Salta al contenuto

Autore: Guido Guidi

Ciliegie d’agosto e pacche sulle spalle

Tra qualche giorno ricorrerà il mio compleanno. Da buon discettatore di clima e affini, devo ricordarmi di ‘prelevare’ dalla torta le ciliegine più gustose. Già, perché ormai va di moda. Se la storia che ho da raccontare non è abbastanza convincente, meglio aggiustarla prelevando qua e là argomenti utili alla bisogna e tralasciare quelli che rischiano di smontarla.

Se poi decidessi di farmi un regalo e provare a sottoporre un lavoro a un team di esperti che ne valuti la consistenza, sarà opportuno che li scelga tra quelli che la pensano come me. Qualora dovesero trovarci qualche stupidaggine – fatto altamente probabile – di sicuro chiuderebbero un occhio.

Se poi qualcuno dovesse chiedermi di riassumere in un linguaggio più generico quel lavoro devo ricordarmi anche di raccontare qualche panzana, anche questo è del resto consentito se si vuole che il proprio messaggio arrivi a segno.

Facebooktwitterlinkedinmail 10 Comments

Clima: Un fine incerto e una strada sbagliata.

E’ un dibattito distorto quello sul ruolo delle attività umane nelle dinamiche del clima. Lo è perché la scienza è stata politicizzata. Lo è perchè sono piovute valanghe di soldi, assolutamente benvenuti quando si tratta di ricerca sia essa scientifica o tecnologica, molto pericolosi invece quando si tratta di lobbying.

Quando è iniziato tutto questo? Si potrebbe dire molto tempo fa, per esempio con la conferenza di Rio del 1992, ma la svolta vera e propria è molto più recente. Senza la pubblicazione del Rapporto Stern del 2007, la pubblicazione che presagiva una netta contrazione del PIL mondiale a causa degli sconquassi climatici, la scienza del clima non sarebbe mai entrata nei salotti buoni della finanza. A seguire, sempre nel 2007, il 4° report dell’IPCC che svelava al mondo le ragioni della presunta emergenza.

E l’argomento clima, ovvero la necessità di porre in essere delle politiche di mitigazione, balzò in cima all’agenda politica. Ma, un summit fallito dopo l’altro e, soprattutto, la crisi finanziaria che ha messo in ginocchio quelle che se non sono più le locomotive economiche del mondo certamente lo erano per le policy climatiche, hanno via via contribuito a spegnere gli entusiasmi sulle tematiche climatiche. Più pressante, inevitabilmente, la necessità per molti di evitare il disastro finanziario, al quale forse hanno contribuito nel recente passato anche le disinvolte politico clima-economiche drenando risorse ai cicli produttivi del mondo occidentale.

Facebooktwitterlinkedinmail 4 Comments

Buonanotte Global Warming

Come avete dormito stanotte? Male, suppongo. Troppo caldo, specie per chi vive in città. É questo il riscaldamento globale?

No.

Lo diventa forse se le notti insonni si susseguono e se magari succede la stessa cosa anche l’anno prossimo?

Neanche.

Piaccia o no alla facile propaganda catastrofista, la temperatura superficiale, specie quella notturna, é un pessimo tracciante del riscaldamento globale, ovvero della sua realizzazione per accrescimento dell’effetto serra, che di fatto é invece da associare ad un aumento del contenuto di calore del sistema nel suo complesso.

John Christy, con uno splendido esempio di comunicazione scientifica, ha spiegato perché durante un’audizione al senato americano. Di seguito trovate il video e la traduzione di una parte del suo intervento. Tutto il resto é al link in fondo all’articolo. Buona lettura.

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Catastrofe climatica: a ruba le creme solari.

Chissà che non serva a risollevarci dalla crisi. Che so, si potrebbe provare a riconvertire l’industria alla fabbricazione di unguenti protettivi. E’ quanto scopriamo che potrebbe rendersi necessario secondo un classico esempio di catastrofismo gratuito, ovvero di spregiudicato uso di condizionali in varie declinazioni per riuscire a condire il proprio studio con la giusta dose di riscaldamento globale, cambiamenti climatici, disfacimento del clima e, naturalmente, aumento di qualcosa di spaventoso.

Di cosa? Ma dei “buchi daazzoto” no? Ebbene sì, state pronti, la bassa stratosfera sta per diventare un colabrodo. Sarà tutta piena di piccoli ma estremamente maligni forellini attraverso cui i raggi ultravioletti si getteranno verso la superficie provocando ogni sorta di devastazione.

Curiosi di sapere come? Ecco qua.

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Il clima come i dadi truccati, chi è che bara?

Ci sono alcuni modi di dire coniati in lingua inglese decisamente inarrivabili per il nostro modo di esprimerci, magari più forbito ma anche molto meno diretto. Loaded dice – dado truccato – è l’ultima trovata mediatica dei sostenitori dell’AGW. Le definizioni dirette, però, hanno il problema della verifica, se infatti dico “riscaldamento globale” e poi per tre lustri non misuro un aumento delle temperature che abbia significato statistico il mio messaggio non funziona più. Se dico “cambiamenti climatici” e poi chi non è d’accordo con me mi tira fuori un giorno sì e l’altro pure delle prove che il clima è sempre cambiato il mio messaggio è fallace. Se dico “disfacimento climatico” e poi il clima non si disfa, idem come sopra.

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Abbi dubbi. E togliteli.

Ieri abbiamo pubblicato il nostro commento al release del lavoro di Watts et al. Donato, uno dei nostri più attenti lettori, ha fatto un commento che ho deciso di elevare al livello di post. Spero di farvi cosa gradita. Ecco qua.

R. Muller ha risolto tutti i suoi dubbi e, in parte, anche i miei. Ciò che più mi ha impressionato del suo articolo sul NYT è la nettezza delle posizioni. Il riscaldamento globale, ci dice, non ha nulla a che vedere con l’intensificarsi degli eventi estremi (cicloni, uragani, tornado) o con lo sbiancamento dei coralli. I ghiacciai dell’Himalaya non si scioglieranno entro il 2035, gli orsi polari non stanno morendo per colpa del riscaldamento globale, le ondate di calore negli USA, in Russia o nel Mediterraneo non dipendono dall’AGW. Non ho, infine, nulla da obiettare alle sue considerazioni circa il mancato riscaldamento dell’ultimo decennio: potrebbe trattarsi effettivamente di un fatto statisticamente poco significativo.

Muller ammette anche che oggi stiamo sperimentando temperature globali inferiori a quelle del passato, per esempio di quelle relative al medioevo. In altre parole R. Muller fa piazza pulita di tutta la paccottiglia propagandistica, ideologica, politica, falso-ambientalista che ha inquinato, ed inquina, il dibattito scientifico serio sul clima terrestre. Mi auguro che anche i “color che tutto sanno” nostrani possano rendersi conto delle corbellerie che scrivono nei loro post, commenti ed interviste rilasciate ai media.

Facebooktwitterlinkedinmail 9 Comments

Dimmi dove sei e ti dirò quanto caldo hai

Quando si dice la coincidenza. Soltanto ieri abbiamo pubblicato un post in cui si affronta il tema molto controverso del rapporto tra l’editoria scientifica tradizionale e l’esuberante mondo dell’open access. Oggi ci capita l’occasione di parlarne ancora, non più in termini generici, ma su specifici argomenti di ricerca.

Per la verità quella che in modo un po’ stucchevole si definisce “blogosfera climatica” era in attesa già da qualche giorno. Il blog climatico più seguito in assoluto, Wattsupwiththat, aveva sospeso le pubblicazioni, rimandando ad un annuncio a sensazione atteso per domenica scorsa alle 12 ora della costa occidentale USA.

Annuncio che è puntualmente arrivato. Ma andiamo con ordine.

La critica più accesa che il mainstream scientifico muove a quanti sono su posizioni scettiche riguardo al riscaldamento globale ed alle sue origini, è forse anche la più stucchevole: la materia è talmente complessa – ci dicono – che parlarne o, peggio, tentare di confutarla attraverso i canali non tradizionali, magari con delle ‘semplici’ discussioni sul web, è oltraggioso. Dovrebbe magari far riflettere il fatto che non venga adottato un analogo atteggiamento verso chi discute a ruota libera di catastrofi che sono inesistenti sulle pubblicazioni scientifiche ma che fanno bene alla causa del consenso ma, tant’è. Nell’ambito della più classica applicazione di due pesi e due misure, oggi tralasciamo i primi e ci dedichiamo alle seconde. Perché questo è quello che hanno fatto su WUWT.

Facebooktwitterlinkedinmail 7 Comments

Dimmi quanto hai caldo e ti dirò chi sei

Da Science Daily:

Local Weather Patterns Affect Beliefs About Global Warming

e, ovviamente, anche dalla rivista scientifica che ospita il paper:

Turning Personal Experience into Political Attitudes: The Effect of Local Weather on Americans’ Perceptions about Global Warming

Il concetto é intuitivo sebbene non banale. Le esperienze personali influenzano la propria percezione, anche con riferimento alla convinzione che le dinamiche climatiche attuali siano differenti da quelle del passato e che questa differenza sia da imputare alle attività umane.

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

L’IPCC, il nuovo report e la previsione decadale.

Qualche tempo fa, in giugno, é stato pubblicato un documento con cui l’IPCC, al termine di un lungo e complicatissimo processo burocratico, ha fatto sue le indicazioni giunte dall’Inter Academy Council nel 2010.

Sottoscrivendo quanto indicato a suo tempo dallo IAC, in sostanza il bureau del panel delle Nazioni Unite, ha ammesso che nel processo di formazione dei suoi report c’è stato rischio di bias, che si deve fare maggiore attenzione all’uso di letteratura grigia (si parla di scienza, per cui tutto ciò che non é soggetto a revisione paritaria deve essere preso con le molle, specie se arriva da parti in causa come le associazioni ambientaliste), che la scelta degli autori del report deve tener conto di eventuali conflitti di interessi, che i vertici del panel devono restare in carica per un solo report e, infine, che il Summary for Policy Makers, il riassunto di ogni report pubblicato a beneficio dei decisori, rischia di essere un documento molto più politico che scientifico.

Pare dunque che tutto questo prima potesse accadere, almeno potenzialmente. Sorge il dubbio di come si sia potuto fin qui ritenere che quanto pubblicato dal panel in materia di clima – quattro report più un certo numero di documenti dedicati a specifici argomenti – possa essere stato considerato la Bibbia del clima o come possano essere state poggiate sulle indicazioni contenute nei report le policy ambientali, economiche ed energetiche di mezzo mondo.

Ma così é stato. Punto. Ora arriverà il nuovo report, sul quale si sta già lavorando da tempo. Non si sa se le buone intenzioni che lastricano il percorso di qui alla pubblicazione ci condurranno all’inferno o in paradiso. Considerando i tempi stretti e il fatto che una cosa é dire di voler fare una cosa, altro é farla, specie se chi la dovrebbe fare sono gli stessi che non l’hanno mai voluta fare, un’idea di come andrà a finire ce l’avrei, ma lascio volentieri il beneficio del dubbio.

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

É solo questione di protocollo

Etichetta, non nel senso del bon ton, ma in quello del cartellino. Se la CO2 viene da un paese che ne produce poca ha un valore, se viene da uno che ne produce tanta ha un costo. Questa, a grandissime linee e senza alcuna pretesa di entrare nel dettaglio, la filosofia dell’ETS, il mercato dove si scambiano le quote di emissione. Filosofia e norme che scaturiscono dal Protocollo di Kyoto.

Ora, che in quella surreale attività che a molti piace definire ‘lotta ai cambiamenti climatici’ il suddetto protocollo e tutto quello che questo comporta non servano a un accidente é cosa nota. Qualora infatti tutti i paesi firmatari lo ratificassero e decidessero di fare di tutto per centrare gli obbiettivi fissati, in termini di simulazioni climatiche forse il global warming arriverebbe nel 2106 anziché nel 2100. Che invece in termini finanziari sempre il suddetto protocollo sia un affarone per pochi e un disastro per tutti gli altri é forse meno noto, benché anche su queste pagine lo si vada dicendo da tempo.

Ma no, é necessario, vedrete, quando il sistema andrà a regime sarà un’altra cosa, ci saranno ricchi premi e cotillons per tutti, ci dicevano.

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

La Groenlandia si scioglie. Sí, tra chi non sa scrivere e chi non sa leggere.

Ma sanno tutti parlare. Oh, se lo sanno fare. E parlano, parlano, parlano, fino sfinire chi li ascolta, fino a convincere anche l’ultimo degli scettici delle fesserie che raccontano.

Andiamo con ordine. L’argomento é di pubblico dominio, ma ci vuole un breve riassunto. I satelliti polari impiegati per il monitoraggio ambientale e climatico, hanno registrato nei giorni a cavallo della metà di questo mese un insolitamente vasto tasso di scioglimento della patina superficiale della coltre glaciale che copre la Groenlandia. Ovviamente si tratta di neve e non di ghiaccio, essendo quest’ultimo abbondantemente coperto sotto la prima, anche in questa stagione.

Ció non toglie che la misura sia molto diversa da quelle ottenute negli ultimi 30 anni, cioè da quando queste osservazioni le fanno i satelliti. Questa sotto é l’immagine che riassume il problema.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail 22 Comments

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »