Salta al contenuto

Autore: Guido Guidi

Inverno 2014, il gruppo di lavoro dell’OPI aggiorna il suo Outlook

Riccardo Valente, Alessandro Pizzuti, Filippo Casciani ed Andrea Zamboni, membri del Center for Study on Climate and Teleconnections di “Centro Meteo Toscana”, mi hanno mandato un aggiornamento del loro Outlook per la prossima stagione invernale. Il lavoro si basa sull’indice OPI da loro stessi sviluppato, indice di cui abbiamo parlato anche sulle nostre pagine. Questo Outlook segue una prima pubblicazione del novembre scorso (qui su CM), e sta già trovando ampio spazio di discussione sul forum del CMT, dove è stato pubblicato in originale alcuni giorni fa. Leggendo quanto ipotizzato in questa previsione, vi accorgerete che la ‘divergenza’ con i nostri Outlook si sta allargando, nonostante l’impianto, ovvero il segno che si immagina possa assumere nel complesso il valore dell’indice AO, sia ampiamente condiviso. L’aspetto più interessante di tutto questo è che in sostanza si parte da approcci molto simili ove non addirittura uguali. L’osservato speciale è il pattern di circolazione del mese di ottobre, mese di formazione del vortice polare, un pattern che sembra anticipare le dinamiche dell’evoluzione della circolazione nel trimestre invernale. Su questa evoluzione però le analisi differiscono, come avrete certamente modo di leggere. Il verdetto lo darà la stagione ma, nella realtà dei fatti, nessuno di noi è particolarmente interessato a questo specifico risultato finale. Quel che ci interessa è capire se questa sia la strada giusta e ci sono tutte le premesse perché lo sia. Per parte mia, sono contento che CM stia iniziando ad essere un catalizzatore di queste discussioni e spero che lo sia sempre di più. Buona lettura,gg

 

OCTOBER PATTERN INDEX (OPI) FORECAST PER LA STAGIONE INVERNALE 2013-2014: PRIMI RESOCONTI , AGGIORNAMENTI E NUOVI IMPORTANTISSIMI SVILUPPI DELLA RICERCA

 

Ci troviamo oggi per fare un primo resoconto in merito alla performance previsionale del nuovo modello di previsione stagionale tutto made in Italy e conosciuto con la sigla OPI. Prima di procedere però consentiteci di fare una breve digressione per rendervi partecipi di una bella notizia per noi, ma riteniamo anche per lo “spirito” della comunità italiana. Lo studio dell’OPI ha avuto notevole risonanza all’estero, con particolare riferimento agli USA, dove addirittura è stato citato da alcune emittenti radiotelevisive (tra cui l’NBC), attirando la curiosità del mondo scientifico. A tal proposito siamo stati contattati, ed è questa la notizia di cui volevamo rendervi partecipi, da uno dei massimi esponenti di questo settore a livello mondiale: parliamo del Professor Judah Cohen.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 5 Comments

Diverse forme di “libero pensiero”

Mi capita tra le mani un articolo di Fedora Quattrocchi, che così si definisce sul suo profilo Twitter: dirigente di ricerca INGV, resp. unità geochimica fluidi, stoccaggio geologico e geotermia ma parlo e penso a titolo personale. L’articolo è uscito su un blog che si chiama liberipensierieoltre, la cui sommaria descrizione, quella che dovrebbe catturare l’attenzione dei lettori è la seguente: Un blog plurale e pluralista, propositivo e di aiuto. Senza fronzoli, nè velleità se non di dire la propria, schiettamente, pacatamente.

 

Si tratta di una cronaca dell’audizione tenutasi presso il Parlamento Europeo sul futuro energetico e climatico del pianeta, audizione alla quale pare4 fossero assenti in blocco i parlamentari italiani, ca va sans dire. Su questa assenza, ma soprattutto sull’inconsistenza delle argomentazioni dell’audizione, la Quattrocchi basa la propria critica, sostenendo a gran voce la necessità di implementare senza indugio le tecniche di CCS (Carbon Capture and Storage) per abbattere drasticamente e rapidamente le emissioni.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 6 Comments

Il Global Warming c’è ma non si vede

Quando alcuni anni fa abbiamo iniziato a parlare del rallentamento e arresto dell’aumento della temperatura media del pianeta, la prima e immediata reazione dei fedelissimi dell’AGW è stata di scherno. Non capite niente, si diceva, quello che conta è il trend di lungo periodo, cosa volete che siano pochi anni di mancato aumento e comunque tra i più caldi. Poi gli anni sono diventati un po’ di più, e allora sono arrivate delle dotte spiegazioni con le quali, lente di ingrandimento alla mano, si notava comunque qualche millesimo di aumento; bastava, come sempre del resto, scegliere accuratamente l’inizio e la fine del periodo da esaminare. Poi gli anni sono aumentati ancora – per la cronaca lo stop all’aumento delle temperature è ancora in atto – e, seppur controvoglia, sono arrivate spiegazioni altrettanto dotte della fine che potrebbe aver fatto il calore scomparso. Stante la persistenza del forcing, ossia il continuo aumento della concentrazione di CO2, dal momento che la teoria è acquisita, se la temperatura media superficiale non aumenta l’energia deve essersi rintanata da qualche parte, per esempio nelle profondità oceaniche.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 13 Comments

Buco dell’Ozono, è tutta questione di ‘tempo’…per ora.

Una notizia sorprendente, con cui alcuni ricercatori della NASA sono entrati a gamba tesa in uno dei temi ambientali più scottanti degli ultimi anni, il depauperamento dello strato di ozono in alta atmosfera. Come molti (quasi tutti) credo sappiano, il “buco dell’ozono” è stata materia prima di acceso dibattito scientifico, poi di raggiungimento di un sostanziale consenso sugli effetti deleteri delle emissioni di clorofluorocarburi (CFC) e poi, nel biennio 1987-1989 (firma e inizio), dell’implementazione del famoso Protocollo di Montreal, con il quale i CFC sono stati messi al bando.

 

L’ultima volta che sulle nostre pagine abbiamo parlato di ozono era per commentare l’uscita di uno studio che attribuiva alle reazioni chimiche dell’alta atmosfera molta parte del trend delle temperature medie superficiali globali, scagionando quindi i gas serra ma mantenendo l’origine antropica di queste variazioni, origine identificata nell’accumulo di CFC.

 

Facebooktwitterlinkedinmail Leave a Comment

La ‘Passione’ delle rinnovabili

Finalmente si sta capendo perché le fonti energetiche alternative a quelle tradizionali siano definite rinnovabili oltre al fatto di non essere derivate da materie prime ‘finite’. Si chiamano così perché rinnovano per l’ennesima volta un problema. Il mercato ha le sue regole, prima tra tutte quella della domanda e dell’offerta. Spesso ci si arriva attraverso percorsi tortuosi e tutt’altro che privi di furbi nascosti dietro l’angolo, ma alla fine il conto deve tornare, non si può pretendere di imporre al mercato di assorbire qualcosa che è diversamente disponibile a costi inferiori e che, per di più, non garantisce il risultato finale. Se si contravviene a questa regola c’è un problema.

 

Questa regola è stata – ed è – largamente disattesa nel settore delle rinnovabili e nelle norme di legge che ne hanno incoraggiato e sostenuto l’esplosione. E ora il mercato si riprende il maltolto. Qualche giorno fa dalle pagine della GWPF è stato rilanciato un commento uscito sul Financial Post:

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Quando si dice cattivo tempo…

…probabilmente non lo si fa con cognizione di causa. Almeno dalle nostre parti. Già, perché, al mondo, ci sono posti dove il tempo è veramente brutto.

 

E’ un esercizio interessante quello fatto da tal Ed Darack sul blog Weatherwise, che ha stilato una classifica delle località con il tempo peggiore sul pianeta. Facile immaginare che noi non ci siamo, naturalmente. Ma per evitare di giudicare “brutto” quello che altri potrebbero intendere come “bello” – penso alle schiere di nevofili che popolano i forum di meteorologia per esempio – forse l’unico criterio oggettivo utilizzabile è prendere in considerazione solo posti dove, in un modo o nell’altro sussiste un elevato rischio per la vita umana derivi questo dal caldo eccessivo, dal gelo, dal vento o da qualunque altra manifestazione degli agenti atmosferici e marini. E, inoltre, si deve trattare di condizioni persistenti, dalle quali, evidentemente, non si può scappare (se non con un biglietto di sola andata).

Diamogli un’occhiata.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Il posto più freddo del mondo

La notizia ha del sensazionale, un gruppo di ricercatori impegnati da anni a raccogliere dati in Antartide, avrebbe misurato la temperatura più bassa mai registrata sul Pianeta, tra -92 e -94°C, al minimo circa 3°C più bassa del record della stazione antartica di Vostok, del 21 luglio 1983. Qui sotto, il comunicato stampa dell’NSIDC:

 

 Landsat 8 helps unveil the coldest place on Earth

 

Si tratta però di misurazioni satellitari ovvero di dati provenienti dalla sonda MODIS del satellite Aqua e dal satellite Landscat 8, appena entrato nella sua vita operativa. Il paragone, quindi, rischia di essere piuttosto difficile.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Uragani, statistiche e classifiche

L’immagine in testa a questo post rappresenta un collage dell’attività dei cicloni tropicali nel corso del 2013. Dati preliminari e passibili di modifiche, che tuttavia difficilmente potranno alterarne il significato in modo consistente. Viene dal blog di Roger Pielke jr che, sempre con gli stessi dati preliminari, ha aggiornato quanto pubblicato l’anno scorso sulla stessa materia. In pratica, il dataset e le dinamiche dell’attività dei cicloni tropicali che hanno ‘toccato terra’ dal 1970 si arricchisce di un anno. La notizia è che quello che si avvia a conclusione è stato a livello globale e per questi specifici eventi un anno sostanzialmente nella media (15 ‘atterraggi’, media 14.7 e 5 di eventi intensi, media 4.7).

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Ri-provaci ancora Sam

Ennesimo tentativo di trasposizione del concetto di cambiamento climatico nel mondo reale, con l’aggiunta del nobile scopo di mettere i decisori di fronte alle loro responsabilità, ovvero di fornir loro informazioni utili al processo decisionale. Piogge intense, giornate roventi e gelo eccezionale, più gli eventuali accessori di vento, mare et similia, tutti equamente distribuiti sul territorio europeo come meglio non avrebbero potuto desiderare i padri fondatori dell’unione.

 

Il progetto è Europeo, appunto, ed è partito nel 2011, con Meteo France a fare da leader. Lo scopo, naturalmente, è quello di far scendere i modelli climatici globali (GCM) alla scala regionale, per capire se in un mondo più caldo (?), con un clima cambiato diversamente dal suo solito cambiare (?), sia lecito o meno attendersi eventi atmosferici più intensi.  

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Poco sole molto freddo

Qualche giorno fa abbiamo fatto quattro chiacchiere con Tore Cocco sul tema delle previsioni di lungo periodo, un tema che presenta molte più ombre che luci. Nel lunghissimo periodo poi, il buio si fa addirittura pesto. Confidiamo comunque che anche queste tecniche progrediscano in futuro, del resto un paio di decadi fa, o anche meno, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sull’attendibilità mostrata oggi dalle previsioni meteorologiche nel breve e brevissimo periodo.

 

Meteo sì, clima no, quindi, almeno attualmente. Nel settore delle previsioni tuttavia, c’è un campo di applicazione che in quanto ad attendibilità se la passa ancora peggio del clima. No, non è quello finanziario, che pure meriterebbe attenzione, è quello solare. Anche in questo settore sono in molti a cimentarsi con prognosi di vario genere, e conseguono tutti più o meno gli stessi risultati piuttosto deludenti. Basti pensare che solo all’inizio dell’attuale ciclo solare, il 24° da quando li contiamo, le voci erano più o meno concordi circa la possibilità che si ripetesse un ciclo molto intenso, alla stregua di quelli che lo hanno immediatamente preceduto, che hanno fatto tra le altre cose segnare un periodo definito “Solar Grand Maximum”. E invece, come ormai è noto, questo ciclo solare non solo si è rivelato sin qui molto debole, ma anche molto lento, tutte cose che farebbero pensare anche ad una scarsa attività solare piuttosto prolungata.

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »