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Autore: Guido Guidi

Clima e eventi estremi, un articolo sul WMO Bullettin

Leo Hickman, giornalista del Guardian una testata tutt’altro che tenera sui temi dei cambiamenti climatici, ha pubblicato un pezzo sul WMO Bullettin, la rivista semestrale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale.

L’argomento è quello degli eventi estremi e della loro attribuzione alle oscillazioni del clima, naturalmente partendo dal presupposto che queste debbano essere ascritte alle attività umane.

Senza girarci troppo intorno, nell’articolo di Hickman, l’approccio è quello giusto, lo svolgimento no. In sostanza Hickman ci dice che ogni volta che un evento intenso si palesa, c’è sempre qualcuno pronto ad attribuirlo al climate change e qualcun altro che dice che non si può ascrivere un singolo evento atmosferico al clima. Ma, aggiunge, data l’attualità, con la siccità negli USA la scorsa estate per esempio, sembra proprio che questa opposizione cominci ad essere meno solida.

Per accertarlo Hickman chiede cosa ne pensano a otto “esperti” di clima, tutti rigorosamente appartenenti al mainstream scientifico.

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Politicizzazione della scienza: anno nuovo vita nuova.

Un autentico sasso nello stagno quello lanciato da Daniel Sarewitz dalle pagine di Nature, tempio della comunicazione scientifica mondiale. L’argomento è tutto nel titolo:

 

Science must be seen to bridge the political divide (La scienza deve essere intesa come ponte per le divisioni politiche).

 

Cosa che, ovviamente, non è. Anzi, lui la definisce un affare dei Democratici, non una cosa democratica, nel senso che ormai, negli ultimi decenni, negli USA come nel resto del mondo (almeno quello in cui sono tangibili e sottoposti al regime dell’alternanza indirizzi politici ascrivibili ai modelli concettuali di destra e sinistra), la scienza, specie con riferimento alle grandi organizzazioni scientifiche, ha deciso di essere in larga parte schierata a sinistra, fondendo pericolosamente l’aspetto ideologico con quello scientifico. Con grave danno, egli dice, per l’autorevolezza del messaggio scientifico. Intendiamoci, lo stesso sarebbe stato, naturalmente, se fosse stata “preferita” l’altra parte, ma questo semplicemente non è accaduto.

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Ghiaccio e livello dei mari: la soluzione totale è la “meltin’ pot”

Arriva da Nature Climate Change prima e da Science Daily poi l’ultimo spaventevole vaticinio circa il contributo dello scioglimento dei ghiacci groenlandesi e antartici all’innalzamento del livello del mare. Una riserva d’acqua solida che contiene il 99,5% della totalità del ghiaccio presente sul Pianeta, immaginate che disastro se dovesse diventare liquida.

Potete fermare la vostra immaginazione, si calcola che alzerebbe il livello globale dei mari di 63 metri. Una jattura, che però non basterebbe a dar ragione ad un noto geologo nostrano che per meglio spiegare il concetto ci ha mostrato Milano sott’acqua in un altrettanto noto programma di divulg… ehm… chiacchiera scientifica di qualche anno fa: Milano infatti è oltre 100 metri sul livello del mare. Ad ogni modo, è pur vero che con l’attuale rateo di scioglimento il bagnetto totale dovrebbe arrivare tra un certo numero di migliaia di anni, quindi abbiamo tempo per pensarci su.

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Finché c’é maltempo c’é speranza

Roger Pielke jr sta continuando le sue analisi e riflessioni in ordine all’impatto degli eventi estremi sulla società civile. Nella fattispecie si parla ovviamente di uragani, con la stagione 2012 terminata da un mese e con l’eco dei danni causati da Sandy ancora viva nel comune sentire.

Già qualche settimana fa avevamo pubblicato un commento all’intreccio tra scienza, politica e mercato delle assicurazioni, dinamiche complesse ed a serio rischio di generare la classica beffa dopo il danno per quanti hanno avuto la sventura di trovarsi sul percorso dell’uragano.

La nostra attenzione non é frutto di esterofilia, piuttosto si tratta di vivo interesse per un sistema economico tutto sommato simile al nostro che sta già da tempo confrontandosi con i temi della protezione dal rischio degli eventi atmosferici calamitosi, aspetti questi dei quali qui da noi si sta cominciando a parlare soltanto di recente.

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El Azizia 13 settembre 1922, 58°C: un record da cancellare.

Gli appassionati di meteorologia sanno bene di cosa parlo, il 13 settembre del 1922, quando fiorivano (si fa per dire) le attività coloniali del belpaese, in un avamposto situato a pochi chilometri dalla costa libica, appunto nella località di El Azizia, fu misurata una temperatura massima di 58°C. Una misura che ha resistito per 90 anni come record assoluto di caldo sul Pianeta, almeno con riferimento a quanto è stato mai misurato in condizioni cosiddette standard.

Ma questo record, probabilmente, è un falso. Anzi, dato che appena tre mesi fa c’è stato un pronunciamento ufficiale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, si può fugare ogni dubbio: a El Azizia, in quel lontano giorno di fine estate ha fatto caldo sì, ma non più caldo che mai.

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Che tristezza…

Una volta avrei scritto che viviamo tempi interessanti, oggi quello che sto per raccontarvi mette solo tristezza. Il genere umano, intendendo con esso tutte le sue sfaccettature oggi più che mai libere di mostrarsi nelle forme più assurde, mettendo a nudo tutti i limiti del nostro essere e del sistema di scambio delle informazioni che ci siamo dati, decisamente non merita tante possibilità.

Se il prezzo da pagare per essere continuamente informati, per ragionare su ogni cosa e per fare proprie le opinioni e le idee che diversamente non avremmo mai conosciuto é quello di dover leggere assurdità come quelle che vi proporrò tra poco, penso decisamente che sia troppo alto.

Certe cose, inevitabilmente, ci portano indietro di secoli, anzi, potremmo anche scoprire che prima certi limiti non sarebbero stati superati. Alcuni mesi fa ho letto al riguardo un commento interessante di uno dei top manager di google, persona che evidentemente di comunicazione se ne intende, che approssimativamente suonava così: ormai dobbiamo renderci conto che il mondo é pieno di pazzi disadattati, una volta le loro madri gli portavano da mangiare nelle loro camerette, ora invece hanno l’adsl.

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Il massimo spettrale a 2.87 anni in alcuni dataset

di Franco Zavatti

In un commento a un mio post su CM, relativo all’aggiornamento dei dati NOAA (GHCN-M 3.2.0) a novembre 2012, Donato Barone scriveva :“… ho notato un picco intorno ai tre anni che tende ad aumentare negli ultimi mesi: è un’anomalia statistica o una cosa più seria?
Devo riconoscere che non avevo mai prestato attenzione a quel massimo ma, dopo il suggerimento di Donato Barone e dopo aver verificato che era effettivamente presente in tutti gli spettri a partire da novembre 2011, in una posizione (con un periodo) piuttosto stabile attorno a 2.87 anni, mi sono chiesto se fosse un segnale reale di qualche fenomeno climatico riconoscibile.

Intanto la Fig.1 suggerisce che il comportamento della potenza del picco (in arancione nel pannello di sinistra) non è dissimile da quello degli altri massimi, almeno nella struttura generale; e che anche il periodo è variato in modo del tutto simile al picco di 21-22 anni (qui, fig.9), il che da subito mi aveva fatto pensare che fosse una struttura reale e non una fluttuazione numerica.

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Fig.1: Il picco di 2.87 anni confrontato con gli altri massimi del dataset NOAA. Il pannello di destra mostra l’andamento temporale della potenza e del periodo.

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Vieni avanti cretino!

La seconda bozza del prossimo report IPCC, comparsa sui blog climatici appena una settimana fa, sta facendosi lentamente strada anche sulla carta stampata estera. E non è un bel cammino.

Su WUWT, il blog che per primo ha diffuso la bozza, c’è una rassegna delle headlines di varie testate. In modo tutt’altro che sorprendente, sono tutti o quasi commenti dal sapore critico, ovvero pezzi che mettono in risalto quello che pare essere un passo indietro del panel delle Nazioni Unite in materia di catastrofismo. La fine per arrosto climatico insomma sembra essere meno certa di quanto non lasciasse intendere il report precedente e, considerato il fatto che si diceva in giro che il dibattito scientifico fosse chiuso, questa non è una cosa di poco conto. Sicchè la stampa mainstream per ora tace, magari confidando nel fatto che la versione definitiva del report comunque consentirà di lanciare qualche bel messaggio in tema di fine del mondo, materia preziosa specialmente ora che è passata anche la bufala Maya.

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Un mese di meteo: Dicembre 2012

di Guido Guidi e Luigi Mariani

 

Introduzione

Dopo la sperimentazione di un commento settimanale da questo mese abbiamo deciso di cimentarci con un commento meteorologico mensile che renda ragione di andamenti ed anomalie riscontrate con riferimento ad una normale climatica che per le temperature massime e minime è costituita dalla media ventennale 1993-2012 e per le precipitazioni dalla media 1995-2012 riferita ai dati della banca dati agrometeorologica nazionale di CRA-CMA (www.cra-cam.it). I dati del periodo in corso sono stati attinti sia dalla banca dati CRA-CMA che dalla banca dati NOAA-GSOD.

 

L’analisi circolatoria si è riferita a dati NOAA NCEP.

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Outlook inverno 2012-2013 – Aggiornamento del 4 gennaio 2013

di Carlo Colarieti Tosti

Nell’ultimo outlook del 28 dicembre scorso ci eravamo lasciati con lo sviluppo di un probabile MMW a seguito di un intenso riscaldamento stratosferico avviato negli ultimi giorni di dicembre alla quota isobarica di 10hPa sul comparto siberiano. E’ nostra intenzione fare un aggiornamento al fine di cercare di prevedere le conseguenze degli imminenti avvenimenti stratosferici a livello troposferico.

Innanzi tutto vorrei sgombrare il campo sulla classificazione displacement o split del MMW che allo stato dei fatti credo investirà solo un interesse puramente accademico. La precisazione è necessaria visto che nello spazio di poche ore si avranno entrambi gli eventi con lo split che indubbiamente avrà un ruolo primario per le successive dinamiche, non fosse altro per il lunghissimo tempo che lo vedrà vivo nel cuore dell’artico stratosferico. Ovviamente tutti gli indici esaminati nel precedente outlook non hanno compiuto variazioni significative e quindi in questa sede ne tralasceremo l’analisi tenendo valido quanto già esposto precedentemente.

Per le sorti e dinamiche dello split, comunque ormai dato per certo, dipenderà molto il ruolo offerto dalla seconda onda. A tal fine la figura 1 ci indica l’evoluzione dell’onda convettiva equatoriale che ci fornisce delle indicazioni indirette sulla riattivazione della wave2.

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