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Autore: Guido Guidi

El Niño, il Sole e il Mare

Qualche giorno fa abbiamo letto un documento dell’OMM con il quale si annuncia l’imminenza dell’affermarsi di condizioni di El Niño per le prossime settimane. Una previsione che non stupisce perchè in effetti la transizione del segno dell’ENSO è iniziata già da qualche mese. Dunque l’Oceano Pacifico equatoriale, lo “scaldabagno” del pianeta sta per tornare a scaldarsi, cioè a presentare significative anomalie positive nello strato superficiale. Nel comunicato stampa dell’OMM però, l’elemento di novità è rappresentato dal fatto che l’evento che si prevede dovrebbe essere piuttosto debole e anche non particolarmente lungo. Nell’immagine sotto troviamo una efficace raccolta di tutte le simulazioni modellistiche disponibili.

http://www.cpc.ncep.noaa.gov/products/analysis_monitoring/enso_advisory/ensodisc.pdf
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News&Events: Roma 12 ottobre 2012

Venerdì 12 ottobre a Roma, in Campidoglio (sala Carroccio) alle ore 15:00 si terrà un convegno di meteorologia dal titolo “Meteo e Clima nelle Regioni Italiane, tra verità e leggende metropolitane”. Nel giorno del 520° anniversario della scoperta dell’America, il giornale online di scienza e meteorologia http://www.meteoweb.eu/ ha organizzato quest’iniziativa che vuole raccontare la storia della meteorologia proprio dal viaggio di Cristoforo Colombo e dalla sua scoperta del “Nuovo Mondo” fino ai media di oggi, con le verità su fenomeni estremi e cambiamenti climatici e una chiara distinzione tra i dati scientifici e, invece, i catastrofici allarmismi.
Al convegno presenteranno le loro relazioni molte grandi personalità del panorama scientifico italiano come Alfio Giuffrida e Massimo Morico dell’Aeronautica Militare,Bruno Zolesi dell’Ingv, Marina Baldi e Massimiliano Pasqui del Cnr, il Direttore della Divisione “Servizi Climatici” del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici Silvio Gualdi, il geografo del CRA-CMA Luigi Iafrate, la ricercatrice del CRA-CMA Maria Carmen Beltrano, la climatologa Franca Mangianti e l’astrofisico Gianluca Masi, curatore scientifico del Planetario di Roma e responsabile del Virtual Telescope.
L’incontro sarà moderato da Peppe Caridi, giornalista e direttore di MeteoWeb. Di seguito pubblichiamo il programma completo e la locandina ufficiale:

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Climate change e percezione del rischio, è un problema di capacità culturali?

Corre voce, anzi, più che altro fanno correre la voce, che quanti affermano di non essere convinti che ci attenda un futuro climatico a tinte fosche a causa del peso del contributo umano siano duri di comprendonio, ovvero non in grado di comprendere la complessità dei segreti della scienza e per questo inclini ad essere in errore. Eppure, nonostante la maggior parte degli scienziati del clima sia orientata a riconoscere come preoponderante l’effetto antropico sulle dinamiche del clima, ci sono fior di loro colleghi che esprimono palesemente il loro scetticismo.

Questo che ho parafrasato, è l’incipit di un articolo uscito nel maggio scorso su Nature Climate Change:

The polarizing impact of science literacy and numeracy on perceived climate change risks – Kahan et al., 2012doi:10.1038/nclimate1547

Un articolo molto interessante che spazza via una volta per tutte quel fastidiosissimo preconcetto di superiorità culturale sbandierato spesso e volentieri dagli attivisti del cambioclimatismo. Ne abbiamo avuto molte manifestazioni anche sulle nostre pagine in occasioni che non starò ad elencare ma che se volete potete reperire facilmente, tanto è comune questo atteggiamento.

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Il Metano non dà una mano

Spero che il gioco di parole di questo titolo non irriti la suscettibilità di chi ha utilizzato uno slogan molto simile con grande efficacia in termini di marketing, perché semplicemente quanto state per leggere con quella campagna pubblicitaria proprio non ha nulla a che fare.

Come al solito infatti evitiamo di sconfinare nell’orto altrui, restando saldamente ancorati alla nostra area di competenza, quindi parliamo sì di metano, ma esclusivamente in termini climatici.

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L’uovo oceanico e la gallina stratosferica

Sarà perché sta per arrivare l’inverno boreale, sarà perché si fa sempre più pressante la richiesta di previsioni stagionali, sarà perché più si studia l’atmosfera e più diventano vasti gli orizzonti nella cui direzione guardare, ma è un fatto che negli ultimi tempi si stanno moltiplicando gli sforzi per individuare le relazioni attraverso cui il sistema terra, oceani, atmosfera realizza le sue dinamiche.

Ho scritto scientemente atmosfera e non troposfera, derogando, ma con diritto, alla regola numero uno che mi è stata inculcata quando ho iniziato a occuparmi di meteorologia: lo strato atmosferico che ci interessa è uno e uno solo, quello compreso tra la superficie e la tropopausa, la troposfera. Neanche a farlo apposta, poteva resistere una tale limitazione in un sistema che da’ segni ogni giorno di essere intimamente connesso in ogni sua parte? La risposta è scontata, decisamente no.

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Clime ed eventi estremi: E’ Una scienza priva di “attributi”?

Perdonatemi il titolo non proprio nobilissimo e la sua prossimità con la ben più seria frase di Diogene. Il fatto è che di aumento della temperatura media globale, di modifiche alle dinamiche del clima nel lungo periodo e su ampia scala spaziale possiamo parlare finché vogliamo, ma quello che realmente ci interessa nel quotidiano e dovrebbe interessare anche chi su nostra delega prende le decisioni, è sapere se questo aumento e queste modifiche potranno avere o abbiano già avuto un impatto sugli eventi atmosferici estremi che sia discernibile da quello che questi eventi hanno sempre avuto. Se del caso, inoltre, sarebbe altrettanto lecito chiedersi cosa si può fare per mitigare questo impatto o per aumentare la nostra capacità di resilienza.

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Vedono rosso

Il tempo vola. Si possono condensare gli ultimi 120 anni di clima in soli 26 secondi. Basta fare come ha fatto la NASA producendo un suggestivo video che “rappresenta” l’andamento delle anomalie della temperatura globale rispetto al periodo di riferimento 1951-1980.

Naturalmente, come giustamente osservato da Andrea, il lettore che me lo ha segnalato, il fatto che sia stato scelto il periodo di riferimento più freddo della ultime decadi è puramente casuale. Del resto, J. hansen, che è a capo del GISS della NASA, il gruppo che gestisce il dataset delle temperature globali, ha chiaramente detto di ritenere che quel periodo rispecchi efficacemente il clima dell’Olocene, cioè 30 anni sono buoni per valutarne 12.000, vuoi che non lo siano per valutarne 120?

Ma c’è di più.

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Una granita al giro di boa

Finalmente dovremmo esserci: il ghiaccio artico dovrebbe aver raggiunto il minimo stagionale. Basta grattar via acqua ghiacciata per mescolarla con lo sciroppo, di qui in avanti dovrebbe iniziare la ripresa. Fin dove non è dato saperlo.

Quel che sappiamo è che quest’anno, al netto del ‘rumore’ generato dai diversi metodi di osservazione e classificazione, l’estensione del ghiaccio marino artico è scesa ancora più in basso del fatidico minimo del 2007. E non è solo un problema areale, perché allo stesso tempo si è stabilito un record anche per il volume e quindi per lo spessore medio di ciò che rimane e che ora faticosamente dovrebbe tornare a crescere. Con record, naturalmente, si intende il valore minimo mai osservato da quando il ghiaccio lo si misura dall’alto con i sensori satellitari, cioè dal 1979.

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