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Autore: Guido Guidi

Se rinasco faccio l’esperto consapevole

Dal dizionario di etimologia:

[info]

Espèrto = lat EXPERTUS p.p. di EXPERIRI, provare, ricercare (v. Esperire).

Che ha cognizione di checchessia per esperienza avutane o fatta, ed altresì Che ha provato o sperimentato; altrim. Pratico, Perito, ma si usa anche semplicemente per Consapevole.

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Un vocabolo fondamentale nella comunicazione dei giorni nostri. Un vocabolo inoltre particolarmente attinente agli argomenti scientifici. Esprime o sottende la conoscenza di qualcosa attravero la pratica della sperimentazione. In alternativa esprime o sottende la consapevolezza circa un determinato argomento.

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Sole sulle rive del Reno

Prima la giusta dose di caveat:

  • Il tempo non è il clima ma la somma del tipo di tempo nel tempo alla fine fa il clima
  • Il clima è composto da molti fattori, la CO2 è uno di questi ma non è l’unico
  • Il ‘rischio’ global warming è globale, ma il clima che ci interessa è sempre locale
  • Una correlazione non è necessariamente un rapporto causale, ma non per questo è sempre casuale

Direi che siamo pronti a leggere il paper di oggi:

Solar influence on winter severity in central Europe – GRL – Comunicato stampa e abstract

Sembra che uno degli autori di questo paper abbia avuto l’ispirazione assistendo ad una gara di pattinaggio di resistenza nei Paesi Bassi, gara che a suo dire e secondo coloro che la organizzano si possa disputare soltanto ogni 10-11 anni circa, perché le condizioni atmosferiche necessarie a rendere ideale il percorso avrebbero questi tempi di ritorno.

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Gli artisti del “Buco dell’Orzata”

E così la lunga estate calda sta finendo. Ci ha pensato Beatrice a dare il la (senza Dante che è dato per disperso), ma soprattutto ci penserà l’inesorabile avanzare della stagione e…i prossimi tre/cinque giorni. Un’estate difficile per alcuni aspetti, pochissima acqua e parecchio caldo, ma anche spettacolare per altri, specie di natura turistica.

Dicevamo di Beatrice, o della “burrasca di fine estate” o della “rottura dell’estate” modi classici e pop di chiamare la stessa cosa: il rientro dalle ferie e l’acqua per i funghi – se porcini è meglio. Sul genere musicale da attribuire alla sfiancante nomenclatura delle ondate di calore di questi ultimi due mesi non ho dubbi: si è trattato di un tormentone. Ma a conti ‘quasi’ fatti indubbiamente la stagione è stata anomala, sia nel senso tecnico del termine, ossia con valori massimi e soprattutto minimi costantemente nella parte alta della distribuzione statistica, sia per la percezione che se ne è avuta, in assenza – per fortuna! – di fatti di cronaca che abbiano avuto la forza di attirare i media a tormentarci con qualcos’altro.

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L’AGW c’è, ora c’ho le prove!

Qualche tempo fa, in una breve serie di post che raccoglievano delle opinioni più o meno informate in materia di riscaldamento globale e dinamiche del clima, abbiamo commentato un intervento di John Christy giunto in occasione di una sua audizione davanti al Senato degli Stati uniti. L’elemento che allora aveva destato maggiore interesse, era il discorso sulla scarsa rappresentatività del parametro temperatura media di una data località – e quindi anche di un dataset di località – ai fini della valutazione dell’alterazione del bilancio radiativo indotta dall’accresciuta concentrazione di gas serra in atmosfera.

Secondo Christy, che porta a supporto di questa sua posizione anche dei recenti lavori di indagine scientifica, il parametro temperatura media (Tmax+Tmin / 2) è inadatto alla misura del riscaldamento globale perché composto da due parametri, la temperatura massima diurna e quella minima notturna, molto diversi tra loro a causa delle differenti dinamiche atmosferiche da cui scaturiscono.

La temperatura minima notturna è infatti rappresentativa di uno strato molto sottile della troposfera di poche decine di metri immediatamente a contatto con il suolo. Uno strato che molto spesso risulta essere completamente isolato dall’aria soprastante, dove è lecito attendersi gli effetti più incisivi dell’azione di contenimento del calore operato dai gas serra. Diverso il discorso per la temperatura massima, che invece scaturisce da processi di rimescolamento della bassa e media troposfera più turbolenti, che in quanto riferiti ad uno strato più ampio, permettono di intercettare meglio il segnale dell’effetto serra.

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Animo che non tutto è perduto (mai!)

Catastrofe imminente. Fine del genere umano. Distruzione del Pianeta. Insomma ogni due per tre sembra che si rischi di fare una brutta fine. Più o meno da sempre, da quando la specie che ha imparato a camminare si è potuta permettere il lusso di farlo un po’ meno e si è talvolta fermata a pensare. La nostra fortuna questa, ma anche il nostro eterno tormentone.

Con un difetto clamoroso, anzi due. 1) Nessuna delle catastrofi previste si è manifestata, o almeno non nella forma catastrofica prevista e, 2) nonostante ciò i catastrofisti di ogni era continuano ad inventarne di nuove e sempre più terribili.

Lasciamo stare le follie collettive stile 21.12.2012 ore 11:oo o giù di lì, perché quelle campavano ieri grazie all’ignoranza e oggi grazie ai social network, che avranno pure tanti pregi, ma hanno anche il difetto non banale di fungere da collettore delle fesserie di massa. Dedichiamoci piuttosto a quelle che hanno e hanno sempre avuto alle loro spalle il fior fiore del supporto scientifico, malamente utilizzato da ideologi, attivisti e policy makers che in genere ascoltano solo per i primi 30 secondi, quando cioè non hai avuto il tempo di far loro sapere che hai qualche dubbio.

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Uno stentato ritorno alla vita

Con i primi rudimenti di meteorologia si conoscono i Monsoni come dei venti stagionali su vasta scala che interessano molte regioni del Mondo. Nella stagione estiva, questi venti si comportano come delle brezze di mare di vastissime proporzioni, spingendo, per esempio sul continente indiano ma anche sull’Africa e sul Sud America, grandi quantità di umidità proveniente dagli oceani. La presenza di catene montuose importanti impedisce a questi flussi umidi di proseguire il loro cammino dentro i continenti e si generano così delle piogge torrenziali spesso causa di vaste alluvioni.

Diversamente d’inverno, sempre prendendo ad esempio il continente indiano, quella che “soffia” è una brezza di terra sempre di vastissime proporzioni. Aria fredda proveniente dagli altipiani alle spalle dell’Himalaya che scende giù verso l’oceano mantenendo condizioni di aridità quasi assoluta.

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USA: In arrivo due decenni di siccità naturale, poi ovviamente, disastro antropico!

Che i lettori di CM stiano pure tranquilli, non abbiamo deciso di darci alle previsioni pluridecennali. Anche in questo caso, naturalmente si tratta di un relata refero.

La notizia è arrivata in Italia per il tramite di Andkronos:

Negli Stati Uniti è allarme siccità per i prossimi due decenni, rischi anche per l’Europa

Titolo ripreso da un articolo del Washington Post:

Climate models that predict more droughts win further scientific support (I modelli climatici che prevedono più siccità guadagnano ulteriore supporto scientifico)

Entrambi gli articoli parlano di un nuovo paper pubblicato su Nature Climate Change:

Increasing drought under global warming in observations and models (Siccità in aumento durante il riscaldamento globale nelle osservazioni e nei modelli)

Naturalmente, abbiamo qualcosa da dire 🙂

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L’eco realismo di un personaggio scomodo

Patrick Moore è un uomo che di ambiente se ne intende, anche se la maggior parte dei suoi colleghi direbbe che forse lo è stato, ma ora certamente non più, da parecchio tempo. Nel 1985, infatti ha lasciato l’organizzazione che aveva contribuito a fondare e di cui era divenuto massimo dirigente che ora è una multinazionale dell’ambiente, Greenpeace. Da allora ha cominciato a interpretare e divulgare il pensiero ambientalista in modo realista, abbandonando e spesso combattendo tenacemente tutte le utopie, le esagerazioni, i fanatismi e gli estremismi di un movimento di cui dice che la peggior cosa che gli potesse capitare era quella di ricevere il postfisso “ismo”, perché:

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“Ambientalismo” è un “ismo” come capitalismo e socialismo. In quel senso connota un’ideologia o una serie di convinzioni condivise non necessariamente basate su prove scientifiche. Un ambientalista è quindi diverso da un ecologista, dato che l’ecologia è una scienza.

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Per un pugno di pop corn

Nelle ultime settimane, complici una primavera relativamente secca e un’estate molto arida, sono arrivate pessime notizie dal settore agricolo. Il caldo, ma soprattutto la scarsità delle piogge, sembra abbiano avuto un impatto decisamente negativo sulle coltivazioni, nel nostro Paese, come ci ha ricordato la Coldiretti (AGI), ma anche altrove, soprattutto negli Stati Uniti, dove il caldo non è stato da meno e la siccità è stata paragonata al terribile evento degli anni ’30, noto come Dust Bowl.

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AGW? E’ tutta questione di consenso!

[blockquote cite=”Abba Eban”]

Consenso significa che tutti sono d’accordo a dire insieme ció che nessuno crede individualmente.

[/blockquote]

Si dice che gli scienziati che hanno contribuito al 4° report IPCC fossero circa 2500. Tra questi qualcuno che ha ritirato il suo supporto, qualcuno che ha restituito il nobel e molti che hanno confermato le loro convinzioni. Come possa un economista dirsi convinto delle origini antropiche del riscaldamento globale o come possa esserlo uno studioso di demografia o come possano esserlo tutti quelli – e tra quei 2500 ce ne sono davvero tanti – che non masticano la scienza del clima, resta comunque un mistero.

Perché la materia climatica consta di decine di diversi settori di applicazione ed è veramente molto vasta. C’è il paleoclima, che coinvolge le scienze della terra, la chimica, l’astronomia, la biologia, la storia e la letteratura. C’è l’attualità, che si esplica nelle tecniche di osservazione, nella gestione dei dati e nella loro validazione. C’è il futuro, che comporta la conoscenza dei cicli naturali e degli eventi non ciclici ma ripetitivi e della necessità di inserirli nella modellistica. Ci vorrebbero intere schiere di cloni di Pico della Mirandola per poter parlare di consenso informato, altrimenti si rischia di avere davvero un gran numero di “esperti” che si limitano a credere ciò che gli altri credono. Magari li abbiamo, vai a capire.

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Alla faccia di Caligola

E così, mentre da questa parte dell’Atlantico si inventano nomi diversi sempre per la stessa cosa, cioè l’estate, la NOAA, che i nomi li assegna soltanto ai Cicloni Tropicali per ovvie ragioni di coerenza nella comunicazione, ha appena aggiornato il suo outllok per la stagione degli uragani (qui il nostro post sul primo outlook del 25 maggio).

La stagione é quasi a metà strada, visto che il periodo canonico va dal 1° giugno al 30 novembre. Fatto sta che sin qui ci sono state 6 tempeste che hanno raggiunto i valori necessari all’assegnazione del nome, due delle quali sono diventate Uragani veri e propri, mentre le altre non sono andate oltre lo status di Tempesta Tropicale.

La tipologia dell’annuncio è comunque alquanto curiosa, sia con riferimento al comunicato stampa della NOAA, sia per come è stato ripreso da Science Daily.

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