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Autore: Guido Guidi

Co2 e ghiaccio: Oggi me la aggiusto così

Ghiaccio artico, gas serra, Max Plank Institute. Ci sono tutti gli ingredienti necessari. Il primo diminuisce, i secondi aumentano, il terzo tira le somme.

Non è la solita simulazione modellistica a individuare nell’accresciuto effetto serra l’origine della diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino al Polo Nord. No, il ragionamento è più complesso, si va infatti per esclusione.
Dall’analisi delle oscillazioni annuali e pluriennali del periodo 1950-1970, evidentemente naturali, hanno desunto che quanto accaduto dopo naturale non può essere. Il fatto che 20 anni di dati non oggettivi difficilmente si possano mettere a confronto con altrettanti anni di dati oggettivi evidentemente dal punto di vista scientifico non e’ limitante. Quindi, fuori uno. Leggendo poi i dati sulla radiazione solare, che nelle ultime decadi sarebbe stata stabile o in lieve diminuzione, hanno desunto che neanche il Sole può averci messo lo zampino. Quindi, fuori due.

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Super Luna e super bagno

Oggi la Luna sarà al Perigeo, cioè al punto più vicino alla Terra della sua orbita. Una super Luna, che apparirà il 14% più grande e il 30% più luminosa. Sarà quindi massimo anche l’effetto sulla marea.

Nell’ormai annosa diatriba sugli effetti negativi dell’innalzamento del livello dei mari, c’è qualcuno che sta interpretando questo evento, che si ripete 3/4 volte l’anno, come una prova generale di tragedia per gli abitanti degli atolli del Pacifico e con loro sicuramente i cittadini di Tuvalu, un lembo di terra il cui punto più alto è appena a 4,6mt sul livello del mare.

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La scoperta dell’acqua calda

Che non suoni ironico o peggio canzonatorio, non ho fatto ricorso al più classico dei modi di dire, si tratta letteralmente di acqua calda che è stata scoperta. Mi spiego meglio. La British Antartic Survey (BAS) è un gruppo di studio permamente che si occupa di ricerca in Antartide. Nei giorni scorsi hanno pubblicato un paper su Nature con il titolo che segue:

Antarctic ice-sheet loss driven by basal melting of ice shelves

In breve. Dalle loro analisi, basate su dati satellitari e modellistica del comportamento della superficie ghiacciata, hanno desunto che la perdita di massa cui sono soggette alcune aree del continente antartico, più precisamente zone costiere ovviamente, sarebbe imputabile non tanto al riscaldamento atmosferico, per’altro assente su gran parte del continente, quanto piuttosto all’azione di correnti marine più temperate. A questo scioglimento, si dovrebbe poi imputare l’accelerazione dei ghiacciai che dall’entroterra si gettano in mare lungo la costa che è stata riscontrata nelle zone soggette a diminuzione di massa. L’arrivo di correnti più calde poi, gli autori lo attribuiscono ad un cambiamento del regime dei venti che sarebbe stato osservato nei tempi recenti.

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Le ultime parole famose

Sembra una barzelletta ma non lo è. Alla fine di marzo, cioè al culmine di un periodo decisamente siccitoso per gran parte del comparto europeo, belpaese e albione inclusi, più o meno tutti, aventi diritto e non, si sono cimentati nelle previsioni stagionali.

Obbiettivo, capire se la primavera, notoriamente stagione piovosa, avrebbe confermato il suo carattere sanando almeno in parte il deficit idrico oppure no. Secondo obbiettivo, gettare il cuore oltre l’ostacolo e farsi un’idea per la prima parte della stagione estiva.

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Il Contrapasso di Eolo

Su Nature Climate Change è apparso un nuovo paper:

Impacts of wind farms on land surface temperature – Zhou et al., 2012-04-30

Si legge nell’abstract (neretto aggiunto):

[info]

L’industria eolica ha sperimentato una considerevolmente rapida espensione di capacità negli anni recenti e questa veloce crescita si prevede continui in futuro. Nel convertire l’energia cinetica del vento in elettricità, le turbine eoliche modificano gli scambi superficie-atmosfera e il trasferimento di energia, di momento, di massa e di umidità all’interno dell’atmosfera. Tali cambiamenti, se sufficientemente ampi dal punto di vista spaziale, potrebbero avere un impatto notevole sul tempo e sul clima a livello locale e regionale. Si presenta qui una evidenza osservativa di tale impatto, basandosi su analisi di dati satellitari per il periodo 2003-2011 su di una regione nel Texas centro-occidentale, dove sono quattro tra le più grandi centrali eoliche del mondo. I nostri risultati mostrano un significativo trend di riscaldamento di 0,72°C per decade, con particolare riferimento alle ore notturne sulle aree delle centrali rispetto alle zone limitrofe prive di installazioni. Si attribuisce principalmente tale trend alle centrali eoliche dal momento che la sua diimensione spaziale coincide molto bene con la distribuzione geografica delle installazioni.

[/info]

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Il giorno (o giornale?) dell’Apocalisse

Erano i tempi di Martin Lutero e della riforma anglicana quando si parlava di apocalisse. Contestualmente si affermava la prima grande rivoluzione tecnologica in termini di comunicazione: l’invenzione della stampa. Ora siamo sicuramente in un nuovo periodo di rivoluzione tecnologica nel campo dell’informazione e si torna a parlare di apocalisse in tutte le salse. Ci sono canali tv dedicati, laddove sui canali a tema più generalista non manca mai in palinsesto un programma opportunamente apocalittico. Sulla rete non ne parliamo, si formano addirittura delle comunità sconfinate, nascono siti web all’upo nominati, si rilancia il tam tam a più non posso. Un caso banale ma esplicativo per tutti il presunto terremoto di Roma del maggio dell’anno scorso o, se preferite, l’assurda isteria del 21 dicembre 2012.

Sicché la maggior parte della gente ci avrebbe fatto il callo e non ci farebbe più caso, anzi, ogni nuova presunta apocalisse sarebbe occasione per fare spallucce, ove invece i pochi che restano vivrebbero una vita di fobie. Questa abitudine sarebbe all’origine della scarsa propensione dei più – e quindi di chi li rappresenta in sede decisionale – a prendere sul serio il rischio global warmig, la cui derivata apocalisse, ovviamente, sarebbe da annoverare tra quelle reali.

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Si torna a parlar di mare

Si è appena sopita l’eco della pubblicazione del nuovo dataset delle temperature superficiali globali della Università della East Anglia, da cui abbiamo appreso che sì, in effetti, negli ultimi 10/15 anni il riscaldamento globale si è visto pochino. Qualche entusiasta ha cercato comunque di far passare questa pubblicazione per una conferma del sempre-più-caldo-moriremo-tutti, ma per quanta buona volontà ci si voglia mettere, pare comunque che l’ora fatidica non sia ancora giunta. Per fortuna.

In assenza di un riscaldamento dell’aria che i media possano cucinare a puntino, meglio tornare a parlare dell’acqua, chissà che magari non sopra, ma sotto la superficie, non possa nascondere qualche ‘calda’ sorpresa. Non si parla più di temperature quindi, ma di contenuto di calore degli oceani, parametro se volete molto ma molto più rappresentativo della temperatura dell’aria in quanto largamente più conservativo e quindi rappresentativo dell’evoluzione del sistema, al punto forse da poterne rappresentare l’integrale.

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La CO2 nel cortile di casa

Le dinamiche della circolazione delle notizie sono strane e imprevedibili almeno quanto quelle del clima. Alcuni giorni fa ho intercettato su Tallbloke il commento ad un articolo scritto da alcuni ricercatori Italiani, un paper comunque attualmente disponibile solo in abstract sui proceedings di EGU.

CO2 fluxes from Earth degassing in Italy – Cardellini et al., 2011

Si tratta dei risultati di una campagna di misura dei flussi di CO2 rilasciati dal terreno, con origini vulcaniche e non vulcaniche. Sebbene come detto si possa consultare solo l’abstract, a questo link c’è una presentazione dello stesso team di ricerca che chiarisce un po’ le idee.

Ad ogni modo, perché ci interessa l’argomento? Vediamo.

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Se il tempo non fosse il massimo

Di sicuro non ci sarà ancora Hannibal, il sedicente anticiclone africano atteso nei prossimi giorni, ma ci sta che questa prima festa primaverile, oltre che tra polemiche sull’apertura o meno degli esercizi commerciali, oltre che tra le prime fave e pecorino della stagione, possa passare anche con un po’ di sole.

Hannibal o il suo fratello minore Asdrubale, arriveranno comunque dopo.

Per inciso questa pratica di nominare i soggetti atmosferici la trovo stucchevole, spesso disinformante e alquanto provinciale.

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Purché l’onda non rompa

Alcuni giorni fa abbiamo ripreso su CM un post di Donna Laframboise. Non tutto però. Avevo deliberatamente scelto di lasciar fuori dal nostro commento il riferimento che in quel post era stato fatto sul narcisismo di un certo ambientalismo militante. Una certa voglia di esserci, di svolgere un compito d’effetto, di primeggiare.

Mi sembrava eccessivo, generalizzante ed eccessivo. Ma devo ricredermi.

Su WUWT è uscita ieri una breaking news: James Lovelock, il ‘padre’ della teoria di Gaia ha riconosciuto di essere stato eccessivamente allarmista. Non starò qui a raccontarvi le decine di frasi ad effetto dense di retorica catastrofista che abbiamo letto negli anni tra virgolette in quanto sue. Chi avesse voglia di rinfrescarsi la memoria può leggere il post di Watts.

‘Gaia’ scientist James Lovelock: I was ‘alarmist’ about climate change

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Mirror posting: La repubblica Verde tende al fallimento

Questo post di Vito Punzi è uscito ieri l’altro su La Bussola Quotidiana.

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La realtà industriale tedesca legata alla produzione di energia solare sta vivendo una situazione per certi versi drammatica: appena qualche giorno fa ha annunciato l’avvio della procedura d’insolvenza il gruppo Q-Cells e si tratta del quarto grande fallimento nel giro di pochi mesi in Germania, dopo Solarhybrid, Solar Millennium e Solon. Per provare a capire cosa stia succedendo nel contesto della politica energetica tedesca occorre ripartire da Fukushima, dalle ripercussioni che quell’evento ha avuto in Germania. Va detto subito: l’avaria subita da quella centrale nucleare, l’anno scorso, non ha provocato alcun cambiamento nel contesto delle centrali nucleari tedesche.

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Ma che ghiaccio fa?

Normalmente di ghiaccio marino se ne sente parlare nel mese di settembre, perché è il periodo in cui si raggiunge nell’Artico la minima estensione annuale, al termine della stagione di scioglimento. A rigor di logica, su di un Pianeta in sofferenza da caldo e con due poli, analoga attenzione dovrebbe ricevere il culmine della stagione di scioglimento del ghiaccio marino antartico. Così non è perché laggiù, con la sola eccezione della Penisola Antartica, che meriterebbe comunque un discorso a parte, l’estensione del ghiaccio cresce initerrottamente da quando la misurazione si intende oggettiva, cioè oltre un trentennio. Qust’anno, per esempio, è sempre stato sopra media.

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Unisci i puntini

Importa a qualcuno cosa dice la scienza? E’ questo l’interrogativo che si pone Roger Pielke jr in uno dei suoi ultimi post. A ispirarne la scrittura, un articolo uscito recentemente sul New York Times.

Argomento, l’ennesimo sondaggio d’opinione sul global warming. Ma con quesiti nuovi, essenzialmente volti a ‘saggiare’ la convinzione del pubblico sul collegamento tra l’occorrenza di eventi estremi e le recenti dinamiche del clima. E così, malgrado il consenso del pubblico stia calando – una consapevolezza per ovvie e giustificabili ragioni per lo più disinformata – sale quello dello stesso pubblico circa il fatto che il tempo stia diventando sempre più pazzo perché è impazzito il clima. Lo definiscono “erratic”, la cui traduzione più idonea potrebbe essere “bizzarro”.

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