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Autore: Guido Guidi

La pioggia in 3D, il sogno di tutti gli appassionati

Così l’ha definito un lettore in un commento apparso su WUWT all’articolo che parla dei dati provenienti dal nuovo satellite messo in orbita da NASA (USA) e JAXA (Giappone) insieme, il GPM Core Observatory, in orbita solo dal 27 febbraio scorso.

La combinazione dei sensori che ha a bordo permette di osservare le precipitazioni distinguendo tra quelle liquide e quelle solide, tra quelle con rain rate molto intenso e quelle deboli, con una precisione ed un dettaglio mai visto per questo genere di informazioni.

Qui sotto il video che spiega un po’ come funziona il sistema.

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5° Report IPCC atto II, impatti, adattamento e vulnerabilità del clima che cambia e…cambia male

E’ iniziata ieri a Yokohama la sessione plenaria dell’IPCC durante la quale i rappresentanti politici dei governi passeranno al setaccio e approveranno riga per riga,…

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Un Final Warming non fa primavera

Il tweet qui sotto l’ho intercettato ormai due settimane fa:

 

I segnali dell’arrivo di una nuova fase di repentino riscaldamento della stratosfera erano appena visibili. Ora, con una precisione quasi cronometrica, stando almeno al testo del tweet, siamo alle prese con una bella discesa di aria fredda sull’Europa occidentale. Ma questa è cronaca meteorologica, per cui passiamo oltre.

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Magnetismo solare e sviluppo tecnologico, un pericolo serio alla ricerca di un nome

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo retweet:

 

 

Si tratta del rilancio di una news della NASA, che ha concluso l’analisi di un’eruzione solare avvenuta nel luglio del 2012. Un CME (Coronal Mass Ejection) tra i più intensi mai misurati, anzi, probabilmente il più intenso da quando li si osserva in modo oggettivo, ovvero con strumentazione moderna. Se l’evento fosse avvenuto con 9 giorni di anticipo l’eruzione sarebbe stata rivolta direttamente verso la Terra.

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Il Polo Nord si scioglie e la colpa è solo… (parte seconda)

Ieri Riccardo Valente e Andrea Zamboni ci hanno accompagnato alla scoperta delle dinamiche accoppiate oceano-atmosfera che incidono maggiormente nell’evoluzione dell’estensione dei ghiacci artici. Oggi ci mostreranno come, secondo le loro ricerche, quelle dinamiche potrebbero avere un’origine ben precisa. Scommetto che la risposta non vi sorprenderà, ma anche che farà venire il mal di pancia a qualcuno!

 

Dopo aver appreso che l’estensione estiva della banchisa artica  discende  dalle caratteristiche e dall’entità dell’Arctic Dipole (DA), cercheremo di individuare i fenomeni da cui questo dipende.

A tale scopo partiamo facendo delle considerazioni a carattere prettamente intuitivo. Guardando al grafico che rappresenta l’evoluzione nel tempo del DA pattern (Fig. 8 del post precedente)  c’è una cosa che balza subito all’occhio: il mutamento più radicale della circolazione sul polo lo si è avuto a partire dal 2005-2006. Questo ci suggerisce che anche il fenomeno che regola il DA pattern (e dunque la circolazione sul polo) abbia subito un cambiamento consistente proprio a partire da quel periodo. Ora, tra tutti i (pochi) fenomeni in grado di forzare pesantemente la circolazione atmosferica a scala emisferica (e dunque anche polare), ce n’è uno in particolare ha subito un pesante stravolgimento nel periodo di riferimento: l’attività solare. Questo fattore potrebbe indurci a pensare che il principale attore in questa commedia sia il sole.  Vediamo ora se riusciamo a trovare delle prove in grado di supportare l’ipotesi dettata dall’intuizione.

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Il Polo Nord si scioglie e la colpa è solo…

Riccardo Valente e Andrea Zamboni, due dei quattro autori della ricerca sulla correlazione tra la circolazione atmosferica del mese di ottobre in area Euro-Asiatica e l’andamento dell’Oscillazione Artica nel trimestre invernale, mi hanno mandato uno studio molto interessante sulle dinamiche del ghiaccio marino artico. Il lavoro è piuttosto lungo, perciò l’ho diviso in due parti. Quella che segue è la prima, la seconda la pubblichiamo domani. Buona lettura.

 

E’ un dato di fatto, il nostro amato polo nord sta soffrendo molto in questi ultimi anni.  I ghiacciai Groenlandesi stanno perdendo pezzi, la banchisa artica estiva è ridotta ad un colabrodo e la colpa di tutto questo è solo nostra. Ce lo hanno detto in tutte le salse, ce lo hanno ripetuto in moltissime occasioni: il polo nord si scioglie ad una velocità impressionante e la colpa è solo ed esclusivamente del riscaldamento globale di origine antropica. Negli ultimi anni, dopo i proclami degli scienziati e le amplificazioni dei media,  sono addirittura intervenute le massime autorità per spiegarci questo facile concetto e metterci dunque  al corrente della delicata situazione. Quindi, ad oggi, non può esserci più alcun dubbio in merito alla questione.

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Quando ghiacciava il Tamigi, c’era di mezzo il Sole

Una suggestiva e neanche così vecchia immagine del Tamigi ghiacciato testimonia un evento che negli ultimi 150 anni e, più che mai nelle ultime decadi, è diventato piuttosto raro. Tra le cause probabilmente la costrizione degli argini che accelera il flusso delle acque e il traffico fluviale, ma, certamente, anche l’aumento delle temperature. Almeno fino alla fine del secolo scorso. Le ultime gelate, non a caso, sono arrivate negli anni ’50 e ’60, mentre durante la Piccola Età Glaciale (≈1450-1850) la frequenza degli eventi era decisamente superiore. Quello sotto è il grafico della serie storica più antica di cui si disponga, la Central England Temperature (CET).

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