Salta al contenuto

Autore: Fabio Spina

Haiyan e clima che cambia, l’importante è avere le idee chiare

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, all’Università di Tallinn, in Estonia, è intervenuto in materia di cambiamenti climatici e dell’allarme che la natura ha lanciato con il ciclone tropicale Hayan: “Abbiamo visto tutti cosa è appena successo alle Filippine. E’ un avvertimento urgente della Terra, un esempio di cambiamento climatico che dimostra come siamo tutti coinvolti”, per cui “Bisogna agire prima che sia troppo tardi”.

 

Ma neanche il Segretario Generale dell’ONU legge i rapporti dell’IPCC? Possibile che non ha letto il recente Quinto Rapporto (AR5) di cui tutti i giornali a settembre hanno scritto? Proprio lui mette in dubbio quello che scrivono?  Comunque la si pensi, unire il cambiamento climatico globale con un unico evento meteorologico è già di per se stesso scorretto, però rileggete pag 60 del 2° capitolo dell’ultimo report IPCC paragarafo 2.6.3.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 4 Comments

Sardegna in ginocchio, è una vecchia storia.

Quanto segue è uscito in originale su La nuova Bussola Quotidiana

gg

___________________________

“La mancata realizzazione delle opere, che forse avrebbero potuto in larga misura evitare queste conseguenze così disastrose, è un fatto che si perpetua da anni, per non dire da secoli in riferimento al comportamento dei poteri centrali nei confronti della Sardegna”. Quelle riportate sono le dichiarazioni del Presidente della regione sarda Mario Mellis dopo il tragico nubifragio sulla Sardegna nell’ottobre del 1986; all’epoca la procura della Repubblica di Cagliari lavorava sull’ipotesi preliminare di reato di inondazione colposa e omicidio colposo plurimo.

Tutti sanno che gli egiziani quando esondava il Nilo facevano festa, da qualche decennio invece il rigonfiamento di un torrente crea angoscia, se non terrore. Non sarà che abbiamo costruito troppo vicino agli argini? Che la manutenzione è l’unica parte di bilancio dove, se si taglia, nessuna lobby fa le barricate? Che avendo resi abitabili i seminterrati, prima o poi, bisognerà fare i conti con l’acqua che sale? Che quando si cementificano i fiumi bisogna prevedere un’area di espansione che rimanga tale anche nei decenni successivi? Come mai un evento meteorologico estremo non ha mai comportato l’allagamento delle ville a Porto Cervo o dei Parioli a Roma? Nell’ultimo mezzo secolo i problemi sembrano sempre gli stessi, la differenza è che nel 1986 il colpevole era il governo centrale, ora sembra invece essere individuato nel riscaldamento globale.

Torniamo all’eccezionale nubifragio che in questi giorni ha colpito la Sardegna causando 16 morti: è davvero un evento meteorologico mai visto da millenni, come qualcuno ha affermato? Per rispondere basta tornare, ad esempio all’autunno del 1951, quando dobbiamo credere che la temperatura del mare e la concentrazione di anidride carbonica fosse molto minore dell’attuale.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 5 Comments

A.A.A. Chillo è ‘o paese d’ ‘ove s’accattano o’ pannello solare.

Si sgonfia l’utopia di Desertec: all’Europa l’elettricità del Sahara non serve più. L’esportazione di energia pulita dal Maghreb al Vecchio Continente non è più l’obiettivo primario del progetto. Questa in sintesi l’intervista a Paul van Son, amministratore delegato di Desertec Industrial Initiative, che ha dovuto ammettere il ridimensionamento totale del programma, che era stato pensato per soddisfare il 20% dei consumi elettrici europei entro il 2050.

 

Dopo che la crisi economica ha smesso di permettere cospicui investimenti pagati dai cittadini europei sotto forma di incentivi caricati in bolletta o aumento sotto la forma di qualche nuova tassa, erano aumentati i sospetti che il progetto fosse tecnicamente affascinante ma economicamente insostenibile. Su CM abbiamo pubblicato un post in proposito il 12dicembre 2012.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 6 Comments

vorrei trovare / parole nuove ma piove piove (Piove ‘Ciao Ciao Bambina’- Domenico Modugno 1959)

Il maggio più freddo dal 1991” titola il “Corriere della Sera” cercando di far notizia. Notizia che non dovrebbe esserci visto che ormai anche alle elementari si dice che il clima si calcola su almeno 30 anni. Si prevedeva che le precipitazioni per il “global warming” dovevano aumentare d’intensità e diminuire nei valori cumulati, tropicalizzazione e desertificazione erano i termini giornalistici per descrivere i due fenomeni. Ora che invece sono aumentate le cumulate, la colpa non è più del “global warming” ma del “climate change”?

 

Per chiarezza diciamo che a livello di cambiamento climatico globale la rara primavera di quest’anno non significa nulla come non avrebbero dovuto significar nulla le ondate di calore dello scorso anno. Ma ormai l’informazione è un prodotto, e allora sotto con la prossima catastrofe per richiamare il lettore. La prossima è “Europa sott’acqua”,  il Danubio rischia di esondare catastroficamente a causa di una primavera pazza. Molti penseranno: certo che la concentrazione di CO2 a 400 ppm ne sta creando di problemi, come saranno stati belli i periodi in cui l’industrializzazione non aveva rovinato il clima, periodi in cui la frequenza di tali fenomeni era minore dell’attuale.

 

Ma sarà proprio così? nel rispetto di quanti stanno subendo la tragicità degli eventi di questi giorni, vale forse la pena cercare di capire se questi sono effettivamente ascrivibili a “fatti nuovi” o piuttosto se siano evenienze con cui purtroppo si è in alcuni casi destinati a convivere. Sulla rivista History of Meteorology è stato pubblicato nel 2005 un articolo molto interessante dal titolo:

 

The Danube Floods and Their Human Response and Perception – (14th to 17th C)

 

Il pezzo, ponendosi l’obbiettivo di indagare proprio il carattere, la frequenza di occorrenza e la gravità degli eventi di piena del Danubio nei secoli per i quali non sono disponibili informazioni oggettive, ovvero misurazioni attendibili, conduce un’analisi anche sociologica della percezione di questi eventi, in particolare per quella che viene definita la piena del millennio occorsa nel 1501. Quel che ne risulta, è che diversamente da quanto riscontrato per altro genere di eventi catastrofici, per gli eventi alluvionali non si riscontrano nei documenti storici spiegazioni di carattere religioso, in qualche modo quindi ascrivibili al soprannaturale, quanto piuttosto un atteggiamento di consapevolezza e di inevitabile adattamento a questi eventi, che dunque – come del resto conferma anche la storia recente – dovevano avere tanto una frequenza piuttosto elevata, quanto conseguenze anche ben più gravi di quelle di questi giorni.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 7 Comments

Da quando sono andati sulla Luna il clima non è più lo stesso

Le più ottimistiche previsioni stagionali per la primavera 2013, fornite nel periodo delle vacanza pasquali, erano state il 2 e 9 aprile rispettivamente:

 

  • “E il maltempo di inizio anno fa prevedere un’estate torrida come accaduto nel 2010[…], dopo questa fase iniziale ormai irrecuperabile, poi la primavera dovrebbe sbocciare in maniera vigorosa», sul “Corriere della Sera”;
  • “L’ultimo mese della stagione primaverile, Maggio, stante tale aggiornamento, potrebbe risultare all’insegna del bel tempo su gran parte della Penisola. Attesi frequenti periodi dominati da un campo altopressorio, prevalentemente di matrice oceanica, con temperature attorno la norma; instabilità al Nordovest mentre non si registreranno significative variazioni pluviometriche rispetto la norma altrove”.

 

Ora che invece il freddo ed il maltempo non sembrano lasciare la penisola e siamo a fine maggio, la situazione è descritta in vario modo dagli esperti:

Facebooktwitterlinkedinmail 8 Comments

Si è spenta “Carbon Lady”

L’8 aprile scorso si è spenta a 87 anni Margaret Thatcher, la “lady di ferro”, primo ministro britannico dal 1979 al 1990, prima e ad oggi unica donna a ricoprire la carica di premier del Regno Unito. Nata il 13 ottobre 1925 a Grantham, nel Lincolnshire, dal 1975 al 1990 è stata anche leader del partito conservatore britannico. Al suo nome è legata la corrente politica denominata “thatcherismo” che fonde il conservatorismo con il liberismo (fonte wikipedia).

La storia si ricorderà di Margaret Thatcher anche per la sua battaglia – vittoriosa – contro i minatori e i loro sindacati impegnati nello sciopero più drammatico della storia moderna britannica, quello con cui si opponevano alla chiusura delle miniere di carbone. La ‘guerra’ sul futuro dell’industria del carbone iniziò alla mezzanotte del 5 marzo del 1984: uno scontro aspro e lacerante, con forti ripercussioni internazionali, che sarebbe durato fino al 1985, con la resa incondizionata del sindacato. Da quella sconfitta iniziò l’era del liberismo sfrenato in Gran Bretagna, un modello che ha generato ricchezza ma anche disparità sociale, mantenuto anche nell’era del New Labour di Tony Blair, fino all’esplosione della crisi economica ancora in corso.

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Mirror posting: La doppia morale della Coldiretti

“Il vino italiano traina il Made in Italy che sale del 5,4%. Coldiretti: boom in Cina di prodotti di dieta mediterranea: +84% import pasta. Esportazione vino supera il fatturato interno”.  E’ record del Made in Italy nel mondo per quanto riguarda l’export di prodotti agroalimentari: a fare da traino è il vino che addirittura, nel 2012, è stato venduto all’estero in misura maggiore di quanto è stato consumato dagli italiani. In controtendenza rispetto all’andamento sul mercato nazionale vola il fatturato agroalimentare all’estero dove fa segnare un aumento del 5,4% per un valore record di 31,8 miliardi nel 2012. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat sul fatturato sulle ordinazioni dell’industria. Perfino i francesi, conclude entusiastica la Coldiretti, sembrano tradire Camembert e Roquefort per i formaggi italiani che segnano +4%, mentre la birra made in Italy avanza in Germania con +11% e nei paesi scandinavi con +19%.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Mirror posting: Il Senato “solare” fa ricchi gli indiani

Questo post è uscito in originale su La Nuova Bussola Quotidiana.

[line styile=”normal”][/line]

In molti programmi elettorali l’economia verde, la green economy, sembra la soluzione in grado di metter fine a gran parte dei mali italiani:  la crisi economica, la disoccupazione, l’inquinamento, la chiusura delle aziende italiane. Troppo spesso sui mass media e nei programmi dei partiti la rivoluzione verde è ridotta all’incrementare la produzione da fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico. Chi non ricorda ad esempio Prodi nel 2005 quando, dichiarandosi un “militante di Kyoto”, disse:” «Io non ho avuto il tempo, altrimenti avrei messo i pannelli solari anche sul tetto della Fabbrica del Programma, un brutto capannone fuori Bologna».

 

La politica italiana da allora ha dato molto alle rinnovabili,sicuramente troppo rispetto a quanto è stata trascurata l’economia tradizionale che offre lavoro alla maggior parte de lavoratori, paga alte tasse e l’energia più cara d’Europa permettendo così di pagare anche gli incentivi alle energie rinnovabili. La misura ormai sembra colma al punto che in un editoriale del 3 febbraio del “Corriere della Sera”, da sempre schierato per la “green economy” anche con inserti “ad hoc”, è stato scritto: “Qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie rinnovabili si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari. Per far presto furono concessi incentivi che oggi, a pannelli installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro l’anno: li pagano tutte le famiglie nella bolletta elettrica e vanno a poche migliaia di fortunati. Non solo si è creata un’enorme rendita che durerà per almeno un ventennio: si è favorita una tecnologia che a distanza di pochi anni è già vecchia. Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori. Ma i nostri pannelli rimarranno lì per vent’anni e nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro eliminazione”.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 1 Comment

Le statistiche dal naso corto e le gambe lunghissime.

di Fabio Spina

 

L’estate 2012 è stata eccezionalmente calda, la seconda estate più calda dal 1880 in Italia. Più calda del 2012 è stata solo l’estate del 2003, però l’effetto delle ondate di calore del 2012 sulla mortalità è risultato sorprendentemente molto inferiore a quello osservato nel 2003 (qui).

 

La domanda sorge spontanea: perché la mortalità si è ridotta così tanto? Il piano nazionale con i suoi sistemi di allarme, con meccanismi di informazione e prevenzione che aiutano oggi a mitigare gli effetti del caldo sulla salute, nel 2003 non c’era, ma nel 2012 ha pesato anche l’impatto dell’intenso inverno precedente. Infatti abbiamo letto che:

 

La mortalità dell’inverno 2011/2012 è stata molto elevata e quindi nella stagione successiva la percentuale di popolazione a rischio era gia’ stata colpita. L’estate del 2003 invece non aveva alle spalle un inverno cosi’ rigido.

 

Facebooktwitterlinkedinmail 5 Comments

Wall Street – Il grano non dorme mai

di Fabio Spina

Era l’estate scorsa gli USA sono stati colpiti da una siccità del livello di quella descritta nel famoso e bellissimo romanzo dal titolo “Furore” dello scrittore statunitense John Steinbeck, premio Nobel per la letteratura del 1962, pubblicato nel 1939 a New York. I titoli degli articoli su quanto stava accadendo erano del tipo:

Siccità 2012: è globale e ci saranno guerre per fame” o “Stati Uniti: per l’emergenza siccità prezzi agricoli alle stelle” o “La siccità negli Usa accende il rischio di crisi alimentare” (Il Sole 24 Ore) o “La siccità “brucia” frumento, mais e soia nel mondo torna l’allarme prezzi” (La Repubblica).

 

Ci si chiedeva di quanto sarebbero aumentati i prezzi delle commodities agricole, più di qualcuno prevedeva che

Facebooktwitterlinkedinmail 3 Comments

Mirror posting – Fotovoltaico, il grande inganno

[info]

Questo articolo è uscito in originale su “La Nuova Bussola Quotidiana“.

[/info]

di Fabio Spina

La notizia di questi giorni è che il progetto faraonico dei pannelli solari nel deserto nord africano, detto Desertec, deve far fronte a sempre maggiori difficoltà e le illusioni dell’esordio sembrano dover cominciare a fare i conti con la realtà. A gelare l’entusiasmo dei suoi partecipanti sono la crisi economica mondiale, i cambiamenti politici seguiti alle rivoluzioni della ex-“primavera araba” ed il mercato dell’anidride carbonica in agonia.

Si è ritirata per prima la Spagna, lo stato delle casse sembra non permettere l’assorbimento dei costi derivanti dal passaggio di ulteriore capacità sull’elettrodotto sottomarino esistente (capacità tra 400 e 1000 MW) che collega Marocco e Spagna, attraverso lo stretto di Gibilterra.  Su tale elettrodotto avrebbe dovuto passare tutta l’energia prodotta da Desertec. Più recentemente si è ritirato il gruppo industriale tedesco Bosch, seguendo di qualche settimana l’uscita di scena del conglomerato Siemens, tedesco pure lui, che ha previsto di mettere in liquidazione tutte le sue attività legate al settore solare. “Abbiamo deciso di non portare avanti la nostra partecipazione in Desertec l’anno prossimo (…) a causa di una situazione economica più difficile”, ha spiegato un portavoce del gruppo Bosch. Desertec ora si ferma e sta cercando nuovi soci, spera che i cinesi si facciano avanti.

Facebooktwitterlinkedinmail 11 Comments

Tutte le stazioni climatologiche sono ugualmente rappresentative, ma alcune stazioni sono più uguali delle altre

di Fabio Spina Per decenni si è fatto finta che tutte le stazioni fossero ugualmente rappresentative a livello climatologico senza tener conto se nel corso…

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger... Leave a Comment

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »