro Paese. Il modello di reading, tra l’altro, si è dimostrato parecchio più performante di quello della NOAA in occasione del passaggio dell’uragano Sandy, prevedendone con molto più anticipo la deviazione che poi lo avrebbe portato ad interessare le coste USA, sebbene scendendo allo stato di Post-Tropical Storm, cioè sotto la categoria 1 della scala Saffir Simpson, usata appunto per misurare l’intensità di questo tipo di eventi.

 

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Tuning: Il potere delle manopole

Ehm…no, quello nella figura è un altro genere di tuning. La temperatura sale oltretutto molto di più che con il riscaldamento globale, ma è meglio lasciar perdere. Ricominciamo.

 

Con il termine tuning si definisce anche la scelta dei valori da assegnare a quei parametri inseriti in un modello che non possono essere risolti autonomamente dal modello stesso per problemi di scala spaziale, come è il caso ad esempio della convezione nei modelli atmosferici, o per impossibilità di replicarne efficacemente tutti i meccanismi fisici, come è il caso ad esempio della sensibilità climatica per i GCM (global circulation models). Qui, per esempio, un paper che affronta questo tema.

 

Un giro di vite di qua, un altro di là e, se tutto va bene, il modello è pronto per essere lanciato indietro nel tempo, cioè per vedere se riproduce efficacemente il passato. Un eventuale successo di questa operazione non necessariamente è garanzia di successo per il futuro, sebbene questo sia il solo metodo possibile per testarne l’efficacia, al di là dell’ovvio riscontro con la realtà man mano che il modello invecchia.

 

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Duri di comprendonio

Non saprei come altro definirli i nostri media. In una delle nostre ultime discussioni è apparso un commento con il link, che definirei molto appropriato, all’ultima prodezza del solito ignoto redattore di corriere.it. Si tratta di poche righe scritte per rilanciare il report dell’OMM, massima autorità meteorologica mondiale, che riassume quanto accaduto dal punto di vista climatico e meteorologico negli ultimi dieci anni.

 

 

Neanche a dirlo, l’accento è andato sul fatto che l’OMM dichiara che gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando si fanno misure oggettive e che ci sono state circa 370.000 cadute vittima di eventi atmosferici. Un disastro nel forno praticamente. Forse però, i nostri amici del corriere, così come tutti quelli che riprenderanno entusiasticamente questo lancio nei prossimi giorni, dovrebbero andare a leggere quel report. Così facendo scoprirebbero nell’ordine che l’OMM:

 

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Se piove forte non c’è il Sole

Tranquilli, non sono stato troppo tempo sotto al sole, è ovvio che quando la pioggia cade copiosa per vedere il sole bisogna andare sopra le nuvole ma, in effetti, è proprio lì che vorrei andare.

 

Passavo dalle pagine di Tallbloke e ho trovato un articolo che collega gli eventi alluvionali sul nord Italia alle fasi di debole attività solare. Il paper ha questo titolo:

 

Orbital changes, variation in solar activity and increased anthropogenic activities: controls on the Holocene flood frequency in the Lake Ledro area, Northern Italy

 

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Il calore che non c’è ma ci sarà

In attesa della prossima ondata di calore estiva – da notare che quella appena passata non è stata una heat wave vera e propria per durata ed estensione -, ci godiamo, si fa per dire, una visita del fronte polare alle medie latitudini a fine giugno. Non proprio un inizio di stagione promettente. Ad ogni modo, ci sta che già entro la prima decade del mese di luglio o giù di lì, qualcuno possa tornare a consultare le pagine dell’Inferno di Dante per celebrare l’ennesimo battesimo dell’anticiclone africano. Quest’ultimo, è probaile, sarà presto vittima di una crisi di identità, diversa da quella dell’anticiclone delle Azzorre che piuttosto sembra proprio aver smarrito la via di casa nostra.

 

Ma non è di questo calore che parliamo oggi, anche perché i nostri lettori sanno che l’attualità meteorologica frequenta davvero poco queste pagine. Parliamo, anzi, torniamo a parlare, del calore in eccesso atteso invano nel sistema climatico negli ultimi tre lustri.

 

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Gli scienziati Fonzie e le temperature globali

Per quelli come me sospesi a metà tra l’essere giovani e avere smesso di esserlo da un pezzo, c’è un ricordo particolare. Erano gli anni…

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