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Autore: Luigi Mariani

Vespe killer, AGW e Large blue

La Vespa mandarinia è un imenottero vespoideo asiatico, che con i suoi oltre 5 cm di lunghezza  e 7 cm di apertura alare è la più grande vespa del mondo (più grande per intenderci del nostro calabrone – Vespa crabro).  La Vespa mandarinia vive in Asia sia in climi tropicali sia in climi temperati e predilige gli ambienti forestali. Inoltre le sue punture sono spesso letali per l’uomo, tanto che nel solo Giappone l’insetto farebbe ogni anni ben 40 morti.

 

Secondo questo articolo la Vespa mandarinia, per la perversa concomitanza di anthropogenic global warming e deforestazione,  cambierà in futuro il proprio habitat trasferendosi dai boschi alle città e causando in tal modo la morte di moltissimi esseri umani, esseri umani che a loro volta considerano tale vespa come fonte di cibo.

 

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Il Caval Barbero e i Cavalli Frisoni – Note a margine di uno scritto di Cook et al, 2013

di Luigi Mariani e Gianluca Alimonti

 

Gli autori ringraziano il professor Ernesto Pedrocchi per aver loro segnalato lo scritto di Cook et al e per gli utilissimi commenti.

 

L’articolo di Cook et al., 2013

Con l’articolo “Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature”, uscito il 15 maggio 2013 su Environmental research letters, gli autori si propongono di verificare il livello di consenso rispetto alla teoria dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) attraverso un progetto che si autodefinisce di “citizen science” (scienza civica) e che è stato avviato dai volontari del sito web Skeptical science (www.skepticalscience.com). L’obiettivo del lavoro è dichiaratamente “politico” in quanto, come traspare dai primi passi dell’introduzione, si propone di evidenziare il consenso esistente rispetto alla teoria AGW onde evitare che prenda corpo quel “clima d’incertezza” che potrebbe rendere l’opinione pubblica meno propensa a “politiche del clima” volte a ridurre le emissioni di CO2 ed altri gas serra.

 

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Il gelo di Lampedusa

Il TG2 ha mandato in onda due giorni orsono un filmato in cui si mostra la disinfezione di alcuni migranti ospitati nel “centro accoglienza” di Lampedusa (il filmato si può vedere a questo link).

 

Dalla visione delle immagini, girate da un ospite del centro curiosamente dotato di cellulare e computer portatile,  confesso di non essere stato in grado di confermare il giudizio lapidario e senza appello di condanna dei responsabili del centro che è già venuto dai massimi rappresentanti europei ed italiani (il Commmissario UE Malmstrom, il Capo dello Stato , il Presidente del Consiglio, il Presidente della Camera, il Ministro dell’Interno, il Ministro degli Esteri e, giù giù, fino al Sindaco superstar dell’Isola). Un giudizio che a mio avviso avrebbe dovuto essere espresso a seguito di una rapidissima inchiesta affidata a pubblici ufficiali competenti (per inciso ricordo che è stata avviata un’inchiesta della Procura della Repubblica di Agrigento per violenza privata e maltrattamenti nei confronti di persone sottoposte a cura e custodia, sui cui tempi di conclusione non ho notizie).

 

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La Terra dei Fuochi

Quello di cui scrivo qui sotto non i riferisce al clima in senso stretto ma ad un clima in senso lato che sta progressivamente avvelenando il Paese. Mi riferisco alla vicenda della “terra dei fuochi” che in questi mesi ha riempito quotidiani e telegiornali, ha fatto marciare la gente ed ha fatto esternare amministratori e i cittadini sui telegiornali nazionali, con lamentele infinite circa l’assenza dello Stato e lo strapotere delle eco-mafie.

 

Peraltro questo rappresenta solo l’ultimo atto di una vicenda che va in scena almeno dal 1994 (fonte Wikipedia), per cui è oltremodo difficile pronosticare quando finirà.

Vedete, in un Paese normale le autorità locali (penso alla Regione) avrebbero da tempo provveduto a delimitare le aree inquinate, avviare con celerità le opere di bonifica ed infine spiegare alla gente comune che i rifiuti non si bruciano per strada, perché bruciando a bassa temperatura liberano sostanza tossiche (diossina inclusa) mentre lo Stato dal canto suo avrebbe provveduto ad individuare e processare i responsabili (solo eco-mafiosi?).

 

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L’apocalisse di Sartori

“Stiamo inquinando l’atmosfera, stiamo avvelenando l’aria che respiriamo e, al contempo, stiamo destabilizzando il clima. Sono notizie di questi giorni il ciclone senza precedenti che ha colpito le Filippine, e ora il diluvio, la bomba d’acqua anch’essa senza precedenti che si è abbattuta sulla Sardegna e che ancora la minaccia. Forse troveremo il modo di uscire dalla crisi economica (della quale portano la massima colpa gli economisti), ma come fermare l’impazzimento del clima, il progressivo riscaldamento, la crescita dei livelli del mare, l’erosione dei ghiacciai (che alimentano i fiumi) e, infine, la nuova probabile dislocazione delle piogge con la conseguente dislocazione delle zone aride?”

 

Questo capoverso è tratto dall’articolo di fondo del Corriere della Sera di ieri a firma Giovanni Sartori (23 novembre 2013).

Vedete, quello di Sartori è un articolo vergognoso per i contenuti, la vena demagogica e l’assenza assoluta di dati a supporto delle affermazioni in esso riportate.

 

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Se il clima si raffredda – Prove di catastrofismo climatico negli anni ’70

Nel 1975 il mondo scientifico era lontano 1000 miglia dall’aver preso coscienza dei rischi da global warming ed anzi si stava interrogando circa i rischi del fenomeno opposto e cioè di un incontrastabile global cooling. Di questa temperie ho da tempo per le mani due interessanti testimonianze e cioè:

 

  • uno scritto di Hubert Lamb dall’emblematico titolo “Il clima si raffredda” uscito sul numero di agosto-settembre 1973 della rivista divulgativa “Il corriere Unesco”, di cui posseggo copia cartacea. In tale lavoro l’autore (uno dei più illustri climatologi storici del XX secolo) poneva in luce tutta una serie di sintomi di global cooling scrivendo fra l’altro “…divenne ben presto evidente che l’anidride carbonica non poteva spiegare tutto. Infatti, nonostante l’aumento della sua produzione dovuto alla sempre maggiore industrializzazione ed al crescente consumo di oli e di altri combustibili, la variazione delle temperature si è invertita e negli ultimi 25-30 anni la Terra è progressivamente divenuta più fredda. Il raffreddamento è stato particolarmente intenso intorno al 1960 e vi sono oggi prove di  inversioni nelle migrazioni di uccelli e pesci e di contrazioni nell’estensione delle colture e delle foreste.”
  • l’ottimo testo Climate and rice (IRRI, 1979) liberamente accessibile in google books. In particolare a pagina 46 viene presentata una carta mondiale del global cooling, ampiamente commentata nel testo e che pone in evidenzia i rischi per la coltura del riso derivanti dal raffreddamento globale.

 

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Le Temperature dell’Oceano Pacifico negli ultimi 10.000 anni

Negli ultimi 10000 anni l’oceano pacifico è stato quasi sempre più caldo (e dunque più ricco di energia) rispetto ad oggi,  con l’unica eccezione della piccola era glaciale. Inoltre l’optimum climatico medioevale (MWP) e la piccola era glaciale (LIA) sono stati  eventi globali. Queste alcune fra le conclusioni più salienti dell’articolo oggetto di questo breve commento, conclusioni rispetto alle quali è d’obbligo comunque mantenere un atteggiamento prudente.

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In un lavoro uscito pochi giorni orsono su Science a firma di Rosenthal et al. (2013) si analizzano le temperature oceaniche di superficie – Sea Surface Temperatures SST – e dello strato sottosuperficiale – Intermediate Water Temperature IWT (a 500 m e fra 600 e 900 m di profondità). Rosenthal et al. hanno operato in Indonesia nella zona dello Stretto di Makassar e del mare di Flores (figura 1), un’area oceanica nota nel suo complesso come Indonesian Troughflow e che a detta degli autori è fra le più rappresentative in assoluto rispetto al contenuto energetico oceanico globale.  Più nello specifico gli autori hanno analizzato il rapporto fra magnesio e Calcio presente nei foraminiferi bentonici  Globigerinoides ruber (D’Orbigny, 1839) e Hyalinea balthica (Schröter, 1783), il primo rappresentativo per lo strato superficiale ed il secondo per quello sottosuperficiale giungendo a ricavare dati di temperatura riferiti agli ltimi 1000 anni e dunque all’intero Olocene.

 

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La serie storica di copertura nevosa dell’emisfero nord e il cambiamento climatico brusco del 1987

Giorni orsono Guido Guidi, nel post dedicato all’ottobrata ed al nuovo indice circolatorio OPI, ha segnalato un  sito della Rutgers University dedicato alle coperture nevose. In tale sito, alla pagina, è presente una interessante tabella che riporta i dati mensili di fonte NOAA delle superfici innevate nell’emisfero boreale per il periodo 1966 – 2013 su cui ho mi è parso interessante condurre alcune analisi del tutto preliminari di cui qui sotto riporto i metodi impiegati ed i risultati ottenuti.

 

Anzitutto per ragioni di qualità dei dati (i dati dei primi anni solo parzialmente presenti e con alcuni spikes), ho preferito analizzare i soli dati dal gennaio 1973 al dicembre 2012. Da tali dati mensili ho ricavato gli innevamenti medi annuali espressi in milioni di kmq. Le medie, ad una prima analisi visuale, mostrano la presenza di un evidente discontinuità (alias change point, alias breakpoint), con l’innevamento che cala drasticamente a decorrere da fine anni ’80. Per sostituire all’analisi visiva un criterio più oggettivo ho applicato il test di Bai e Perron presente nel software Strucchange di R Cran e che è deputato all’individuazione di discontinuità singole o multiple. Il test, i cui risultati sono illustrati in figura 1,  individua un’unica discontinuità che con una confidenza del 99% ricade fra l’aprile 1986 ed il settembre 1988 (linea orizzontale rossa) e che ha come momento più probabile di accadimento il marzo 1987. Il livello  di confidenza molto alto (99%) ed il fatto che la banda di confidenza sia così ristretta rendono il test assai probante. Si noti che in virtù del “gradino” del 1987 la nevosità media annua passa dai 25.6 milioni di kmq del periodo gennaio 1973- marzo 1987 ed i 24.7 milioni di kmq del periodo aprile 1987-dicembre 2012.

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La realtà oltre il giardino

Chesterton ebbe a scrivere che la vita è un’allegoria che può essere compresa solo attraverso parabole. Questa considerazione, che in fin dei conti riecheggia l’insegnamento di Gesù Cristo, è stata fatta propria da Peter Sellers nel suo penultimo film, “Otre il giardino” (1979), per la cui trama completa se credete potete andare qui.

 

Il film ci pone di fronte ad una società in cui i media creano una realtà virtuale che si sovrappone a quella reale, esautorandola. Non per nulla Chance il giardiniere cerca di cambiare canale quando i ladri fanno irruzione nella casa in cui aveva da sempre vissuto e nella quale i fatti reali entravano solo attraverso il televisore. Lo stesso Chance poi, duramente percosso dai ladri e raccolto ferito da un benefattore, diviene consigliere di illustri finanzieri, che orientano le loro speculazioni con le sue letture all’apparenza sconclusionate dei fatti di borsa che gli vengono riportati.

 

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HIV-AIDS e AGW: Analisi delle similitudini e delle convergenze di due teorie dominanti

Questo articolo di Luigi Mariani offre degli spunti di riflessione molto significativi ma, come giustamente sottolineato nel testo, affronta anche temi sui quali è d’obbligo sospendere il giudizio, essendo molto al di fuori dei nostri consueti argomenti di discussione e delle nostre conoscenze. Al fine di garantirne la massima diffusione, ho deciso di lasciarlo in cima alla lista dei nostri post per qualche giorno. La normale produzione di CM sarà come sempre disponibile subito sotto. Buona lettura.

gg

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Stornare fondi da ricerche scientificamente fondate per attribuirli a ricerche che mancano di prove valide sarebbe irragionevole (Donna Shalala, Ministro della sanità USA nell’Amministrazione Clinton ed attuale Presidente dell’Università di Miami – brano dalla risposta alla lettera con cui il deputato Gil Gutknecht chiedeva fra l’altro di sottoporre a verifica sperimentale la teoria di Duesberg-Mullis)

 

Introduzione

Sulla base di una serie di letture fra cui la decisiva è giunta nelle ultime vacanze svilupperò qui di seguito un parallelismo fra la teoria HIV-AIDS (teoria che sostiene che la sindrome nota con il nome di AIDS è prodotta dal virus HIV) e la teoria AGW (teoria che sostiene che le emissioni antropiche di gas serra sono all’origine di una sindrome nota come global warming) facendo riferimento in particolare ai contesti sociali, economici, mass-mediatici e di politica della ricerca in cui tali due teorie si sono affermate come teorie dominanti.
Premetto che non sono la persona adatta a formulare giudizi sulle teorie legate al tema dell’AIDS e delle sue cause, in quanto si tratta di un settore che esula dalle mie competenze e che questa mia affermazione di “inferiorità rispetto alla materia”,  lungi dall’essere un esercizio di  ponziopilatismo, è doverosa alla luce della delicatezza del tema sul piano sanitario ed umano, delicatezza che impone che siano persone competenti ad esprimere giudizi. Tuttavia mi preme sviluppare questo discorso per ragioni prettamente epistemologiche e di sociologia e politica delle ricerca, ragioni cui vedremo non essere insensibile lo stesso professor Duesberg, che sull’AIDS e sul presunto agente causale HIV dimostra invece di essere assai competente.

 

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Tecnologia e Agricoltura – Spunti di Riflessione dallo Speciale di IEEE Spectrum

Tecnologia e agricoltura: associare i due termini è del tutto spontaneo per l’agronomo ma lo è assai meno per il comune cittadino, vittima dei luoghi comuni del naturale, del biologico, del biodinamico, del chilometro 0, della tradizione, dei buoni cibi di una volta, ecc. E così mentre è chiaro a tutti che sarebbe tecnicamente improponibile ed oltremodo pericoloso realizzare un’automobile con la tecnologia di fine ‘800, lo stesso concetto di “improponibilità tecnica” e “pericolo per la salute” fatica non poco ad essere avvertito in relazione alle filiere agro-alimentari, anche perché le stesse ditte tecnologicamente più avanzate usano i concetti di naturale e pre-tecnologico come strumenti di marketing dei propri prodotti (un esempio per tutti: il “mulino bianco” di Barilla) contribuendo non poco al proliferare di miti e luoghi comuni. In proposito occorre dire in modo netto che è l’agricoltura tecnologica a sfamare il mondo, gran parte del cibo di cui si nutre l’umanità essendo oggi prodotto in aree ad agricoltura tecnologica evoluta quali Usa, Canada, Australia, Europa, Brasile ed India. Inoltre gli esseri umani al di sotto della soglia di sicurezza alimentare sono circa 900 milioni secondo FAO, cifra rimasta pressoché invariata in termini assoluti dagli anni ’60 ad oggi ma che in termini relativi è scesa dal 35% dell’umanità del 1970 al 15% attuale. Per intenderci sono usciti da una cronica insicurezza alimentare i giganti asiatici Cina ed India e la stessa Africa mostra segnali significativi di progresso nell’autosufficienza alimentare. All’ottimismo dovrebbero spingere inoltre i dati in figura 1 ed il fatto che l’outlook FAO del marzo 2013 preveda un raccolto di frumento per l‘anno in corso di ben 690 milioni di tonnellate (28 milioni di tonnellate in più del 2012; il secondo raccolto record di sempre).

 

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Temperature oloceniche, CO2 e dintorni

Questo breve post si basa su quattro diagrammi. Il primo è tratto dal lavoro di Marcott et al. (2013) già commentato tempo fa su CM. In tale lavoro una ricostruzione termica condotta a partire dai dati di 73 proxy ci propone una lettura del trend delle temperature globali improntata al progressivo deterioramento (alias “global cooling”) che sarebbe avvenuto a partire da circa 5.000 anni orsono e cioè dalla fine del grande optimum climatico postglaciale (GOCP), fase calda in cui il mare era più alto di 2-3 m rispetto ad oggi ed i ghiacciai alpini erano secondo alcuni totalmente scomparsi.

 

Fig_1
Figura 1 – La ricostruzione della temperature globali oloceniche proposta da Marcott et al. (2013). Si coglie il deterioramento in atto dalla fine del grande optimum postoglaciale alla fine della Piccola era glaciale.

 

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Se il ghiaccio è come il gruviera, che fine fanno i buchi?

Sono da tempo abituato ad utilizzare le “lenti” di Cryosphere today – sito dell’Università dell’Illinois – per verificare in tempo pressoché reale i dati di copertura glaciale marina artica e antartica. Sono altresì conscio dell’esistenza di dati Nasa riportati al sito NSIDC, che forniscono statistiche analoghe. Di recente tuttavia, la lettura del lavoro di Meier et al. (2013) mi ha spinto ad interrogarmi sulle ragioni della discrepanza fra le due fonti che si percepisce confrontando a occhio i rispettivi diagrammi.  Ma procediamo con ordine.

 

Il lavoro di Meier et al. recupera i dati del satellite in orbita polare Nimbus I relativi alla copertura glaciale del 1964, aggiungendo così un dato importante ai dati da satellite fin qui disponibili e che avevano inizio nel 1979. Dall’articolo  si evince in sostanza che, con riferimento alla copertura glaciale di settembre (mese che  nell’emisfero nord corrisponde al minimo annuale di copertura glaciale marina) si può dire quanto segue:

 

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Messaggi in bottiglia: un nuovo proxy geologico dell’Arctic Oscillation mostra una ciclicità a 1500 anni analoga a quella degli eventi di Bond e di Dansgaard-Oeschger

Un titolo esoterico per un articolo che si propone di porre l’accento su alcuni interessanti elementi legati sia all’evoluzione del clima europeo nel corso della glaciazione di Wurm e dell’Olocene sia alla prevedibilità del clima stesso.

Ma procediamo con ordine vedendo anzitutto di chiarire cosa si intende per eventi di Bond e di  Dansgaard–Oeschger.

 

Gli eventi di Bond (Bond et al., 1997) sono fluttuazioni climatiche del Nord Atlantico che si sono verificate mediamente ogni ≈ 1470 ± 500 anni lungo l’intero Olocene (info qui).  In base soprattutto allo studio delle oscillazioni nei depositi di detriti trasportati dai ghiacci oceanici (i messaggi in bottiglia del titolo) sono stati identificati un totale di 8 eventi che possono a ragione essere considerati i parenti interglaciali degli eventi di Dansgaard-Oeschger, riscaldamenti improvvisi manifestatisi in numero di circa 25 nel corso della glaciazione di Wurm.

Agli studi di Bond si richiama la letter di Darby et al  (2012) pubblicata sul numero di dicembre di Nature geoscience, in cui si descrive quello che può essere considerato come un nuovo proxy dell’AO (Artic oscillation) e  dunque del NAO (un analogo di AO) valido per gli ultimi 9000 anni.

 

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