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Autore: Guido Guidi

Com’è freddo il global warming…

Alcuni giorni fa, attraverso il blog di Andrew Montford (Bishop Hill), mi sono imbattutto in una notizia interessante e anche in controtendenza direttamente dal mondo reale. La fonte è il sito web Sail-World, un portale di informazioni per i naviganti, con specifico riferimento al diporto e alle attività sportive. Senza mezzi termini leggiamo l’incipit:

 

Dopo decadi di cosiddetto global warming, il Passaggio a Nordovest ha quest’anno un significativo 60% in più di ghiaccio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I sogni futuri di dozzine di avventurosi marinai sono ora minacciati. Un certo numero di imbarcazioni inoltratisi nel leggendario Passaggio sono bloccati dal ghiaccio, che ora blocca entrambi gli accessi, con la stagione di transito che potrebbe finire presto. Douglas Pohl racconta la storia: […]

 

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La religione dell’AGW

Oggi torniamo sul tema della comunicazione scientifica e dei tratti caratteristici assunti dal movimento-salva-pianeta comuni alla gran parte delle emergenze planetarie virtuali che la nostra storia moderna ha conosciuto. Lo facciamo con un articolo di Richard Lindzen disponibile in pdf a questo link:

 

Science in the Public Square: Global Climate Alarmism and Historical Precedents

 

Senza mezzi termini, Lindzen paragona l’AGW ad una religione e ne paragona l’evoluzione con il movimento dell’eugenetica, con l’immigrazione e con le folli teorie di Lysenko. Un breve estratto per invogliare la lettura:

 

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Mezzo global warming grazie… anzi no, un quartino!

Un nuovo paper, tanto per cambiare:

 

Recent global-warming hiatus tied to equatorial Pacific surface cooling

 

C’è chi ha reagito riportando di aver sentito volar via la testa, chi, invece, ha voluto approfondire ulteriormente. Questa qui sotto è la figura chiave del lavoro:

 

 

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Il termometro dell’AGW è l’Antartico, non l’Artico.

La dottrina del riscaldamento globale, ma soprattutto la dinamica della redistribuzione sul pianeta del calore in eccesso ricevuto dalle latitudini equatoriali, insegnano che i poli, ovvero le alte latitudini, si scaldino di più e più velocemente del resto del pianeta. Questo effetto è normalmente definito amplificazione polare. Cioè, all’insorgere di una forzante che alteri l’equilibrio del bilancio radiativo e lo faccia in modo uniforme e ben distribuito sull’intero globo, identificata nella fattispecie nell’accresciuta concentrazione di gas serra, gli effetti in termini di aumento delle temperature medie devono essere molto evidenti ai poli, un po’ meno alle medie latitudini e quasi assenti nelle aree tropicali e sub-tropicali.

 

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Mirror posting: I fulmini di sempre. Per qualcuno sono nuovi

La versione originale e integrale di questo post è stata pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana a firma di Fabio Spina.

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I fenomeni meteorologici più estremi avvengono quando masse d’aria con cospicue differenze nelle caratteristiche fisiche, come la temperatura, vengono a contatto e sono costrette a mescolarsi, causando veloci processi di condensazione e bruschi mescolamenti verticali. Quindi i fenomeni più dannosi avvengono quando su un’area riscaldata da mesi per la permanenza di aria calda ed umida (di origine meridionale, talvolta africana) irrompe per la prima volta aria fredda e secca proveniente dal nord. Per avere un’idea grossolana si può pensare ad acqua che cade su una padella arroventata.

Quando possono accadere con maggiore probabilità sull’Italia questi fenomeni? Tutti sanno che è a fine estate, dopo ferragosto accade quella che è nota come “crisi dell’estate”, “rottura dell’estate”, “burrasca di ferragosto”, etc. . Termini con i quali si intende la brusca ‘rottura’ dell’estate per il primo burrascoso arrivo, dopo 2-3 mesi di caldo più o meno intenso, di aria più fresca in genere proveniente direttamente dal Nord Atlantico.

 

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Vizi pubblici e virtù private

Un po’ di pazienza, prima di leggere fate scorrere la sequanza di immagini qui sopra. Fatto? Ok, proseguiamo. Il titolo che ho dato a questa post necessita immediatamente di un caveat. Che le virtù private si comincino a vedere è un fatto, che continuino ad esserci dei vizi pubblici è da vedersi, anche se a meno di un mese dalla pubblicazione del 5° Report IPCC il sospetto comincia ad essere forte.

 

Già perché ormai una decina di giorni fa, pare abbia circolato per le redazioni di alcune importanti testate una bozza del suddetto report. Secondo il New York Times, per esempio, ripreso anche dal National Geoghraphic, il livello di certezza che una buona parte se non tutto il riscaldamento cui è andato soggetto il pianeta nelle ultime decadi dovrebbe salire dal 90% del 4° Report IPCC al 95% nella futura pubblicazione. Altro caveat. Trattasi di bozza e di un documento che comunque deve ancora essere soggetto agli ultimi ritocchi nella plenary session in cui fra i rappresentanti dei vari governi generalmente volano le sedie, ma è difficile che cambino i numeri, più probabilmente potrà cambiare l’accento in qualche frase.

 

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Il clima cambia sempre…e lo fa pure di corsa!

Quello degli shift climatici o cambiamenti di regime, oppure ancora, di rapide variazioni dell’assetto della circolazione atmosferica, è un argomento che abbiamo affrontato più volte (qui, per esempio, addirittura nel 2008) ed è quello che a mio parere andrebbe maggiormente approfondito per guardare alle dinamiche del clima attraverso una lente d’ingrandimento diversa dal solito paradigma +CO2=temperature più alte. Non fosse altro perché ci sono prove evidenti che questi cambiamenti di regime siano avvenuti e ce ne sono di altrettanto evidenti che l’equazione appena citata non funziona.

 

Sarà per queste difficoltà, sarà per un sempre maggiore interesse verso previsioni climatiche a ridotta scala spazio-temporale, ma l’interesse e quiandi anche la comprensione scientifica per questi eventi di brusco cambiamento stanno decisamente crescendo. Nelle serie storiche dei dati osservati più affidabili e recenti, di questi eventi se identificano due, uno dopo la metà degli anni ’70 e uno dopo il super El Nino del 1998, in entrambi i casi, con l’Oscillazione Decadale del Pacifico a giocare un ruolo determinante. Nel primo caso il clima del pianeta è infatti passato da una modalità “fredda” ad una “calda” e sono arrivati gli anni del riscaldamento globale. Nel secondo caso, ormai 15 anni fa, si è innescato il processo opposto, sebbene con modalità differenti e con differente contributo dei vari fattori in gioco. Diverso è stato infatti il comportamento dell’Oscillazione Multidecadale Atlantica, ancora in fase positiva e diverso è stato il contributo del Sole, entrato in una fase di quiescenza. Guarda caso, dopo questo secondo shift, la temperatura media superficiale del pianeta ha smesso di crescere.

 

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Terra verde, terre rare, terra di conquista

La Terra verde è la Groenlandia. Le terre rare sono quelle preziosissime materie prime sconosciute ai più che costituiscono il fondamento della tecnologia occidentale, materiali di cui è straricca la Cina, molto meno tutti gli altri. Pare che ne sia ricca anche la Groenlandia, secoli fa teatro dello sviluppo e del declino della tribù di Erik il Rosso grazie ad un lungo periodo particolarmente caldo anche per quelle latitudini, oggi abitata da poche decine di migliaia di persone riunite in uno stato sulla carta autonomo in realtà legato a filo doppio e triplo con la Danimarca.

 

La novità è che i groenlandesi hanno deciso di dar corso allo sfruttamento del loro sottosuolo, comunque raggiungibile solo dopo aver attraversato qualche centinaia di metri di ghiaccio. Però, secondo Yahoo finanza, il riscaldamento globale starebbe rendendo quei suoli più accessibili, sicché gli abitanti della ex terra verde ora ancora bianca malgrado quanto scritto su Yahoo, avrebbero lanciato una campagna di attrazione degli investimenti esteri. Soldi, naturalmente, ma anche teste e braccia (possibilmente attaccate tra loro attraverso delle spalle e qualche collo), perché servirebbe anche parecchia manodopera. Leggiamo, con l’aggiunta di qualche neretto (originale) e un po’ di rosso (mio):

 

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Riflessi incondizionati…glaciali

Agosto, sole, mare, caldo (e temporali!). Il pensiero va inevitabilmente a qualcosa di rinfrescante, possibilmente con ghiaccio. Dev’essere per questo che negli ultimi giorni si fa un gran parlare di ghiaccio negli ambienti meteo-climatici. Qualche giorno fa è entrata in campo anche la NASA, con il suo solito stile, ovvero, un comunicato stampa:

 

Arctic Sea Ice Update: Unlikely To Break Records, But Continuing Downward Trend

 

Cioè, difficilmente vedremo un altro minimo storico come quello del 2012, ma la tendenza alla diminuzione nel lungo periodo continua. Di questi tempi anche due granitiche certezze a buon mercato come queste hanno il loro pregio. Infatti, che il l’estensione del ghiaccio marino artico attualmente sotto la media di lungo periodo ma ben dentro le due deviazioni standard possa “crollare” nel giro delle 2/3 settimane che ci separano dal minimo annuale è quasi impossibile; che il trend sia immutato è scontato, perché gli esperti di clima e dintorni ci insegnano che anche se il ghiaccio quest’anno avesse fatto il botto, magari tornando in media o addirittura superandola, il trend di lungo periodo sarebbe stato immutato, sia per definizione che per la matematica.

 

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Pronti, partenza…hic!

Certe previsioni sono facili. Eccoci al via della stagione della chiacchiera vinicola. Per trascorrere questa quasi-ultima domenica d’agosto, una carrellata degli articoli dall’aroma fruttato, anzi…

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