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Autore: Guido Guidi

Richard Lindzen: La scienza è oggi in grado di rispondere alle domande?

Il Talkshop di Tallbloke ha pubblicato la revisitazione di un articolo del 2008 di Richard Lindzen, un saggio che non ha affatto perso le sue caratteristiche di attualità, anzi, con tutto quello che è successo da allora ad oggi – climategate, varie conferenze delle parti fallite miseramente, crollo dell’attenzione politica, sempre maggiore isolamento delle torri d’avorio del clima rispetto alla realtà di quello che accade e, ultimo ma non meno importante, il 28gate di questi giorni – le ha ulteriormente accresciute.

Si parla di deriva della scienza, di passaggio dall’opposizione dialettica tra la teoria e le osservazioni all’enfasi sui programmi di simulazione e osservazione. Si parla di un sistema che da decenni persegue una politica autoreferenziale attraverso la penetrazione di attivisti nelle istituzioni scientifiche, attraverso il lobbysmo e attraverso l’accapparramento di tutte le risorse disponibili e la ‘scientifica’ politicizzazione del dibattito scientifico, con tanto di organi politici creati appositamente ai massimi livelli istituzionali. Risorse che sono cresciute a dismisura con gli scienziati che sono passati – o magari scesi nel mondo reale come dice Lindzen – dalla ricerca della gratitudine della società all’utilizzo della paura per ottenere consensi e quindi sostegno.

Il risultato? Una potenziale inadeguatezza dello strumento scientifico a contribuire fattivamente al progresso ed alla soluzione di problemi reali.

Questo che segue è l’abstract:

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Sarà, naturalmente, peggio del previsto

E’ uscito su Science un nuovo articolo firmato da John Fasullo e Kevin Trenberth:

A Less Cloudy Future: The Role of Subtropical Subsidence in Climate Sensitivity

Sui media lo troviamo come sempre in una forma un po’ diversa, con Science Daily che riprende pari pari il comunicato stampa dell’NCAR: Future Warming Likely to Be On High Side of Climate Projections, Analysis Finds

Come spesso accade, tanto nel comunicato stampa quanto nelle successive riproduzioni dei media, si cerca di mettere in risalto le parti più ad effetto dello studio in questione, anche se queste nello stesso sono piuttosto marginali. Questo è ovviamente fisiologico, anche se qualche volta ci piacerebbe che non accadesse. Vediamo di cosa si tratta.

Allo stato attuale della conoscenza, con riferimento alle proizioni climatiche, l’elemento di maggiore incertezza è rappresentato dall’impossibilità di quantificare con precisione la sensibilità climatica, che per definizione identifica la risposta del sistema climatico in termini di riscaldamento al raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto ai livelli pre-industriali. La difficoltà consiste nell’identificazione delle dinamiche e della magnitudo dei feedback radiativi, cioè di quei processi di potenziamento/mitigazione del riscaldamento che si suppone debbano realizzarsi nel sistema in risposta ad uno squilibrio positivo del bilancio radiativo del Pianeta. Il più significativo di questi feedback, ma anche il più incerto, è il feedback delle nubi. La nuvolosità, infatti, ha il duplice ruolo di riflettere la radiazione solare e di trattenere la radiazione uscente dalla superficie, con un effetto complessivamente raffreddante. Ma la nuvolosità è la manifestazione visiva della presenza di vapore acqueo in atmosfera, per cui una modifica del tipo e della quantità di nubi presenti su vasta scala può modificare l’ampiezza di questo effetto generalmente raffreddante, di fatto amplificando il riscaldamento.

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La BBC e la lista dei comunicattivi – Aggiornato

Post aggiornato, leggete in fondo.

C’è una faccenda che gira per il web da qualche tempo. Come spesso accade, i suoi giri li ha fatti in sordina, salvo poi esplodere all’improvviso. Questo però, non è un caso di notizie a cui per ragioni inspiegabili spuntano le gambe, è un caso di tenacia, capacità investigativa e interesse per la verità o, se credete, per non essere presi per i fondelli.

Avevo inizialmente deciso di non ‘coprire’ questa storia su CM perché l’attore principale è la BBC, noto broadcaster d’oltre Manica attivamente impegnato a sostenere anima e corpo le tesi più climacatastrofiche possibile. Quindi, pensavo, fatti loro e dei sudditi di Sua Maestà. Ma dal momento che pare che l’abbiano fatta davvero grossa e a sfilar loro i vestiti è stato uno che con CM ha avuto ed ha molto a che fare, Maurizio Morabito, ve la devo proprio raccontare.

Nel perfetto stile british di stretta osservanza delle regole, la BBC tempo fa aveva fatto sapere che dopo aver realizzato una serie di meeting, di cui uno molto importante e significativo, aveva deciso di orientare la sua linea editoriale sulle tesi dell’AGW. Il parere degli esperti, dicevano, ci ha convinti della effettiva pericolosità della situazione. Brainstorming climatico e dubbi fugati, via verso la salvezza del Pianeta!

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Modello N°5: Sandy

Nell’indimenticabile film di Roberto Benigni non era Sandy ma Giuditta, ma sempre di geniale parodia della moda si trattava. La moda, da non crederci, è l’ultima frontiera dell’attivismo climatico. Attenzione, non parlo di tessuti ecocompatibili, riciclaggio di materiali o altri stratagemmi comunicativi molto chic per alzare l’appeal della produzione, parlo di moda del linguaggio.

Da Science Daily:

Climate Science: Trends in Use of Words in Scientific Studies May Impact Public Perceptions.

E’ un commento ad uno studio pubblicato su PLOS ONE, rivista scientifica open access ad ampio spettro:

Word Diffusion and Climate Change (pdf)

La prima firma è Alexander Bentley (non ha niente a che vedere con le auto, purtroppo), docente di archeologia e antropologia all’università di Bristol. L’abstract recita così:

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Uhm…Qualcuno si sentirà molto stupido

Non facciamo nomi, per decenza e perché non basterebbe lo spazio che dedichiamo ai nostri post. Ma sappiamo che CM viene letto da tanti che la pensano come noi e tanti altri che invece hanno altre opinioni. Tra questi, molti chiacchieroni di professione, proprio come quelli che negli ultimi giorni si sono stracciati le vesti – e ci hanno letteralmente torturato  – con iperbolici collegamenti tra la tempesta tropicale, poi uragano, poi post-tempesta tropicale e infine ciclone extra-tropicale Sandy e il riscaldamento globale.

Il comune denominatore delle iperboli di cui sopra è molto semplice: da un mare più caldo nascono tempeste più forti e più distruttive; la colpa, ovviamente, è del riscaldamento globale.

Non c’è bisogno di essere un esperto per saperlo, la temperatura delle acque di superficie e di quelle nello strato immediatamente inferiore deve raggiungere valori prossimi a 27°C per costituire una delle condizioni per la formazione di un ciclone a cuore caldo, cioè di una tempesta tropicale che eventualmente può evolvere in un uragano.

Beh, magari arà stato così per tutte gli altri soggetti a cuore caldo degli ultimi anni, ma per Sandy, originatasi nel Golfo del Messico e mossasi attraverso i Caraibi lungo la costa est degli USA prima di toccar terra nei pressi di New York, l’intera area di oceano interessata dalla sua traiettoria, non ha subito alcuna variazione di temperatura per gli ultimi…70 anni. Sono tanti, sono quelli che separano Sandy dal grande uragano di categoria 3 (vale a dire tre gradini sopra Sandy) che fece 600 morti a New York.

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Monsoni e global warming, un futuro oscuro ma anche no

Direttamente dal “Dipartimento catastrofi in agguato ma anche no”, un paio di input di letteratura scientifica in materia di monsoni.

Al primo sono arrivato due giorni fa attraverso Science Daily, un paper uscito su Environmental Research Letters:

A statistically predictive model for future monsoon failure in India

Mentre il secondo, appena più datato, l’ho trovato sul blog di Roger Pielke sr e viene dai PNAS:

Indian Ocean warming modulates Pacific climate change

Scopriamo subito le carte del primo. Dalla fine di questo secolo (ancora in fasce) e per tutto quello che seguirà, si potrà dire addio al monsone indiano, con tutto quello che questo comporta in termini di impatto per la popolazione del continente asiatico. Infatti, notoriamente, la parola monsone riferita ai mesi estivi, quelli che caratterizzano la stagione piovosa e la separano da quella invernale arida e fredda, significa “ritorno alla vita”. Perciò, niente monsone, niente vita.

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