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Autore: Guido Guidi

Perché lo leggano tutti

Donato barone, che ringrazio, ha aggiunto un commento al mio breve post sul sisma in Emilia Romagna. Ci ha spiegato cosa si intende per liquefazione delle sabbie. Esattamente quello che cercavo.

Perciò ho deciso di farne un post. Buona lettura.

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Il problema della liquefazione delle sabbie è noto a chiunque si occupi di geotecnica. Voglio affrontarlo dal punto di vista ingegneristico, di chi, cioè, progetta le strutture fondali di un manufatto edilizio, ovvero dal punto di vista geotecnico. Lascio gli aspetti geologici veri e propri a chi si occupa di geologia. A vantaggio della comprensione, inoltre, sacrificherò un po’ di rigore tecnico ben consapevole di espormi agli strali dei puristi 🙂 . Me ne scuso in anticipo.

Il mio professore di geotecnica, prima, e ancor più il mio professore di tecnica delle fondazioni, dopo, hanno sempre cercato di mettere in risalto questo fenomeno subdolo e pericolosissimo. Chi progetta un manufatto edilizio deve valutare la possibilità che il complesso terreno-fondazione possa essere soggetto a fenomeni di liquefazione delle sabbie. In Giappone ed in Cina, per esempio, non è raro osservare edifici del tutto integri che, però, si sono parzialmente immersi nel terreno dopo un evento sismico: responsabile di tutto, ovviamente, la liquefazione delle sabbie.

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Guardare al mare…da tutti i lati

Ho trovato l’articolo che segue sul blog di Roger Pielke Sr:

Sea level rise and the ongoing battle of Tarawa (pubblicato su AGU, leggibile solo a pagamento)

Dall’abstract non si direbbe che parli di argomenti attinenti ai cambiamenti climatici, nella fattispecie all’aumento del livello dei mari, né che parli di comunicazione scientifica. Eppure grazie agli estratti pubblicati da R. Pielke Sr capiamo che è proprio quello l’argomento del paper.

Non mi sembra si possa parlare del punto di vista di uno scettico, anzi, pare proprio che si tratti sostanzialmente di buon senso. Vediamo:

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Terremoto in Emilia: La conoscenza nell’emergenza.

E’ d’obbligo cominciare questo post con un disclaimer. Non abbiamo nessuna intenzione di sconfinare in un territorio che non ci è congeniale. Sulle nostre pagine si parla soprattutto di clima e meteorologia. E’ pur vero che nel corso degli anni abbiamo avuto modo di constatare che per molti dei nostri lettori le Scienze della Terra sono il pane quotidiano. E’ dunque a loro che rivolgo l’appello di aiutarci a discutere quanto vi ilusstrerò brevemente nelle prossime righe.

La cronaca degli ultimi giorni è purtroppo occupata interamente dal sisma occorso in Emilia. Movimenti tellurici che non accennano a diminuire di frequenza e intensità. Uno degli aspetti forse più sorprendenti per chi non è addetto ai lavori e soprattutto per le popolazioni colpite, è stata senz’altro la comparsa del fenomeno di liquefazione dei suoli e di eruzione di sabbia spinta verso la superficie dalla pressione del sisma.

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CO2 o non CO2

Tra pochi giorni festeggeremo il quinto compleanno di CM. Stiamo per finire la pre-scolarizzazione, nel prossimo autunno andremo in prima elementare. Eh sì, perché questo è il livello che ci è stato assegnato. Ma non siamo solo giovani e inesperti, abbiamo anche scarsa propensione all’apprendimento.

Ma, finalmente, ho capito che non è tutta colpa nostra. Se quelli bravi, anzi, bravissimi, continuano a confonderci le idee non miglioreremo mai.

Avevo letto quanto sto per far leggere anche a voi qualche giorno fa. Lì per lì avevo anche deciso di lasciar perdere, perché non avevo capito quasi niente. Dal momento che si trattava delle parole del premio nobel Carlo Rubbia, ero certo che fosse colpa mia o, nella migliore delle ipotesi, di chi aveva riportato la sua opinione.

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Apocalypse Now

Quel pazzo furioso di William “Bill” Kilgore, il comandante della Cavalleria dell’Aria del cult movie da cui ho immeritatamente rubato il titolo di questo post, avrebbe saputo cosa fare: suonare la Cavalcata delle Valkirie a manetta e fare surf in mezzo ai colpi di mortaio. Al diavolo il nemico, al diavolo l’AGW, al diavolo tutti. Colonnello Kurtz compreso ovviamente.

Invece ci tocca leggere l’ennesimo pistolotto spaventevole fresco di stampa da Le Scienze:

L’Apocalisse dietro l’angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?

Per carità, non che manchi di spunti gradevoli questo pezzo, specie all’inizio, quando fa il paragone tra Will Coyote e l’umanità. Sospesi entrambi sul baratro, in attesa di precipitare nel canyon, subito dopo aver preso coscienza dell’ultima fesseria. Un’abitudine per Will, che tra l’altro ne esce sempre malconcio ma incolume, un punto di non ritorno per noialtri, nell’incoscenza dei più nonostante i moniti dei giusti.

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Freddo e polvere di stelle

Buttiamola lì, tanto per ripetere qualcosa detto già molte volte: la normalità per il nostro Pianeta è il freddo, non il caldo. Cioè, i periodi glaciali tendono a persistere molto più a lungo di quelli interglaciali. Nella fattispecie adesso dovremmo essere verso la fine di uno di questi ultimi.

Tra tutti quelli che si sono dannati l’anima a cercare di capire quali fossero le dinamiche di queste mega oscillazioni, ove con mega si intendono tanto la scala temporale quanto quella termica, colui che è andato più vicino alla spiegazione di questi meccanismi è Milankovitch, le cui ricostruzioni delle variazioni della componente astronomica, spiegano abbastanza bene le variazioni nella quantità di energia ricevuta dal Sole all’origine della differenza tra Pianeta caldo e Pianeta freddo.

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Una Rotating Storm sulla Pianura Veneta – Aggiornato

Frequenti ma non così tanto tutto sommato. Gli eventi convettivi a mesoscala cominciano ad affacciarsi sul nostro territorio, segnando ancora, qualora mai ce ne fosse bisogno, il fatto che la stagione stia progredendo ma continui a mostrare il suo lato meno gradevole.

L’episodio è avvenuto nella notte e nelle prime ore del mattino della giornata di giovedì. Già questo, ovviamente, aiuta ad escludere qualsiasi genere di contributo termico allo sviluppo del sistema nuvoloso. L’origine quindi è stata tutta dinamica, sebbene, come spesso accade per questi soggetti atmosferici, i segnali fossero tutt’altro che chiari.

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Eventi estremi in area alpina: Il solito grazie.

Lo ammetto, fino a qualche ora fa non sapevo cosa fosse HISTALP. Ora lo so, è un dataset di osservazioni provenienti dall’area alpina concernente alcuni dei paramentri atmosferici fondamentali costituito da 58 serie storiche di cui la più giovane arriva al 1831 e la più vecchia addirittura al 1760.

Studiare queste serie deve essere veramente affascinante. Lo hanno appena fatto dei ricercatori dello ZAMG, il Servizio Meteorologico Austriaco, gente che con le Alpi ci sa fare.

Non hanno cercato segnali di lungo periodo, non sono andati a misurare indici climatici di vario genere. La loro analisi ha riguardato le oscillazioni ad alta frequenza dei paramentri atmosferici, quelle che caratterizzano la variabilità interannuale e stagionale. Lo scopo era quello di cercare un impronta del forcing antropico nella frequenza di occorrenza di eventi di freddo e di caldo estremi, per cercare di capire se aumentano, diminuiscono o restano quelli di sempre.

Nell’abstract – unica cosa disponibile in rete e al riguardo chi è in grado di dare una mano a reperire il testo per intero è benvenuto – si legge che sostanzialmente gli highlights del paper sono tre:

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Storie di storia di ghiaccio

Funziona così: fai una ricerca, scopri qualcosa che non va proprio nella direzione della catastrofe climatica, scrivi un comunicato stampa in cui fai continui riferimenti a un cambiamento climatico che la tua ricerca smentisce. Se poi il media che diffonde il comunicato fa seguire al tuo un altro comunicato stampa che invece il disastro lo paventa eccome sei a posto.

Nella rassegna di Science Daily di ieri è andata così.

Prima un pezzo che racconta di uno studio in cui analizzando una serie di rilievi fotografici e dati satellitari è stato scoperto che 80 anni fa i ghiacciai della Groenlandia si scioglievano come e più di ora.

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Nature Climate Change: Estate, se non piove farà caldo, ma anche no.

L’intento è chiaro, con la buona stagione alle porte almeno per metà del mondo, c’è qualcuno che si sta portando avanti col lavoro. Si parla di predicibilità climatica a scala stagionale, l’oggetto del desiderio del consumatore generico medio e dei cosiddetti policy makers, ma anche l’incubo di chi fa previsioni.

Che i modelli di previsione stagionale abbiano uno skill piuttosto basso non è un segreto. Che quella che si tira fuori – giusta o sbagliata che si riveli a posteriori – non è una previsione in senso stretto (ma neanche largo) è pure chiaro a tutti gli addetti ai lavori. Lo è invece molto meno per quanti continuano a chiedere candidamente: “Che estate sarà?”. Alla terza ora di premesse e spiegazioni prive di reale interesse per il richiedente, normalmente scatta il sorriso ironico e commiserante, poi, finalmente, il classico “Ah, non si può sapere”.

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Eventi estremi e Climate Change: Anche in Spagna nulla di fatto

Non è certo la prima volta che parliamo di cambiamenti climatici, eventi estremi e danni da essi provocati. Le analisi che abbiamo avuto modo di commentare sin qui hanno però quasi sempre riguardato l’oltre oceano a firma di Roger Pielke jr, sebbene qualcosa di più generale abbia trovato spazio anche nel recente report IPCC dedicato proprio a questo argomento.

Oggi ci avviciniamo un po’ a casa, più precisamente andiamo in Spagna. Su Natural Hazards and Earth System Sciences  è stato pubblicato un articolo focalizzato sui danni causati dagli eventi alluvionali.

Assessing trends in insured losses from floods in Spain 1971–2008

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