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Autore: Guido Guidi

Ma questi qui hanno mai sentito parlare di bisogni primari?

Un paio di settimane fa abbiamo pubblicato in rapida successione una serie di articoli riguardanti delle opinioni più o meno estemporanee sulle vicende climatiche e ambientali. Tra quei post, quello più articolato riprendeva un pezzo di Bjorn Lomborg.

Si parlava di problemi reali, di povertà, di accesso alle risorse energetiche, di qualità della vita insomma, non certo per come la intendiamo noi, quanto piuttosto come è appena necessario per sopravvivere. Senza voler assolutamente ripetere quanto già scritto, riprendiamo soltanto un breve passaggio del pezzo di Lomborg:

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Tutto da satellite

E pensare che c’è qualcuno che continua ad andare in giro raccontando che conosciamo sufficientemente bene il sistema clima di questo Pianeta da poter separare la variabilità intrinseca che lo ha sempre contraddistinto da quella che si sarebbe innescata recentemente.

Alcuni giorni ho letto un articolo in cui si parla di utilizzo dei segnali GPS (sì, quelli dei navigatori satellitari) per migliorare la qualità delle osservazioni satellitari dei parametri atmosferici, soprattutto la temperatura. Lo scopo è ovviamente quello di poter disporre di dati di analisi affidabili ai fini dell’inizializzazione dei modelli meteorologici per le previsioni del tempo, che come si sa pur essendo migliorati tantissimo negli ultimi anni, soffrono ancora moltissimo per l’assenza di dati di analisi sufficientemente attendibili ed omogenei.

Due giorni fa ne ho letto un altro, ancora più interessante.

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Per questi qui ci vuole uno bravo!

Ci vuole uno strizzacervelli, ma di quelli bravi. Questo l’ironico commento di Judith Curry all’ultima perla pubblicata su Nature Climate Change:

Promoting pro-environmental action in climate change deniers

In realtà la Curry ha scritto che ci vorrebbe qualcuno che studi chi scrive certe cose, ma il senso e’ quello.

Vediamo un po’. A parte l’uso smodato del termine ‘negazionisti’, intesi come tutti – ma proprio tutti – quelli che mostrano scetticismo circa le origini antropiche del cambiamento climatico, che fa di ogni erba un fascio e di per se chiude la porta ad ogni genere di confronto, la parte più gustosa è quella che divide l’allegra brigata di inconsapevoli sfascia-pianeta in due categorie:

  1. Quelli che possono essere convinti che dall’azione di contrasto al sedicente pericolo di disfacimento climatico si possa ricavare del tornaconto
  2. Quelli che possono essere blanditi con promesse di maggiore calore umano e speranze in una società migliore
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Scipione tormentone

Nei giorni scorsi è capitato che qualche lettore ci chiedesse lumi sulla meteo chiacchiera del momento, ovvero sulla diatriba Scipione sì, Scipione no. L’argomento è di per se alquanto stucchevole, intriso com’è di potenziali polemiche tra altrettanto potenziali concorrenti nel settore delle previsioni.

C’è in effetti qualcuno che si sente in corsa. Bontà loro, sappiamo che quando c’è di mezzo il fatturato se non corri più forte degli altri perdi la gara, per cui si accomodino pure. Mi limiterei a far notare che quando ci sono di mezzo i servizi ai cittadini sarebbe meglio che non si facessero gare o si dovesse badare al fatturato – almeno non nel senso del conto economico – perché si rischia di dar la precedenza al primo e trascurare la qualità dei secondi, ma questa è una faccenda che lascio volentieri alle riflessioni di ciascuno di voi.

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Ancora dal Dipartimento delle opinioni: Lomborg, Rio e i poveri veri

Ecco un esempio di come le cose sensate debbano comunque essere lette anche se non si è d’accordo su tutto. Nella fattispecie non condivido le certezze di Bjorn Lomborg sul riscaldamento globale, ma tutto il resto – e c’è molto altro – decisamente sì.

L’articolo che segue è uscito un paio di settimane fa sul magazine Newsweek. E’ un po’ lungo e per far prima ho usato google translate correggendo solo ove necessario. Buona lettura.

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Bjorn Lomborg sul summit verde di Rio: La povertà inquina

Il prossimo summit verde delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro è in difficoltà e con buona ragione. I progettisti della manifestazione mammut non sono riusciti ad accordarsi su cosa dire nel documento finale, ironicamente chiamato “Il futuro che vogliamo.” Questa settimana, i dignitari si incontrano a New York City per un ultimo tentativo di trovare un terreno comune.

Non sarà facile. Negli ultimi quattro decenni, la preoccupazione delle Nazioni Unite per le questioni “verdi” si è spostata sempre di più verso le preoccupazioni alla moda dei ricchi occidentali e lontano dalle legittime preoccupazioni della stragrande maggioranza della popolazione della terra.

Non è stato sempre così. Quarant’anni fa, la prima conferenza dell’ONU sull’ambiente a Stoccolma ha contribuito a cristallizzare la necessità globale di una sana politica ambientale. Nei successivi 20 anni, tuttavia, l’enfasi è stata condizionata molto di più guidato da preoccupazioni occidentali. Mentre quella di Stoccolma era stata una conferenza sul tema “Ambiente Umano”, il tema del Summit della Terra di Rio del 1992 è stato “Ambiente e Sviluppo” e lo sviluppo ha avuto il sedile posteriore.

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Metalinguaggio Paleoclimatico

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato una breve lista di espressioni ‘tipiche’ del metalinguaggio che caratterizza spesso la comunicazione scientifica in materia di clima e affini.

Lo scopo era quello di farci su una risata, ma l’impressione è che di qui in avanti gli esempi si moltiplicheranno.

Ieri è uscito su Science Daily il commento ad un paper pubblicato su Nature Geoscience. Si parla di paleoclimatologia antartica, tornando indietro fino al Medio Miocene, cioè tra 16,4 e 15,7 milioni di anni fa. Pare ci siano delle evidenze che in quel periodo le temperature dell’area antartica (ma non solo) fossero consistentemente più alte delle attuali, addirittura di una decina di gradi. Questo avrebbe consentito il fiorire di una rigogliosa vegetazione sul bordo del continente.

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Opinioni…

Doug Casey è un pezzo da novanta dell’arte di investire. Convinto sostenitore del mercato libero, ove non addirittura anarchico, è uno di quelli che quando parla muove soldi, qualunque cosa dica. Se così non fosse e se non ne fosse consapevole, non farebbe seguire alla sua intervista pubblicata dal suo media un disclaimer quasi più lungo della stessa chiacchierata.

Un confronto fatto con l’editore, il suo editore, che di certo nessuno può attendersi che sia privo di regia. Ma questo vale per tutti, basta tenerlo bene a mente mentre si legge. Anche perché lo dice lui stesso:

[info]

“L’epicentro principale dell’isteria non è la comunità scientifica, ma sembra sia Holliwood. Le danze sono guidate da attori e celebrità cui è dato libero accesso dalle teste parlanti dei media di intrattenimento – e ti stai prendendo in giro se non pensi che i notiziari siano principalmente intrattenimento.”

[/info]

Quale isteria? Questa:

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Un clima testa o croce

Tra qualche giorno inizierà la conferenza di Rio+20, l’appuntamento dell’anno per il movimento salva-pianeta. Anzi, nelle altisonanti premesse del titolo della conferenza si vorrebbe che fosse l’appuntamento del ventennio, al pari di quanto accaduto per il precedente del 1992.

Che la situazione sia molto diversa e che serpeggi una certa depressione tra gli attivisti che gonfieranno i numeri della partecipazione all’evento, lo abbiamo già detto. Se i primi a non crederci sono i pezzi da novanta dell’economia mondiale sarà difficile che si possa conseguire qualche risultato in termini di policy.

Ma, del resto, non è dato sapere cosa esattamente si vorrebbe decidere.

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