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Autore: Guido Guidi Luigi Mariani

Un mese di meteo – Aprile 2013

IL MESE DI APRILE 2013*

 

Condizioni di tempo perturbato hanno prevalso nella prima e nella terza decade di aprile con un totale di 5 perturbazioni principali (grandi saccature atlantiche o grandi depressioni mediterranee o fasi a regime ondulato occidentale con variabilità perturbata).  Nella seconda decade del mese si è invece assistito ad una sensibile stabilizzazione per effetto di un promontorio anticiclonico subtropicale da sudovest.

 

Andamento circolatorio

La tabella di sintesi delle strutture circolatorie del mese a 850 hPa indica il prevalere di condizioni perturbate nella prima e terza decade intercalate da una rilevante fase di tempo stabile nella decade centrale del mese.
Nello specifico la topografia media del livello di pressione di 850 hPa per la prima decade di aprile mostra come principali centri d’azione un promontorio anticiclonico proteso dall’Islanda verso la Scandinavia e, scendendo verso Sud, una cintura di basse pressioni connessa ad un più profondo minimo depressionario atlantico ad interessare l’Europa Centrale ed il nord Italia ed infine il Mediterraneo anomalmente interessato da veloci correnti occidentali.

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Un mese di meteo – Marzo 2013

IL MESE DI MARZO 2013* 

 

Nel mese di marzo hanno prevalso condizioni di instabilità intervallate da brevi e temporanee stabilizzazioni. In complesso piovosità anomalmente abbondante su gran parte dell’area, accompagnata da anomalia negativa al settentrione, specie nelle massime. I flussi alla media troposfera sono stati caratterizzati da una elevata velocità per il flusso secondario, che ha mantenuto anche una accentuata zonalità, e da una circolazione molto più lenta per l’area di transizione. Gli indici barici di riferimento per l’area Euro-Mediterranea (AO e NAO) si sono mantenuti in territorio negativo, in particolare l’Oscillazione Artica ha raggiunto valori molto bassi, favorendo la persistenza, anche sulle medie latitudini Europee, di una massa d’aria continentale di origine polare. Ne è risultato un periodo anomalmente freddo per gran parte dell’Europa, con anomalie negative dai tempi di ritorno pluridecennali anche per il Regno Unito. In area mediterranea, la zonaliltà del flusso secondario ha tuttavia mitigato in parte gli effetti di una tale struttura circolatoria.

 

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Milancovich addio?

L’8 marzo 2013 è uscito un comunicato stampa del CNR con l’annuncio di un articolo pubblicato su Science e redatto da un gruppo di ricerca europeo comprendente scienziati dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) di Venezia (Parrenin et al., 2013). Il comunicato stampa aveva l’emblematico titolo “CO2 causa dell’ultima deglaciazione”, il quale  parrebbe a prima vista avvalorare l’idea che la teoria di Milutin Milancovich (1879-1958) sulla causa astronomica delle glaciazioni quaternarie sia ormai obsoleta, vittima dell’onnipotente CO2.

 

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Un mese di meteo – Febbraio 2013

IL MESE DI FEBBRAIO 2013 

 

Nel mese hanno prevalso condizioni di instabilità in tutte e tre le decadi. Il sistema più robusto si è presentato nella terza decade del mese in coincidenza con lo sviluppo di una struttura di blocco connessa ad un anticiclone sul mare del Nord. In complesso piovosità anomalmente abbondante su gran parte dell’area con anomalia negativa limitata al nordovest. Temperature prossime alla norma nei minimi e in anomalia negativa nei massimi, specie sul centro-nord1.

 

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  1. Questo commento è stato condotto con riferimento ad una normale climatica che per le temperature massime e minime è costituita dalla media ventennale 1993-2012 e per le precipitazioni dalla media 1995-2012 riferita ai dati della banca dati agrometeorologica nazionale di CRA-CMA (www.cra-cam.it). I dati del periodo in corso sono stati attinti sia dalla banca dati CRA-CMA. L’analisi circolatoria si è riferita a dati NOAA NCEP (http://www.esrl.noaa.gov/psd/data/histdata/). Come carte circolatorie di riferimento si sono utilizzate anzitutto le topografie del livello barico di 850 hPa in quanto rende in modo molto efficace l’effetto orografico di Alpi e Appennini sulla circolazione sinottica. A tale base si son poi associate considerazioni  relative alla media ed alta troposfera. []
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Tre decenni e un terzo di ghiaccio in meno: perché?

Qualche giorno fa è uscito su Science Daily il commento a uno studio di fresca pubblicazione sul GRL. In realtà più che di uno studio si tratta dei risultati di una campagna di misurazione del volume del ghiaccio artico, misure rese possibili recentemente con l’impiego di un satellite europeo, il CryoSat-2.

 

CryoSat-2 estimates of Arctic sea ice thickness and volume

 

Dati riferiti ad un solo biennio, l’ultimo, ma con queste misure e con quelle della missione satellitare GRACE della NASA, questo gruppo di ricerca ha messo a punto un modello con il quale afferma di avere una buona confidenza circa il fatto che il volume della massa glaciale artica sia diminuita di oltre il 30% dall’inizio delle misure satellitari, cioè dal 1979.

 

Curiosamente proprio in questi giorni stavamo ragionando su altri due paper usciti sempre sul GRL con i quali si cerca di affrontare il tema delle cause di questa diminuzione. In realtà questi scritti non sono in relazione tra loro, però, pur affrontando il tema in modo differente, finiscono in parte per essere in contraddizione.

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Un mese di meteo – Gennaio 2013

IL MESE DI GENNAIO 2013

Prevalenza di condizioni di tempo instabile specie nelle seconda e terza decade del mese. In complesso piovosità anomalmente abbondante su gran parte dell’area e temperature prossime alla norma.1

 

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  1. Questo commento è stato condotto con riferimento ad una normale climatica che per le temperature massime e minime è costituita dalla media ventennale 1993-2012 e per le precipitazioni dalla media 1995-2012 riferita ai dati della banca dati agrometeorologica nazionale di CRA-CMA (www.cra-cam.it). I dati del periodo in corso sono stati attinti dalla banca dati CRA-CMA. L’analisi circolatoria si è riferita a dati NOAA NCEP (http://www.esrl.noaa.gov/psd/data/histdata/). Come carte circolatorie di riferimento si sono utilizzate anzitutto le topografie del livello barico di 850 hPa in quanto rendono in modo molto efficace l’effetto orografico di Alpi e Appennini sulla circolazione sinottica. A tale base si son poi associate considerazioni  relative alla media ed alta troposfera. []
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Sette giorni di “Tempo” – 19/25 Dicembre 2012

di Guido Guidi e Luigi Mariani

Commento

Il periodo di riferimento (19-25 dicembre 2012), ha visto inizialmente una decisa ripresa dell’indice di zonalità del flusso perturbato principale, con l’Oscillazione Artica in costante aumento e la North Atlantic Oscillation tornata in territorio positivo. Zonalità consolidatasi il 20 di dicembre, pur in presenza di una contestuale ripresa del campo di massa in area atlantica, con lo sviluppo di un  promontorio di origine sub-tropicale sul vicino atlantico. Il flusso sul bordo discendente di detto promontorio ha accompagnato un debole transiente sulle nostre regioni nella giornata del 21 dicembre. Il forcing in quota associato al transiente si è rivelato più attivo sulle regioni del basso versante tirrenico, segnale messo bene in evidenze dalle precipitazioni cumulate nel periodo (19-22 dicembre). La successiva espansione verso l’Europa centro-occidentale del promontorio ha successivamente generato condizioni di stabilità sul territorio, esercitando al contempo una accentuata compressione adiabatica sulle regioni settentrionali, fatto a cui si deve la persistenza delle formazioni di nebbia in Pianura Padana, provocando inoltre un deciso rialzo termico in particolare sulle regioni centro-meridionali. Il promontorio è stato poi quasi completamente eroso alla base dall’ingresso di una nuova saccatura atlantica per fine periodo.

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Siccità sotto la lente: è più piccola o più grande?

di Luigi Mariani e Guido Guidi

Sulle pagine di CM abbiamo affrontato molte volte il tema della siccità, argomento quanto mai cogente in materia di dinamiche del clima. Il perché è semplice. Da un lato eventuali modifiche di medio o lungo periodo alla frequenza di occorrenza e all’intensità degli eventi siccitosi, ovviamente modifiche peggiorative, avrebbero un impatto molto significativo sul nostro modo di vivere, dall’altro, proprio per questo motivo, negli ultimi anni sono stati molti i tentativi di realizzare il trasferimento del concetto di per sé intangibile del riscaldamento globale nel mondo reale, attraverso appunto la minaccia di un aumento della significatività di questo genere di eventi.

Ne abbiamo avuto un esempio molto eloquente la scorsa estate, sia nel nostro Paese che, in modo molto più incisivo negli Stati Uniti, con l’assenza di piogge e l’aridità che ne è conseguita che hanno causato seri problemi alla produttività agricola. Il relativo impatto, anche ampiamente dibattuto, sulle dinamiche dei prezzi delle materie prime alimentari è stato portato più volte ad esempio del fatto che la catastrofe climatica non sarebbe solo prevista, ma addirittura già in atto. Questi argomenti, con riferimento agli eventi estremi in generale sono come si sa assolutamente speculativi. Ma se c’è una classe di eventi estremi su cui lo stato dell’arte della scienza sarebbe appena un po’ più confidente questa è proprio quella in cui ricadono gli eventi siccitosi.

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Quando la CO2 fa il tagliando

[info]

Questo post è stato pubblicato nell’ottobre del 2011 ma, per ragioni del tutto ignote, è sparito dalle nostre pagine. Dal momento che l’argomento – tra l’altro mai sopito – è tornato attuale in alcune recenti discussioni, il minimo che potessimo fare è tornare a pubblicarlo, per cui, ecco qua.

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Le discussioni di questi anni ci hanno abituati a considerare la CO2 come un gas pericoloso per la vita e con tempi di permanenza in atmosfera di decine o centinaia di anni. In altri termini attenti a quanto espirate perché una volta emessa la CO2 non torna più giù!

Tuttavia fin dal 1804, grazie all’opera fondamentale di De Saussure, sappiamo che la nutrizione carbonica delle piante avviene a spese della CO2 presente in atmosfera e dunque l’anidride carbonica è da considerare il mattone della vita sul nostro pianeta in quanto gli autotrofi (alghe, batteri, piante superiori) la usano per il processo di fotosintesi, di norma espresso con la formula seguente:

CO2+H2O -> CH2O + O2 (ove CH2O è 1/6 di una molecola di glucosio che è C6H12O6).

Si crea così una dicotomia antropologicamente lacerante che porta i più critici a domandarsi come sia possibile che un ecosistema come quello terrestre che vanta 2, forse 3 miliardi di anni di vita, abbia potuto convivere con una CO2 dottor Jeckill – mister Hide senza mai esserne sopraffatto. Tutti i nostri ragionamenti si fondano da tempo su misure regolari della concentrazione atmosferica di CO2 condotte in siti sparsi per il globo e che ci rendono manifesti i seguenti fatti:

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