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Autore: Guido Guidi

Disastri naturali e clima che cambia, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

L’argomento di oggi è per noi decisamente fuori stagione. Parliamo infatti di incendi e, salvo casi che sarebbe veramente difficile collegare all’isteria da clima, nei mesi della pioggia normalmente non ci dobbiamo confrontare con questo genere di problemi. Nei mesi più aridi però il problema lo abbiamo eccome, per cui magari affrontare il tema a mente fredda 🙂 potrà tornare utile.

 

Per farlo basta guardare dall’altra parte del pianeta, dove ovviamente sta arrivando la bella stagione, in Australia. Qualche settimana fa sono passate anche sui nostri media parecchie notizie di incendi distruttivi proprio laggiù. Segno inequivocabile del cambiamento climatico, si sono subito affrettati a sentenziare i più bravi. Sicché, dal momento che questa litania comincia anche a diventare noiosa, avevo deciso di non riportare la notizia su CM.

 

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Ciclone Haiyan, la cronaca climatica sterile dopo la tempesta

Purtroppo, con una puntualità e una precisione incredibili, il tifone Haiyan ha devastato le Filippine, giungendo sulla terraferma con un’intensità che se si fosse trattato di un ciclone tropicale sviluppatosi in Atlantico sarebbe stata oltre il massimo grado della scala di riferimento.

 

Ora si parla del ‘ciclone più distruttivo di sempre‘ e di ‘evento senza precedenti‘. Naturalmente a vanvera. Tra immagini raccapriccianti e situazioni tragiche, si innestano anche i commenti ora di questo ora di quell’esperto in materia. Heidi Cullen che Wikipedia identifica come “Capo climatologo e CEO ad interim di Climate Central, organizzazione no profit di analisi e divulgazione di ricerca scientifica sul clima“, quando ancora Haiyan era poco al largo delle Filippine ha twittato la sua opinione, identificando nella elevata temperatura delle acque di profondità della zona l’origine di tanta potenza. A seguire la NOAA, che diffonde un comunicato stampa che recita così:

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Utilities meteorologiche

La pubblicazione del nostro Outllok, del suo seguito e della previsione basata sull’indice OPI continuano a generare interessanti spunti di discussione. Molti di questi afferiscono a specifiche richieste di previsioni più o meno dettagliate, alle quali rispondiamo sempre nelo stesso modo: non si può fare, almeno non attualmente. Altri, e sono quelli più interessanti, si pongono il problema dell’uso che si potrebbe fare di questi tentativi. Per esempio Luigi Mariani in suo commento si è posto una domanda interessante. Carlo Colarieti ha successivamente  risposto, ampliando il concetto e fornendo ulteriori spunti di riflessione. Vi riporto di seguito entrambi i passaggi aspettando le vostre impressioni.

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Commento di Luigi Mariani

Inviato il 09/11/2013 alle 08:40

Alla luce del considerazioni fin qui svolte, emerge che l’outlook non è prodotto da lasciare in mano ad utenti finali (es: il giornalista che vuol raccontare come sarà il tempo per Natale o il turista che vuol programmarsi la settimana bianca a febbraio o ancora il gestore di scorte energetiche che deve fare contratti per l’inverno successivo). La domanda che possiamo allora farci è se in base alle uscite dell’outlook sia  possibile confezionare dei prodotti per utente finale in forma di bollettini (ovviamente su base probabilistica). Io credo francamente di si ma su questo mi farebbe piacere sentire il suo giudizio.

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E la risposta di Carlo Colarieti

 

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CO2, cibo per le piante ma non solo

L’anidride carbonica è l’elemento chimico alla base della fotosintesi, sia essa prodotta naturalmente o meno, comunque piace alle piante. Tanto da accrescerne notevolmente lo sviluppo all’aumentare della sua concentrazione. Questo è un fatto noto del quale però si sente parlare molto poco. Ancora meno, non è difficile capire perché, si sente parlare del beneficio di cui l’umanità può aver goduto in termini di disponibilità di risorse alimentari primarie proprio grazie all’aumento della concentrazione di CO2 e alla lunga fase climatica favorevole iniziata al termine della Piccola Età Glaciale (1350-1850 circa), giunta per altro ad interrompere soltanto temporaneamente un altro periodo favorevole ancora più lungo innescatosi al termine dell’ultima glaciazione.

 

Molto di più invece si sente parlare del Costo Sociale del Carbonio, ovvero dei costi che potenzialmente l’umanità potrebbe dover fronteggiare a causa dei cambiamenti climatici innescati dall’aumento delle temperature medie superficiali, posto che questo aumento e quei cambiamenti siano per buona parte ascrivibili all’aumento della concentrazione di anidride carbonica.

 

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La Previsione Stagionale per l’inverno sulla base dell’indice OPI

Soltanto qualche giorno fa abbiamo pubblicato un post che descrive il lavoro di ricerca sull’Indice OPI portato avanti da Riccardo Valente, Alessandro Pizzuti, Filippo Casciani e Andrea Zamboni del Centro Meteo Toscana. Poi è arrivato il nostro outlook, appena giovedì scorso. Ora, terminato il mese di ottobre, Riccardo, Alessandro e Andrea hanno finalizzato la loro analisi e prodotto una previsione per la prossima stagione invernale. Naturalmente siamo felici di ospitarla su CM al fine di stimolare la discussione anche tra i nostri lettori. L’approccio è concettualmente molto simile, ma il processo di analisi e prognosi è differente e, come leggerete tra poco, lo sono anche i risultati, sebbene sussistano comunque molte analogie, specialmente riguardo alla zonalità accentuata che dovrebbe caratterizzare l’inizio della stagione fredda e al segno che si pensa possa assumere tendenzialmente l’indice AO.

Nel post che segue c’è inoltre una premessa che mi sento di condividere appieno, ma è decisamente meglio che leggiate per vostro conto, perciò, ecco qua.

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PREVISIONE STAGIONALE PER L’INVERNO 2013/2014 SU BASE OPI

 

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Atlantico: Uragani non pervenuti

“E’ stata davvero un tipo di annata molto strana nell’imprevedibile mondo dei cicloni”. Così tal Jeff Masters, esperto di uragani a Weather Underground. Ad appena un mese dalla fine della stagione degli uragani in Atlantico, stagione che nominalmente termina il 30 novembre, una sola tempesta tropicale è arrivata ad interessare la Florida e in atlantico si è visto un solo uragano, giunto appena all’intensità della categoria 1, ossia il primo gradino della scala di riferimento.

 

Per cui, a meno che l’ultimo mese della stagione, statisticamente quello meno significativo, non presenti delle sorprese, il record di giorni ‘a secco’ di uragani per le coste USA è destinato a salire come prima non era mai accaduto. Eventi meno frequenti ma più intensi? Non si direbbe, dato che anche l’indice normalmente utilizzato per valutarne la potenza (Accumulated Cyclone Energy – ACE), è appena al 33% della norma.

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Ma quanto caldo fa al freddo?

Come ampiamente descritto anche sulle nostre pagine, qualche settimana fa il ghiaccio artico ha girato la boa del minimo stagionale, prendendo quindi nuovamente la via del congelamento. Quest’anno i media non si sono abbandonati ai soliti peana, quella disponibile era in effetti una ‘non notizia’ in termini di clima che cambia e cambia male, perché per diverse ragioni, non tutte note, si è sciolto molto meno ghiaccio di quanto se ne é sciolto nelle passate stagioni calde. Inoltre, altra ‘non notizia’ di questi giorni, il congelamento sta avvenendo molto in fretta, tanto che l’estensione del ghiaccio (figura sopra IARC-JAXA la fonte), è già quasi in linea con la media di riferimento.

 

E’ però chiaro che se una notizia non c’è qualcosa si deve pur fare per crearne una, per cui, dal flusso interminabile di pubblicazioni scientifiche in materia di clima che ormai ci sommerge, ecco spuntare un paper e un comunicato stampa dell’università che lo ha patrocinato che in modo piuttosto lapidario recitano:

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L’Inghilterra ci ripensa, e noi?

Problemi politici ma soprattutto economici quelli alla base delle recenti dichiarazioni del Primo Ministro inglese David Cameron, dichiarazioni però che, con riferimenti ai temi ambientali sono decisamente in controtendenza. Quelle che seguono le sue parole (da GWPF):

 

Abbiamo bisogno di rivedere alcune delle regolazioni ambientali e tasse che spingono verso l’alto le nostre bollette. Sappiamo tutti chi le ha generate.

 

Al di là del sapore squisitamente politico e propagandistico della seconda frase, che evidentmente punta il dito sulla fazione politica avversa, resta il fatto che il governo britannico, come molti altri in Europa, ha un serio problema energetico. Si profila quindi un allontanamento definitivo dalle regole del mercato come spiegava Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno leoni qualche giorno fa.  In sostanza, quello che si profila all’orizzonte, e qui si aprirà un interminabile dibattito tra chi è pro e chi è contro, è un ritorno all’energia nucleare con la collaborazione della Cina e dei cugini francesi di EDF, i quali hanno però preteso un prezzo minimo garantito circa doppio rispetto al valore di borsa dell’elettricità.

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Clima, la stagione dell’incertezza

Intendiamoci, quando si parla di evoluzione del clima nel breve periodo, tipicamente quello stagionale, l’incertezza regna sempre sovrana, perché gli strumenti di cui disponiamo attualmente pur essendo migliorati molto negli ultimi anni, continuano ad essere davvero poca cosa. Ci sono però delle fasi anche molto prolungate in cui questa incertezza aumenta in modo considerevole. Quella che stiamo vivendo negli ultimi mesi è una di quelle.

 

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un post in cui davamo conto di un interessante lavoro portato avanti da un gruppo di studiosi/appassionati italiani. Senza tornarci su più di tanto, se credete tornate a leggerlo, nell’incipit di quel post e di quello studio, si parla del ruolo determinante che giocano negli attuali modelli di previsione stagionale le dinamiche dell’indice ENSO (El Nino Southern Oscillation), cioè di quel particolare pattern climatico essenzialmente guidato dalle temperature di superficie del mare che ha luogo sull’Oceano Pacifico equatoriale.

 

Oltre ad essere assolutamente e direttamente determinante per il carattere che assumono le stagioni sulle due sponde del Pacifico, l’ENSO, modulando il trasporto di calore verso l’alto da una parte all’altra di quello che è il più grande serbatoio di calore di cui dispone il pianeta, è in molti modi responsabile anche del carattere che assumono le stagioni in aree molto lontane dal Pacifico equatoriale, quindi anche alle medie latitudini europee. Questo collegamento, pur importante in valore assoluto, è però molto labile e di difficile e spesso impossibile determinazione, di qui le difficoltà che i modelli climatici per le previsioni stagionali sperimentano alle nostre latitudini. Una labilità che diviene imperscrutabile quando l’ENSO assume valori neutri per periodi molto prolungati, appunto come sta accadendo ormai da diversi mesi. C’è di più, la NOAA, che monitorizza con costanza l’evoluzione dell’ENSO ed emette anche degli outlook di lungo periodo, prevede che le attuali condizioni di neutralità si protrarranno probabilmente almeno fino alla prossima primavera. In poche parole, per i prossimi mesi, non si prevede che arrivino né El Nino, né La Nina, le due fasi rispettivamente calda e fredda delle oscillazioni dell’ENSO. Non sarà quindi possibile nel breve pariodo associare alcuna teleconnessione nota e significativa per l’evoluzione delle prossime stagioni all’evoluzione delle dinamiche climatiche dell’area equatoriale del Pacifico.

 

Sorge a questo punto una domanda piuttosto scontata. Quando e perché dovrebbero tornare ad insorgere condizioni più chiare, per esempio una fase calda (El Nino)?

 

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Un po’ di fatti freschi

E’ domenica, evitiamo sforzi intellettuali di cui poi potremmo doverci pentire. Da dubbiosi sulla catastrofe climatica quali siamo, questa prudenza è il minimo, perché le risorse cognitive si sa, le abbiamo limitate.

 

Quindi stiamo ai fatti e, sempre in accordo con il limite di cui sopra, guardiamo essenzialmente le figure (fonte).

 

Fatto # 1: l’Antartide non sa che è uscito l’AR5 ed ha dimenticato di iniziare la fase di scioglimento.

 

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