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Autore: Fabio Spina

Mirror posting – Alaska di ghiaccio

Mentre in Italia l’inverno è per il momento relativamente mite, è da dicembre che sui versanti esposti a nord delle Alpi (Francia, Svizzera e Austria ma in qualche caso anche Italia, specie tra Valle d’Aosta e Alto Adige!) nevica tantissimo, come non accadeva da trenta anni. In Alaska freddo e neve stanno dado preoccupazioni, l’area nei giorni scorsi è stata letteralmente seppellita da 5 metri e mezzo di neve (qui e qui).

Lo stretto di Bering è ghiacciato mentre una città dell’Alaska soffre il freddo in attesa dell’arrivo di una petroliera russa, la Renda, che insieme all’unica nave rompighiaccio della Guardia Costiera degli USA, la Healy (le altre due sono in riparazione), da decine di giorni sta navigando lentamente. La Healy e la Renda procedono vicine-vicine con il rischio continuo di un incidente, la rompighiaccio apre la strada e la petroliera segue in un mare ricoperto da uno strato gelato spesso dai 10 ai 70 centimetri; spessore destinato ad aumentare navigando verso Nord. E’ un viaggio storico, è la prima volta che il carburante arriva in quella zona in questo periodo invernale, attraverso le acque coperte dai ghiacci dell’Alaska occidentale.

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No Aviation Without Taxation!

Brian Simpson, presidente del Transport Committee del Parlamento Europeo lo ha detto chiaramente (qui e qui): «Nella UE i governi hanno un bisogno disperato di denaro. Non lo ammetteranno, diranno che tutto serve per difendere l’ambiente, lo stesso che dicono a proposito dell’Air Passenger Duty (APD). Ma non illudiamoci, sia l’European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS) che l’APD sono nuove fonti di ricavi e non servono alla protezione ambientale».

Vijay Poonoosamy, chair dell’ Industry Affairs Committee of IATA and vice president international and public affairs of Etihad Airways non è stato meno duro sull’argomento: “Tutto questo perché il trasporto aereo è un potentissimo catalizzatore dell’economia. Mentre spesso i governi utilizzano pretesti ambientalisti per tassare i vettori, limitando così le proprie economie e la propria capacità di investire in tecnologie ed energie sostenibili. E in questi tempi così difficili non si dovrebbero tagliare le ali a un’industria che fa decollare il Pil». Cosa che ad esempio stanno facendo Gran Bretagna, Germania e Austria con l’APD, che costa ai vettori miliardi di euro l’anno, per finire con il costosissimo ETS europeo, “pensato – continua Poonoosamy – per dare nuovi introiti ai governi in crisi finanziaria”.

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Desertificazione in Italia: dati vecchi ma allarmi nuovi – Aggiornamento #2

Questo post ha un titolo che si ripete per la terza volta. Non ce ne vogliano i lettori, ma finché continueranno a propinarci allarmi nuovi con dati vecchi noi continueremo a sbugiardarli. Non si può vivere di rendita all’infinito, specialmente in tempi di crisi.

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Dal 28 Novembre all’11 dicembre 2011 si è svolta a Durban, in Sud Africa, la diciassettesima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite. All’ordine del giorno, la ricerca di un accordo per un nuovo trattato sulla limitazione delle emissioni di gas serra.

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Protocolli senza qualità

Chi è stato a dieta conosce per esperienza come si controlla l’efficacia della prescrizione medica. La persona che accusa un “disturbo” va dal “medico”, questi esaminata la situazione individua ad esempio una combinazione di condimenti utilizzata come il responsabile del malessere e quindi prescrive una dieta che porti ad una riduzione/eliminazione del “disturbo”, cioè del motivo per cui si è ricorsi alla cura. Per verificare se la prescrizione è giusta si deve monitorare nel tempo la scomparsa di quanto accusato dal paziente; se questo non avviene occorre inevitabilmente rivedere la dieta.

Una dinamica simile accade in qualsiasi azienda che applichi i concetti della qualità; le fasi dell’azione di direzione sono: pianificare, fare, verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti ed eventualmente correggere o migliorare il prima possibile la nostra azione. E’ fondamentale individuare gli indicatori del processo per comprendere i fenomeni che accadono.

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Mirror posting: Clima, il circo Durban continua

«Trovato l’accordo un capolavoro di diplomazia», «l’intesa alla conferenza Onu tiene insieme i tagli alle emissioni (25-40% entro il 2020) e gli interessi dei vari Stati rinviando la definizione degli impegni vincolanti Paese per Paese». «Per ora è solo architettura, ma è un’architettura robusta: il disegno di un progetto concreto per la salvaguardia del clima», l’accordo «traccia la strada per un’intesa contro il caos climatico a cui dovrà essere data forma definitiva il prossimo anno: taglio delle emissioni del 25-40 per cento rispetto al livello del 1990 entro il 2020 per evitare che l’aumento di temperatura superi i 2 gradi e un pacchetto di fondi (10 miliardi l’anno che arriveranno a 100 miliardi l’anno nel 2020) per il trasferimento delle tecnologie pulite e il mantenimento delle foreste tropicali». «La Cina ha accettato i criteri di trasparenza nei controlli sulle emissioni serra che per gli Stati Uniti costituivano una precondizione indispensabile per la trattativa e ha aperto alla possibilità di impegni vincolanti per la fine del decennio. L’India ha adottato una posizione simile. I Paesi schierati sulle posizioni più radicali hanno ritrovato lo spirito del multilateralismo e la disponibilità a creare meccanismi più efficienti per il trasferimento di tecnologie pulite».

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Sorriso Durban

In attesa che il COP17 di Durban produca i suoi frutti, ripercorriamo velocemente, e senza pretese, alcune tappe precedenti rileggendo alcuni articoli di “vecchi” giornali.

Era il lontano 1997 quando si firmò il Protocollo di Kyoto, all’epoca Al Gore non aveva ancora scoperto la vena ecologista che lo porterà a vincere il premio “Nobel per la Pace” insieme all’IPCC, e, da Vice del Presidente, Bill Clinton affermava concetti molto simili a quelli che successivamente sarebbero stati portati avanti da Bush jr e attualmente da Barack Obama.

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Mirror posting: Le tasse sono buone Basta che siano verdi

Soddisfatto il famoso – per molti famigerato, Al Gore – ha ribadito che si tratta di “un momento storico”: “Con questo voto, il mondo è a una svolta fondamentale nello sforzo collettivo per risolvere la crisi climatica. Questo successo è il frutto del lavoro instancabile di una coalizione senza precedenti. E’ un voto che aiuta a salvaguardare il futuro di tutti gli australiani”.

Ma di quale incredibile provvedimento ambientale si tratta? Il parlamento australiano ha approvato la cosidetta “Carbon Tax”. A partire dal 2012, le aziende dovranno sborsare 23 dollari australiani, circa 17 euro, per ogni tonnellata di CO2 emessa nell’atmosfera. A detta di alcuni esperti, le cui dichiarazioni sono state riprese dai mass-media di tutto il mondo, siamo di fronte ad una delle più grandi riforme economiche dell’ultimo decennio, che riveste un ruolo importante anche a livello internazionale, in vista dei negoziati sul cambiamento climatico che si svolgeranno a Durban, in Sudafrica, nel mese di dicembre.

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Precipitazioni intense: il “Tachisenzametro” ovvero il “Tachimatematico”.

Il tachimetro (dal greco ταχύς tachýs, “veloce”) è lo strumento di misura della velocità istantanea di un mezzo di trasporto, generalmente terrestre. Facciamo finta che ancora non sia stato inventato e che, delle carrozze e negli ultimi due secoli, siano stati archiviati solo i giorni in cui si sono mosse ed in questi, generalmente, quanti km  sono stati percorsi.

Ipotizzate ora che qualche  statistico-matematico armato di un ottimo calcolatore, effettui uno studio sull’evoluzione temporale della velocità aggregando i dati e calcolando giornalmente la “velocità della carrozza” come distanza giornaliera diviso le 24 ore. Alla fine, confrontando i dati,  ipotizziamo che si arrivi ad affermare scientificamente che le carrozze sono divenute più veloci di una volta.

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FRANE: “Dalla brace alla padella”

“In Italia c’è una frana ogni 27 ore e un morto per frana ogni 8 giorni, attualmente sull’Appennino tosco-emiliano sono in atto 600 frane”, questi i dati forniti dal Presidente dei Geologi durante una conferenza che si è svolta a Roma dal titolo: “Strategia della sopravvivenza”. L’evento ha fatto seguito all’appello rivolto dal Presidente del Senato dal Campidoglio allarmato dalla gravità della situazione che minaccia il mondo ed il nostro paese in particolare.

Si parla delle frane ed alluvioni di questi giorni in Liguria e Toscana?

Leggo meglio l’articolo de “IL SOLE 24 ORE”: sono presentati problemi nella gestione dell’acqua ma stranamente non si parla né di “desertificazione” né di “piogge tropicali” né di riscaldamento globale dovuto all’emissioni di CO2 umane, inoltre l’apparato tecnico del Servizio geologico nazionale è di soli 5 geologi e non usa immagini satellitari e tecnologia sofisticata. Ma il Presidente del Senato è Amintore Fanfani!

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Piove sempre dove ha già bagnato, eppure ogni volta sembra una sorpresa – Aggiornamento

Con le informazioni che seguono, il CNR che descrive brevemente ciò che è accaduto in Liguria negli ultimi 50 anni (Nell’immagine: Sarno, 5 maggio 1998 – Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco).

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I boschi sarebbero molto silenziosi se cantassero solo gli uccelli più intonati.

I boschi sarebbero molto silenziosi se cantassero solo gli uccelli più intonati, invece sembra che i termometri utilizzati a scopi meteorologici siano tutti “intonati” nonostante che quasi nessuno affronti il problema del peggioramento dell’accuratezza della misura con il trascorrere del tempo e tenga conto degli errori strumentali. Le informazioni e/o dati di qualità, non sono necessariamente eccellenti, ma è necessario che il loro requisito di qualità sia noto e dimostrato e che soddisfino i requisiti dettati dallo scopo per cui sono stati prodotti o utilizzati. Invece nel mondo meteorologico sembra che il concetto di qualità si sia cominciato ad affrontarlo solo l’anno scorso, ne abbiamo scritto in “Un mondo alla ricerca della qualità”.

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A.A.A. offresi quote emissione. Sconto 70% a causa previsione errata.

Esiste in Europa, dall’entrata in vigore del “Protocollo di Kyoto”, un mercato dei “carbon credit”. Per dirla molto grossolanamente in borsa si scambiano le quote di emissione come se fossero un nuovo prodotto, una nuova “commodity”, una nuova “materia prima” di cui tutti molto probabilmente un giorno avranno bisogno. La speranza degli ecologisti (esempio: “Protocollo di Kyoto, il Wwf si schiera con il commercio di emissioni”) e della finanza “verde” sembra sia che tale borsa divenga mondiale: visto che ogni azione umana  comporterà un consumo di energia e quindi un’emissione, questa dovrà essere bilanciata da “un’azione” acquistata/scambiata in borsa (da dei crediti). Un nuovo mercato enorme. A molti è stato fatto credere che la finanza era in grado di poter contribuire in modo essenziale al problema dei cambiamenti climatici, ci hanno persuaso che le banche/fondi, prima dello sviluppo tecnologico, erano in grado di aiutare la salute del pianeta.

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Nulla di nuovo sotto la pioggia”, purtroppo!

“Ci dicono «visionari» se difendiamo i boschi. Antico flagello, in Italia, quello dei fiumi in piena. Si legge in Strabone della grande quantità d’acque che recavano giù dai monti dell’Appennino l’Arno ed il Serchio, che allora si congiungevano presso Pisa; e quando erano gonfi, scrive l’antico geografo, “alla confluenza, l’acqua dell’uno contrastando a quella dell’altro, la corrente cresceva tanto d’altezza clic da una riva non si poteva vedere chi stesse su quella dirimpetto”. E poiché gli abitanti alzavano argini con dighe per timore di essere inondati, i due fiumi fecero solenne promessa che non avrebbero più invaso le campagne; «e mantennero l’impegno-». Ma allora i fiumi erano dei e si poteva trattare con essi. Anche il Tevere, scrisse Plinio un secolo più tardi, usciva sì ogni tanto ad allagare la città, «ma piuttosto come profeta e ammonitore, più per richiamare al timore degli dei che per minacciare disastri ».

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Mirror posting: La “Borsa dell’ambiente” paradosso ecologista

La superficie boschiva italiana è in costante aumento. Ormai siamo a quota 10,6 milioni di ettari, con una crescita negli ultimi 25 anni del 19 per cento. Questo patrimonio, se utilizzato al meglio e in modo corretto, potrebbe rappresentare una grande opportunità. Maurizio Gardini, presidente di Fedagri, parte dai numeri: «La superficie boschiva italiana copre ben il 34,7% del territorio nazionale, una percentuale superiore a quelle di Paesi tradizionalmente considerati “verdi” come la Germania (31%) o la Francia (28,6%)».

E’ difficile far credere alle persone ormai convinte dell’imminente catastrofe ambientale che in Italia la superficie forestale da anni è in costante aumento, è opportuno quindi segnalare che i dati riportati sopra hanno finalmente trovato spazio, dovremmo scrivere purtroppo solo, sul sito del quotidiano “Terra” dei Verdi il 14 ottobre 2011, in un articolo a firma di Michele Fiorito.

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Da ‘che tempo che fa’ allo ’show dei record’ – aggiornamento

“L’esempio del clima è paradigmatico. Se quest’anno l’inverno è stato un po’ più freddo in Europa e nel nord Italia, i mezzi di informazione subito hanno gridato che il problema del riscaldamento globale non esiste più. Quando, dati alla mano, a livello mondiale non c’è stato nessun elemento per assumere questa posizione, anzi. In Canada e nell’Oceano Artico si è avuto un inverno caldissimo, tanto che alle Olimpiadi di Vancouver la neve è stata portata sulle piste da sci con gli autocarri […] Ecco perché i giornalisti che guardano solo ai dati locali, senza confrontarli con quelli mondiali producono solo mala informazione creando, quindi, nei lettori o spettatori l’idea sbagliata di una contro tendenza sul riscaldamento globale”.

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