Salta al contenuto

Autore: Guido Guidi

Il Mantra (sbagliato) dell’AGW

E’ autunno, cadono le foglie, ma arrivano anche le piogge. Acqua che a quanto pare e per quanto prospettato dagli scenari climatici, dovrebbe essere sempre più irregolare, nello spazio e nel tempo.

Wet gets wetter dry gets drier, riassumono climatologi del calibro di Chou, Trenberth, Held e Soden, ripresi poi anche da Susan Solomon della NOAA, in dichiarazioni che abbiamo anche commentato.

Aumento dunque della variabilità spaziale e temporale delle piogge: siccità, alluvioni, temporali forti et similia. Un’affermazione forte quella riportata sopra, che ha già comunque vacillato anche di recente, in un paper che ha individuato l’inattesa ‘capacità’ delle terre più inaridite nel breve periodo ad attirare le piogge più che ad allontanarla.

Eppure questo mantra, mediaticamente molto efficace, rispunta fuori ad ogni evento piovoso appena più intenso. Studiosi, opinionisti, politici e imbonitori di ogni genere lo sostengono convinti, manifestando quel particolare consenso che si riassume nella frase di Abba Eban: “Consenso significa che tutti sono d’accordo nel dire insieme quello che nessuno individualmente crede”.

Facebooktwitterlinkedinmail 2 Comments

E…hop, California Dreamin’ sul carro dell’AGW!

E’ incredibile quanta gente possa contenere il carro del maltempo. Da quando l’uragano Sandy si è formato a quando ha toccato con precisione svizzera la costa orientale USA in forma di Tempesta Tropicale, praticamente tutti i clima-catastrofisti del pianeta hanno sgomitato per dire la loro. Naturalmente senza aggiungere neanche un grammo di grano salis alla discussione, ma certamente acquisendo grande popolarità in un contesto mediatico sempre più schizofrenico e sempre più povero di contenuti.

Nessuna meraviglia ovviamente, ma che qualcuno potesse ‘soffrire” dei complessi di inferiorità per non essere esposto ad eventi come quelli recenti sinceramente mi pare un po’ troppo. Succede in California, la terra del surf e della bella vita, ma, purtroppo, non è di questo che ci tocca parlare.

In California c’è una università e, malgrado qui nella vecchia Europa l’informazione possa sfuggire ai più, ci sono anche delle belle montagne. Si chiama Sierra Nevada la catena montuosa in questione e il nome la dice tutta: malgrado la latitudine non proprio altissima, su quelle montagne ci fa parecchia neve. Questa è da sempre una fortuna, perché quella neve costituisce una riserva d’acqua che con la buona stagione si rivela preziosa per territori altrimenti piuttosto aridi.

Ebbene, su questo argomento su Science Daily si comincia così:

Facebooktwitterlinkedinmail 5 Comments

Bloomberg e Sandy: Chi la fa l’aspetti

 

 

 

 

 

 

 

 

____________________________________________________________

Il bello della comunicazione globale è che ogni stupidaggine può essere confutata con la stessa velocità e lo stesso impatto con cui è stata diffusa. E così Antony Watts ha modificato la copertina di Bloomberg Businessweek in modo che possa avere un senso.

Se però la faccenda non dovesse convincervi, date un’occhiata al grafico sotto, rappresenta il numero di Cicloni Tropicali che hanno colpito gli Stati Uniti dal 1951 ad oggi messo a confronto con la concentrazione di CO2.

Facebooktwitterlinkedinmail 9 Comments

L’esercizio (dannoso) del consenso

Alcuni giorni fa si è tenuto presso l’Università di Lecce il primo di una serie di tre seminari organizzati nell’ambito di una iniziativa dell’associazione “Formicaio”. Obbiettivo dichiarato quello di fare comunicazione scientifica su di un ampio spettro di argomenti tutti riconducibili al tema dei cambiamenti climatici.

Il primo evento, che non ho avuto il piacere di poter seguire, è stato pubblicizzato on line dalle pagine di Sud News, con un articolo che ha tutta l’aria di essere un comunicato stampa. Dato che non sono riuscito a trovarlo ingiro però, è necessario partire dal presupposto che si tratti piuttosto di farina del sacco di chi lo ha firmato. E questo è un bene, perché in realtà si tratta di una comunicazione di grande effetto ma di scarsissimo contenuto – eccezion fatta, ovviamente per le coordinate dell’evento, unica informazione solida rilasciata.

Prima di continuare per cortesia andate a leggerlo.

Fatto?

Bene, come avrete visto c’è proprio tutto, dallo scenario spaventoso, al collegamento con gli eventi estremi, ai temi della decrescita (incarnati dall’associazione proponente), al dito puntato contro il genere umano e contro il bieco negazionismo. Ma, soprattutto, c’è il consenso: “La comunità scientifica ha riconosciuto la responsabilità principale di questi fenomeni nell’antropizzazione dell’atmosfera“.

Facebooktwitterlinkedinmail 10 Comments

Antartide più caldo e più sottile, ma anche no.

Una passione decisamente irresistibile quella per le porzioni ghiacciate del Pianeta. Tutti lì a misurare, studiare, analizzare e…prevedere.

Da Nature:

Lower satellite-gravimetry estimates of Antarctic sea-level contribution – King et al., 2012 – doi:10.1038/nature11621

Si tratta di una nuova analisi dei dati gravimetrici forniti dai sensori dei satelliti GRACE, dati cui è stata applicata un nuovo modello di correzione isostatica. Ne risulterebbe un sensibile ridimensionamento sia del margine di incertezza che del totale della massa che il continente starebbe perdendo. In particolare le nuove stime sarebbero pari da un terzo alla metà di quelle più recentemente pubblicate. La perdita di massa, poi, sarebbe concentrata sulla Costa di Amudsen, sede del bacino di drenaggio del Pine Island Glacier, mentre l’Antartide occidentale sarebbe praticamente in equilibrio e quello orientale in guadagno di massa, anche in questo caso soprattutto sulla costa.

Facebooktwitterlinkedinmail 4 Comments

Tempesta tropicale Sandy e microfoni facili

Qualcuno penserà che nel titolo ci sia un’errore, perché una tempesta tropicale è una cosa e un’uragano un’altra. La prima è un gradino sotto nella scala Saffir Simpson. Vero, ma il titolo è corretto, perché Sandy quando ha toccato la costa orientale USA era una tempesta tropicale, cioè con vento sotto la soglia dei 63 nodi, più precisamente in media 50 nodi.

Questo non significa che non abbia fatto danni, come è sotto gli occhi di tutti, né che non detenga un record. E’ stata infatti la tempesta con il maggior diametro registrato da quando le misurazioni sono oggettive. Tuttavia la differenza non è banale, perché, ad esempio nel 1938 (faceva caldo ma non c’era l’AGW), l’uragano di categoria 3 che ‘atterrò’ sulla costa del New England fece 600 vittime. Da allora è sicuramente migliorata la resilienza, ma sono anche clamorosamente aumentate le infrastrutture esposte al danneggiamento. Di qui, per fortuna, la diminuzione delle vittime e l’aumento dei danni.

Facebooktwitterlinkedinmail 6 Comments

Cercasi Nobel disperatamente

Nel dibattito sul clima continuano a volare gli stracci. Gli ultimi sono finiti in faccia a Michael Mann, ormai noto alle cronache molto più per i suoi discutibili atteggiamenti che per il peso delle sue determinazioni scientifiche.

Michael Mann è l’autore del famigerato Hockey Stick, ovvero del grafico divenuto l’icona del riscaldamento globale di origine antropica. Una ricostruzione molto contestata e, soprattutto, più volte aggiornata, tanto da aver perso gran parte della sua rappresentatività scientifica.

Qualche tempo fa ha anche pubblicato un libro il nostro Mann, un volume nel quale dichiara di sentirsi letteralmente in guerra con quelli che non la pensano come lui. Insomma, nel suo lavoro, così come nelle sue varie forme di divulgazione scientifica, Mann ha l’abitudine di esagerare un po’ le cose e di condire i risultati delle sue ricerche con quelli che il Conte Mascetti di “Amici miei” avrebbe definito “rinforzini”.

Facebooktwitterlinkedinmail 7 Comments

Indovina cos’è

Nelle ultime due settimane si è fatto un gran parlare di temperature globali, verrebbe da dire come al solito. E, come al solito, i nuovi dati pubblicati dalla Climatic Research Unit possono offrirsi a interpretazioni di segno opposto.

Il riscaldamento continua o si è fermato? E’ più corretto parlare di attenuazione del rateo di aumento delle temperature o di inversione del segno del trend?

A queste domande non ci sono risposte univoche, perché i dati rappresentati nello spazio e nel tempo dipendono appunto dalla variabile spazio-temporale. In poche parole rappresentazioni grafiche e commenti dipendono fortemente dalle date di inizio e fine del calcolo e dalla dimensione spaziale dell’aggregazione. Ogni discorso insomma va contestualizzato.

Facebooktwitterlinkedinmail Leave a Comment

Il Buco Ballerino

Gli appuntamenti ambiental-climatici ormai sono calendariali come le feste comandate. Ci sono Natale, Pasqua, il 25 aprile, il 1° maggio e ferragosto e c’è il minimo dei ghiacci artici, quello dei ghiacci antartici (solo se diminuiscono però), la stagione dei tornado, quella degli uragani (solo in America però, il resto del mondo non fa notizia, a meno che un monsone non sia un po’ più devastante del solito) e c’è infine il buco dell’ozono.

Nel 1987 il Protocollo di Montreal, poi scimmiottato con scarsissimo successo da quello di Kyoto ma in materia climatica, fu il primo fulgido esempio di impegno globale per la salvaguardia dell’ambiente. Dito puntato sui CFC, elementi chimici allora largamente usati in campo industriale ritenuti responsabili di un processo chimico in grado di depauperare il contenuto di ozono nella stratosfera, generando così il famoso “buco” nello schermo che l’ozono costituisce nei confronti della radiazione UV.

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Basta con le chiacchiere, parlano i dati

Avevo pensato e deciso che di questo non avrei parlato più. Mi sembrava – e per molti aspetti é ancora così – che i dati fossero così evidenti (evidence=prova e l’uso del termine non é casuale), da costringere anche i credenti più ferventi ad un passo indietro. Piccolo magari, ma indietro.

Facciamolo noi, così, per dare una mano. Alcuni giorni fa é stato pubblicato l’ultimo release del dataset delle temperature medie superficiali oceano-terre emerse della Climatic Research Unit. Dati incontrovertibili: il trend dal 1997 ad oggi, periodo in cui secondo le proiezioni mainstream il mondo avrebbe dovuto scaldarsi di due decimi di grado per decennio é talmente al di sotto di questa ampiezza da non essere per nulla significativo. Anzi, é un trend di un ordine di grandezza inferiore al margine di errore di questo genere di ricostruzioni. Ergo, il mondo NON si é scaldato, le proiezioni erano e sono in errore.

Ancora, gran parte della comunità scientifica, scettica o credente che sia, é concorde nell’attribuire questi recenti sviluppi alla variabilità naturale. Insieme sconfinato di meccanismi troppo a lungo dimenticati dalla visione CO2-centrica del problema. Ergo, la scienza é tutt’altro che prossima ad essere definita. Se ne facciano una ragione quanti, anche tra le fila dei credenti nostrani, solo pochi mesi fa andavano in giro dicendo che ormai si discute dei dettagli. Su questo tra l’altro, non ho dubbi: che si discutesse sui dettagli ignorando la big picture a noialtri scettici impenitenti era chiaro da un pezzo; come é del resto chiaro che sui dettagli si fanno le regole e sul design di queste ultime le carriere. Peccato che tutto ciò non abbia un accidente a che fare col problema.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail 27 Comments

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »