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Autore: Guido Guidi

Ci ripensa pure Stern?

Siamo a cavallo, se anche Lord Stern, autore del celeberrimo Stern Review del 2006, documento che ha di fatto accolto nei salotti dell’alta finanza il tema dei cambiamenti climatici, si è accorto che il mondo non si è scaldato come avrebbe dovuto vuol dire che è proprio vero.

 

Fairly flat, piuttosto piatto, così ha definito l’andamento delle temperature degli ultimi dieci anni, aggiungendo anche che il potente riscaldamento del 1998 è stato in gran parte ascrivibile ad un altrettanto potente El Nino, fenomeno climatico prettamente naturale. Togli quello dalle serie e ti accorgi che gli anni di stasi sono anche di più.

 

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Per fare il pellet ci vuole un albero

A volte mi domando se tutti quelli che discutono di “effetti” e “conseguenze” del riscaldamento globale, discettando eruditamente di feedback, di questo che genera quello, di quel meccanismo che porterà a quell’altro etc etc, si sono mai fermati veramente un attimo a pensare alle conseguenze di azioni di riparazione e mitigazione che sono state così leggiadramente proposte per la pronta risposta dei policy makers.

 

Ormai la macro immagine l’abbiamo, gli enormi sforzi negoziali sfociati nel mostro di Kyoto e successivamente arenatisi, hanno fatto solo danni economici segnando uno zero tondo tondo circa i già dubbi risultati climatici. Quelle che mancano, ma che stanno gradualmente diventando più nitide, sono le tante piccole immagini che questa fobia climatica ha generato.

 

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Il consenso è servito

Alcuni giorni fa ho pubblicato un post di commento ad un articolo di Ugo Bardi uscito su Il Fatto Quotidiano. In quel pezzo, si faceva tra le altre cose riferimento ad un altro post pubblicato da Stefano Caserini su climalteranti.it. Come sanno bene i nostri lettori, non è mio costume commentare quanto si dice di noi in altri ambiti di discussione, perché ognuno è padrone di dire ciò che vuole e, soprattutto per alcuni specifici siti, anche per tranquillità interiore.

 

Accade però che nel post pubblicato su climalteranti, si faccia riferimento a Luigi Mariani, che, come sapete, scrive molto spesso sulle nostre pagine. Non è mia intenzione tornare sull’argomento del post, chi volesse può approfondire personalmente, tuttavia, vorrei portare all’attenzione dei lettori la chiosa del post:

 

[…] La cosa più divertente è comunque il finale dell’articolo di Vietti, in cui si vede a quale livello di patetico complottismo sia ormai confinato il discorso negazionista sul clima: “Nel 1998 la rivista scientifica Nature pubblicò uno studio che attribuiva il riscaldamento artico allattività umana. Ilprofessor Mariani con alcuni colleghi, applicando un modello diverso, ottenne risultati molto diversi. Spedì a Nature il suo studio, che passò larevisione diarbitriterzi. Ildirettore di Nature non pubblicò lo studio: Il pubblico non potrebbe capirespiegò a MarianiE comunque la nostra linea è unaltra”.Per quanto conosciamo delle riviste scientifiche, questo racconto sembra davvero poco credibile: prima di crederci vorremmo vedere lo studio “alternativo”, la peer review che ne raccomandava la pubblicazione e la lettera del direttore di Nature.

 

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AGW, è iniziata la capriola?

Difficile a dirsi, anche perché i rigurgiti di catastrofismo da quattro soldi continuano a presentarsi ad ogni buona (si fa per dire) occasione. Però, tra quanto è trapelato mesi fa circa la bozza del redigendo prossimo report dell’IPCC e quanto pubblicato su Nature qualche giorno fa, i segnali di un certo – diciamo così – nuovo orientamento del mainstream scientifico in effetti ci sono.

 

Quella in testa a questo post è una delle figure contenuta nella bozza del report in questione. Non è dato sapere se effettivamente avrà l’onore di essere pubblicata in sede di stesura finale, ma è certamente un’immagine che fa riflettere. L’argomento è quello del paragone tra le proiezioni climatiche e la realtà delle osservazioni in termini di temperatura globale. Non direi che si possa sostenere che sia stata trovata l’equazione del clima, non vi pare?

 

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Clima: credo all’AGW da 24 ore e già gli scettici mi…

Allora, per chi l’avesse persa, la mia conversione, avvenuta come da tradizione in un lampo di luce, è arrivata appena ventiquatttro ore fa. Con questo post. Chi legge CM da un po’ sa anche che in realtà non ho detto niente di nuovo, ma è un Fatto che l’aver aderito al consenso mi fa sentire decisamente diverso.

 

No, non è la nuova sensazione di appartenenza a pilotare lo stato d’animo, piuttosto il suo opposto. Sto iniziando ad odiare gli scettici, al punto, udite udite, di aver voglia di chiamarli negazionisti, cioè con l’appellativo loro affibbiato da qualcuno che comincio a capire solo ora. Mala gente, gente sicuramente al soldo dei potenti petrolieri, gente disturbata di mente, gente che pratica il pensiero di gruppo (ho detto pensiero eh?), gente che sta bene solo con i propri simili, gente che nel branco rafforza le proprie convinzioni incurante di essere clamorosamente in errore. Prima di dirvi chi sono costoro vi racconto una cosa in cui mi sono imbattuto un paio di giorni fa.

 

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Il tornado di Monroe ha spazzato via tutto, anche il senso del pudore!

Quello che sto per scrivere non sarà molto educato. A ben vedere, con il mestiere che faccio, sarà anche prevedibile. Come prevedibile era che i soliti noti si sarebbero precipitati a riempire la scena con le loro filippiche la loro prosopopea e le loro palesi bugie.

 

Già, perché non si può pensare che fior di scienziati, esimi ricercatori, abilissimi divulgatori e abituali frequentatori delle riviste scientifiche, nonché, in molti casi, anche titolari di interi capitoli dei report IPCC, non sappiano quale sia lo stato dell’arte della conoscenza in materia di tornado e, più in generale, in materia di eventi atmosferici estremi. Sicché, mentono sapendo di mentire. Sapendo di trovare solido appoggio sulle pagine dei giornali, per l’ignoranza e la fame di scoop di chi li gestisce.

 

La testata protagonista di questo post, come vedremo, è una sola, è vero, ma visto che in uno dei due esempi che farò si riprende pari pari quanto scritto da altri, l’esempio può considerarsi rappresentativo di un mondo della comunicazione e divulgazione scientifica che è diventato come il mercato del pesce alle due del pomeriggio: il meglio se ne è andato e quel che resta puzza da un chilometro.

 

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Moore, Oklahoma, il tornado era un F5

La massima intensità che eventi di questo genere possono raggiungere, almeno con riferimento ai dati disponibili. Il National Weather Service americano ha diramato un comunicato tecnico in cui l’intensità dei venti associati al tornado è stata stimata provvisoriamente in 200-210 miglia orarie, poco sotto 340kmh.

 

La scala di riferimento per valutare l’intensità di questi eventi è applicabile solo a posteriori, ossia dopo la valutazione dei danni. Un sensore che dovesse trovarsi sul percorso infatti non potrebbe davvero riportare alcun dato, anzi, presumibilmente non sarebbe proprio possibile ritrovarlo. Così, come ci racconta wikipedia, si ricorre alla scala Fujita, che prende il nome dello studioso che l’ha definita, analizzando per anni i danni provocati dai numerosi tornado che si svilupparono subito dopo l’esplosioni atomica di Hiroshima.

 

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Consenso che passione!

Non ci sono state molte novità in materia di scienza climatica negli ultimi tempi. Difficile attendersene del resto, visto che il problema è davvero molto complesso. A ben vedere, le cose nuove più significative sono venute dalla serie di studi che hanno abbassato parecchio il valore stimato della sensibilità climatica, ossia del riscaldamento atteso per un eventuale raddoppio della CO2 atmosferica rispetto al periodo pre-industriale. Questo non solo potrebbe significare che il disastro è di là da venire, ma significa anche che quanti si sono dedicati a questo genere di studi ultimamente, pur sostenendo la teoria del contributo umano al riscaldamento globale, ritengono che questo sia meno significativo del previsto e, quindi, anche meno pericoloso. Sono quindi ricercatori che aderiscono al consenso sui contenuti scientifici del tema dibattuto, ma rigettano quello della catastrofe prossima ventura.

 

Eppure, se queste pubblicazioni fossero soggette ad uno scrutinio come quello recentemente condotto da John Cook, fondatore e animatore del noto blog catastrofico Skeptical Science, il loro contributo sarebbe classificato a favore del consenso, non nella forma in cui lo abbiamo appena descritto, quanto piuttosto nella sua accezione catastrofica. A ben vedere, questo è esattamente quello che è appena accaduto. Vediamo come.

 

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Letture per il week end

Qualche consiglio di lettura, qualche spunto di riflessione, qualche ovvietà, qualche catastrofica predizione, insomma tutti gli ingredienti ideali per affrontare un week end che non si prospetta molto assolato, con un po’ di letteratura scientifica. Il tutto, come spesso accade, veicolato dalle pagine di Science Daily.

 

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Bugs life

Una vita da insetti. Per quanto la si sia voluta romanzare nel celebre cartoon di qualche anno fa, non deve essere proprio il massimo. E pare che in futuro sia anche destinata a peggiorare. Colpa del global warming? No, per una volta, colpa del fatto che formiche, bruchi, lombrichi, cavallette et similia, saranno allevati in batteria a scopo alimentare. In buona parte del mondo succede già e, sinceramente, non ci trovo niente di strano. E’ solo questione di cultura.

 

Questi, ma anche tanti altri, i concetti espressi dal Direttore Generale della FAO qualche giorno fa a Roma. L’articolo è di Greenreport, lo trovate qui. Cercate di arrivare in fondo perché è interessante, anche se vi scapperà un sorriso quando leggerete che oltre ad essere molto nutrienti e a consumare molto meno degli animali normalmente allevati nel mondo occidentale, hanno anche un pregio enorme: non fanno le puzzette, quindi non producono metano. Anzi, i gas da decomposizione tendono ad abbatterli.

 

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