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Autore: Guido Guidi

Le strane coincidenze solari

Sulle nostre pagine abbiamo parlato moltissime volte della relazione tra l’attività solare e le dinamiche climatiche. Un argomento controverso e molto dibattuto in ambito scientifico, in cui sussitono molte correlazioni ma poche o pochissime evidenze di relazione causale, cioè dove le ipotesi riescono a trovare una plausibile espressione fisica e matematica. In particolare, con riferimento alle pulsazioni dell’attività solare che modulano il flusso dei raggi cosmici diretti verso il pianeta, quel che manca è l’effetto amplificante, quella dinamica che può trasformare una causa relativamente piccola in un effetto ben più grande. Il discorso è simile a quello delle modifiche che l’aumento della concentrazione di CO2 starebbe imprimendo al sistema, dove il rapporto logaritmico e quindi decrescente negli effetti tra la quantità di anidride carbonica e il calore ritenuto dal pianeta, sarebbe amplificato da una serie di reazioni a catena divenendo assai più consistente.

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Pacifico equatoriale, possibile El Niño tra l’estate e l’autunno

Dal blog di Jeff Masters su Weather Underground arriva la segnalazione dell’ultimo ENSO update della NOAA. La novità è che dopo un lungo periodo di condizioni di neutralità per l’indice ENSO, pare si stiano generando le precondizioni per l’insorgere di un El Niño per la tarda estate/inizio dell’autunno di quest’anno. L’approccio a questa previsione è piuttosto interessante, perché si prende atto del fatto che praticamente tutti i modelli di previsione sono indirizzati verso una graduale tendenza al riscaldamento delle acque di superficie del Pacifico centrale e orientale, per deflusso delle acque calde accumulatesi sul bordo occidentale del bacino grazie alle persistenti condizioni di neutralità. La probabilità di innesco di un evento El Niño è fissata intorno al 50%. Qui sotto la previsione dell’IRI e, sotto ancora, la performance dei modelli negli ultimi due anni.

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So’ due etti e venti di clima Signò, che faccio lascio?

Da qualche giorno mi è presa così, scivolo sull’idioma. Abbiate pazienza, sono sicuro che la simpatica attitudine del salumiere di turno di abbondare in fase di taglio esiste ovunque, perciò, poco male. Ma, il clima a etti? Non necessariamente, anche chili o quintali se credete, purché sia a peso. Tranquilli, non sono ammattito, non più di quanto non lo fossi già ieri, anche se riconosco che questa non è una garanzia. Queste apparentemente sconclusionate riflessioni fanno parte di quanto mi è venuto in mente qualche giorno fa durante un giro di blog.

L’argomento è, tanto per cambiare, il clima che cambia o dovrebbe cambiare e noi che cerchiamo di riprodurne le evoluzioni. Lo strumento, si sa, sono i modelli climatici. Ora, quale sia il processo che si intende simulare, il modello perfetto è quello che contiene tutte le variabili in gioco e le loro relazioni. Non so quanti ne esistano di modelli del genere, di sicuro, per forza di cose, non ce ne sono tra quelli meteorologici e/o climatici. Mancano informazioni su parecchie variabili, infatti, e su parecchi processi. Anche per quelli tra questi per i quali si ha un buon livello di conoscenza e dati sufficienti, se hanno dinamiche che occupano una scala spaziale inferiore alla risoluzione del modello, si rendono necessarie delle operazioni di aggiustamento tecnicamente definite tuning. Il termine, pur rozzo, è però molto azzeccato, perché di fatto si tratta di virtuali manopole che vengono girate un po’ di qua e un po’ di la’ finche non si raggiunge un equilibrio soddisfacente, cioè finché il modello non riproduce con efficacia il termine di riferimento del sistema o della sua parte oggetto di simulazione.

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Bricoclima

Si chiama weather@home il progetto lanciato da un gruppo di entusiasti ricercatori dell’università di Oxford. L’inghilterra è finita sott’acqua questo inverno? Beh, tutti sanno che i singoli eventi meteorologici non si possono collegare alle dinamiche climatiche, ma per loro non è così. In qualche modo, qualunque modo, deve esserci lo zampino del clima che cambia.

 

E così, dopo attenta riflessione, hanno capito che quello con cui hanno a che fare, l’attribuzione del maltempo al malclima, non è un problema di comprensione di come funziona il sistema, ma un problema di capacità di calcolo. Le due cose potrebbero in verità coincidere se si utilizzassero le simulazioni per investigare le dinamiche del sistema, ma quando le si congela nel limbo CO2centrico con la cui logica sono state costruite e le si usa a scopo statistico, si porta il virtuale nel reale attribuendogli un rango che non hanno. Però, vuoi mettere, far girare un modello sbagliato 100 volte è una cosa, farlo girare centomila è sicuramente un’altra. Quel modello diventerà magicamente efficace. Infatti, le pur sconfinate risorse messe a disposizione di quanti si battono da anni per salvare il pianeta pare  non siano sufficienti, così è nata l’idea di coinvolgere i cittadini chiedendo loro di mettere a disposizione i computer di casa. Obbiettivo, mettere in piedi una mega rete su cui far girare, girare, girare e rigirare i modelli climatici.

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Ma che clima insensibile!

L’immagine qui sopra l’avete già vista pochi giorni fa. Per la verità non era esattamente questa, infatti è stato necessario aggiungerle qualcosa. Si tratta per chi non conoscesse l’argomento di un riassunto grafico di tutte le più recenti stime della sensibilità climatica, cioè dell’aumento della temperatura atteso per un raddoppio della concentrazione di anidride carbonica rispetto ai livelli pre-industriali. Sono tutte stime al ribasso, compresa quella oggetto del nostro post di oggi e che ha reso necessaria la modifica all’immagine.

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Leggi La Stampa che ti passa…la fame!

In realtà quella che viene meno prima è la voglia di leggere. Così La Stampa il 28 febbraio scorso:

Riscaldamento globale diminuirà produzione cereali

Vediamo un po’, pare siano le anticipazioni della seconda tranche del 5° rapporto dell’IPCC. Dopo le basi scientifiche presentate lo scorso autunno è ora la volta degli impatti. Tra questi, in un mondo più caldo (che però non si scalda più ma questa è un’informazione accessoria), spicca la prevista drastica riduzione della produzione cerealicola, cioè dei prodotti alla base della catena alimentare. Il 2% ogni dieci anni, con annessa perdita di 1.450 mld di dollari.

 

Così, sempre La Stampa, il 3 ottobre scorso:

Cereali, sarà un 2013 da recordProduzione al massimo storico

Eh sì, in quello che alla fine abbiamo scoperto essere stato il 4° anno più caldo la produzione cerealicola era in ottobre avviata verso il massimo storico. Se poi ci sia arrivata non lo so, ma di sicuro non è stato un anno di carestia.

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Sopra e sotto l’acqua

Una delle prime cose che si insegna ai bambini in geografia è che il nostro pianeta è per 3/4 sott’acqua. L’acqua, ovvero gli oceani, sono un enorme serbatoio di calore. E’ quindi indispensabile volendo sapere se l’equilibrio termico del pianeta è soggetto a variazioni avere a disposizione dati d’osservazione attendibili ed affidabili, sia per la superficie che per gli strati inferiori, giù fino alle profondità oceaniche.

 

Questo è possibile, tra l’altro parzialmente, solo da qualche anno, cioè da quando sono state disseminate le boe flottanti del progetto Argo. Le serie storiche sono quindi piuttosto giovani, però è già disponibile un dataset ordinato su griglia che copre il periodo che va dal 2005 al 2012.

 

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E continuano a prenderci per il cooling

Circa il titolo, qui e qui i precedenti. Circa i fatti di oggi, mettetevi comodi, non ci vorrà molto.

Pare che le dotte spiegazioni circa le ragioni per cui la temperatura globale ha smesso di crescere malgrado il forcing e le profezie di disastro imminente siano ormai tante da poter comporre una classifica. Per l’esattezza una top ten, che se avete voglia di un riassunto trovate qui.

La new entry è un paper firmato da Gavin Shmidt e soci, cioè dal nocciolo duro del blog Real Climate, la finestra (senza parapetto) sulla sventura climatica prossima ventura.

 

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