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Autore: Guido Guidi

IPCC AR5…che clima farà?

La settimana scorsa è uscito il Summary for Policy Makers del Working Group 1 dell’AR5, cioè il quinto report che l’IPCC ha redatto a partire dalla sua costituzione nei primi anni ’90. A seguire, dopo soli tre giorni, è comparso anche il report vero e proprio, cioè il  mega volume con cui si dovrebbero fornire le basi scientifiche per le conclusioni esposte nell’SPM. C’è l’imbarazzo della scelta, davvero.

 

Si può infatti decidere se considerare questo ennesimo report di dimensioni bibliche come un’ennesima occasione persa, come uno sforzo organizzativo, economico ed intellettuale enorme completamente inutile o, come è più probabile, come un lavoro a scopo esclusivamente autoreferenziale.

 

Occasione persa. Gli elementi c’erano tutti per riportare il dibattito sulle dinamiche del clima ad una dimensione scientifica libera da condizionamenti politici ed ideologici. I ripetuti insuccessi delle kermesse climatiche annuali, l’evidente raffreddamento dell’entusiasmo dei decisori e, più di ogni altra cosa, la brusca frenata della temperatura media globale, che a dispetto di tutte le funeste previsioni, ha smesso di aumentare da tre lustri. Bastava dire siamo scienziati, non indovini, e siccome la scienza non consente attualmente di fare proiezioni perché quelle che abbiamo provato a fare sono fallite, è necessario approfondire le nostre conoscenze prima di emettere un giudizio. E invece no, il giudizio è arrivato, addirittura più certo nelle parole di quello dell’AR4, nonostante i numeri siano molto meno certi di allora.

 

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Proprio non ce la possono fare…

Allora, lo avevamo anticipato nei giorni scorsi, il ghiaccio marino dell’Artico ha invertito il trend stagionale. Di qui in avanti potrà solo aumentare, fino al picco invernale. Come già anticipato qualche giorno fa il bilancio di quest’anno è nettamente migliore di quello dell’anno scorso e, per molti aspetti, anche degli anni più recenti.

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Una semplice domanda…a cui non giungerà risposta

L’amico Fabrizio Giudici mi ha segnalato un articolo uscito tra le inchieste del quotidiano la Repubblica. Nel pezzo si lamenta l’arresto dei provvedimenti normativi con cui si dovrebbe cercare di fronteggiare il disfacimento climatico giudicato ormai in atto sul nostro territorio.

 

Uragani nel Mediterraneo e alluvioni lampo Senza fondi il piano per il clima impazzito

 

E’ un classico caso di consulenza scientifica verso i decisori, ossia nei confronti di chi fa le policy. Nell’occhiello una parte ‘saliente’ del pezzo. Vediamola:

 

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Un clima mari e monti

Nelle nostre discussioni in tema di clima, è capitato spesso di riferirsi all’Antartide come ad un continente a se stante anche dal punto di vista climatico oltre che geografico. La ragione di questo isolamento è da ricercarsi soprattutto nella circolazione oceanica, ossia nei flussi di profondità e di superficie che attraversano tutti gli oceani.

 

L’antartide è infatti circondato da una fascia di correnti marine che scorrono sia in profondità che in superficie. Tanto la redistribuzione del calore, quanto la ‘cattura’ e successivo deposito di carbonio operate dagli oceani, avvengono attraverso questo circolazione. Di fondamentale importanza sono quindi i movimenti verticali delle acque, che trasferiscono salinità e calore. Su Nature è apparso recentemente un nuovo interessante articolo in cui sono resi i noti i risultati di una campagna di ricerca che ha investigato il rimescolamento verticale nel Drake Passage:

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Antartide, galeotto fu il vento

Questi di metà settembre sono sempre giorni ‘caldi’ per l’argomento ghiaccio e dintorni. Siamo infatti probabilmente al giro di boa per l’estensione del ghiaccio marino artico, con l’NSIDC che a breve confermerà il termine della stagione di scioglimento. Una stagione con bilancio in positivo perché il ghiaccio, pur mantenendosi ben sotto la media di riferimento, ha fatto segnare una notevole ripresa rispetto al minimo storico della stagione estiva 2012, con un’estensione rimasta praticamente per tutto l’anno, ma soprattutto in queste ultime settimane comodamente dentro le due deviazioni standard.

 

In attesa di mettere il punto al Polo Nord, registriamo anche un altro anno in cui il ghiaccio marino antartico è rimasto saldamente sopra la media di riferimento, confermando un trend di segno opposto a quello del ghiaccio marino artico. Al riguardo su Science Daily è passata qualche giorno fa la notizia della pubblicazione imminente di un nuovo paper con il quale si è cercato di spiegare le origini di questa discrepanza, ossia, tanto per cambiare, si è cercato di spiegare perché il ghiaccio dell’emisfero sud cresce ‘nonostante’ il riscaldamento globale. E’ proprio questo infatti il tono dell’articolo con cui su SD danno conto della pubblicazione, inserendo come sempre ampi virgolettati degli autori del paper. Vediamone qualcuno, ma prima sgombriamo il campo da ogni dubbio.

 

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Autunno/Inverno 2013, un’occhiata al cielo

Così, tanto per occupare la domenica, con questa tramontana benigna che allontana l’autunno nonostante sia appena passato l’equinozio. In questi giorni l’anticiclone atlantico ha deciso di fare una gita in Europa con puntata quasi fino a Capo Nord; la spinta meridiana, con il getto in uscita dal Canada che scava in Atlantico centrale, potrebbe finire per indebolirne la base e consentire che si isoli un gyre sull’Europa centro-settentrionale, così avremmo l’aria continentale che scorre sul bordo orientale dell’anticiclone da una parte e quella atlantica che entra sul Mediterraneo dall’altra. Interessanti prospettive! Se non altro, almeno per ora, sono scongiurate le sciroccate autunnali cui dobbiamo i recod alluvionali sul nostro Paese, meglio così.

 

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Global Warming solo quinto, la catastrofe segna il passo.

Qualche giorno fa Andrew Montford (Bishop Hill) ha rilanciato un interessante articolo di Eduardo Porter, giornalista del New York Times. Porter fa sostanzialmente due conti, andando a calcolare quale dovrebbe essere il costo della tonnellata di CO2 in relazione ai disastri paventati qualora gli scenari di riscaldamento prospettati dai modelli climatici dovessero avverarsi, per far sì che l’investimento nella mitigazione di questi disastri si riveli redditizio.

 

Salta fuori un costo esorbitante, superiore alle quotazioni attuali della CO2 che vengono dal mondo reale, di oltre un ordine di grandezza e molto superiore anche le più rosee (e mai verificatesi) prospettive delle proiezioni su cui si è basato lo sviluppo del mercato di scambio dei crediti di emissione. Si pone dunque un problema di ordine ideologico: assumendo che le origini delle dinamiche del clima più recenti siano antropiche e assumendo anche che si possa riparare il danno, che genere di ritorno in termini di danni evitati dovrebbe avere l’investimento nella mitigazione? Gli intendimenti sono andati sin qui nella direzione del ‘costi quel che costi’ ottenendo davvero poco, il mercato, cioè il mondo reale, pretende invece che l’investimento sia redditizio in modo soddisfacente. Leggiamo:

 

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Ad ognuno il suo (negazionismo)…

Non so perché abbia deciso di mettere tra parentesi una parte del titolo di questo post, ma direi che ci sta. E’ un termine troppo brutto per aver diritto a pari opportunità editoriali. Eppure mi tocca usarlo. A quanto pare, dopo essere stato malignamente coniato dai più ferventi attivisti del movimento-salva-pianeta per colpire i non allineati, e dopo essere stato maliziosamente sdoganato da chi dice di essere meno fervente e più buono, ma di non sapere in quale altro modo appellare chi non si schiera tra i crociati del clima, ora ci sono dei negazionisti anche tra le fila dei salvatori.

 

A sostenerlo è Naomi Klein attivista ambientale di lungo corso nonché autrice di libri dai titoli e contenuti inequivocabili, insomma, una di loro. Lo leggiamo attraverso il post di Judith Curry. Ma cosa negherebbero esattamente costoro? Molto semplice, continauno a negare di aver ideato, favorito e sostenuto – ignorando la scienza e il buon senso comune – delle policy climatiche di specifica natura finanziaria che hanno fallito su tutta la linea, non intaccando la concentrazione di CO2 di una singola molecola, e si sono per di più dimostrate per quello che i loro oppositori, gli orridi negazionisti climatici, hanno sempre detto che erano: un affare colossale per le corporazioni, un elemento di enorme pressione per la l’economia e un generale fallimento. Alla base di questa ‘cecità’, secondo la Klein, ci sarebbe qualcosa che sta conducendo le multinazionali dell’ambiente alla disfatta, ovvero lo scollamento tra la dirigenza, perfettamente a proprio agio negli ambienti propri delle multinazionali, e la base, dove risiedono invece le convinzioni a quanto pare spesso ignorate o disattese.

 

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Spiragli di luce sul clima

Domenica scorsa abbiamo goduto dell’ironia di una delle ultime vignette di Josh in tema di clima. Ad appena un paio di giorni di distanza, non potevo certo immaginare che il protagonista della vignetta potesse diventare quell’unico cervellone in camice bianco che sbircia timidamente a lato della ‘meravigliosa macchina del clima’, dove ci sono i cursori di controllo dell’attività solare, mentre tutti gli altri suoi compari fissano rapiti il bottoncino della CO2.

 

Già, perché, con buona pace di quanti la ricerca sul clima hanno deciso di farla al buio, ovvero ignorando quasi del tutto l’influenza che su di esso può avere il comportamento della nostra stella, per fortuna c’è qualcuno che ogni tanto apre uno spiraglio di luce.

 

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