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Autore: Donato Barone

Il Periodo Caldo Romano a confronto con quello attuale

Quando ho sentito parlare per la prima volta di riscaldamento della Terra ero un adolescente e correvano gli anni ’70 del secolo scorso. Una supplente di un mio insegnante assente lesse, da una rivista in suo possesso, che la Terra, in futuro, avrebbe aumentato la sua temperatura. Nel corso degli anni, quello che sembrava un allarme isolato, è diventato sempre più pressante fino a influenzare pesantemente la nostra esistenza. Ho iniziato ad interessarmi in modo costante di queste problematiche da quasi due anni e, quello che più mi ha colpito, è stata l’idea che il riscaldamento che oggi registriamo sia “senza precedenti”.

Uno dei motivi per cui non ho remore a dichiarare il mio scetticismo in merito all’ipotesi del riscaldamento globale di origine antropica (AGW), deve ricercarsi proprio nel concetto di “senza precedenti”. Sulla base di quanto ho letto sino ad oggi, infatti, mi sono reso conto che non esistono prove incontrovertibili che le temperature che oggi misuriamo siano le più alte in assoluto. Altri dubbi sono stati generati dal fatto che l’unico responsabile di tale incremento di temperatura sia la CO2 di origine antropica, cioè l’uomo.

Lo scorso mese di dicembre su “Quaternary Science Reviews” è stato pubblicato un articolo a firma di Liang Chen et al. dal titolo molto eloquente:

Short term climate variability during “Roman Classical Period” in the eastern Mediterranean

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Mantenere alti gli standard della ricerca scientifica nell’era della comunicazione globale

Lo scorso 4 gennaio è stato pubblicato on-line su Nature un interessante commento a firma di Jerome Ravetz1 dal titolo:

Sociology of science: Keep standards high

Il commento riguarda un argomento che ho già affrontato su queste pagine e testimonia il grosso interesse per l’evoluzione delle metodiche di gestione dei risultati scientifici. J. Curry, nel suo sito, ha giudicato il commento di Ravetz con queste parole: “Io sono una fan del concetto di ‘comunità estesa tra pari’ portata avanti da Funtowicz e Ravetz. Inoltre, la frase di Ravetz “le implicazioni radicali della blogosfera” si è definitivamente radicata nella mia testa. …. Sono lieta che i sociologi stiano studiando questo problema.”

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  1. Jerome Ravetz – Istituto per la Scienza, Innovazione e Società dell’Università di Oxford, Oxford OX1 1HP, Regno Unito. Egli è l’autore di Scientific Knowledge e Social Problems (1971, 1996). []
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Scienza e comunicazione

Qualche giorno fa è stata pubblicata qui su CM e praticamente su tutti i mezzi di informazione, la notizia dell’individuazione delle probabili tracce del bosone di Higgs. Solo qualche mese prima abbiamo assistito alla pubblicazione della notizia della “scoperta” dei neutrini superluminali. Qualche settimana prima erano stati pubblicati i risultati di BEST. Ancora prima si era avuta notizia dei risultati dell’esperimento CLOUD. Questo per restare alle notizie che più di altre hanno generato interesse nella blogosfera e tra i media generalisti oltre che scientifici.

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Scienza e Blog: questo matrimonio s’ha da fare?

Qualche giorno fa mentre gironzolavo nel sito di J. Curry, la mia attenzione è stata attratta da un link che rimandava a due articoli pubblicati su arxiv.org.

  1. Long-Term Instrumental and Reconstructed Temperature Records Contradict Anthropogenic Global Warming
  2. How Natural is the Recent Centennial Warming? An Analysis of 2249 Surface Temperature Records

I due lavori, contraddistinti dalla sigla LU ed LL, portano la firma del prof. H.J. Lüdecke, del Prof. F.K. Ewert e del Dr. R. Link. I testi e la discussione che ne è seguita, dimostrano che la blogosfera può contribuire in modo determinante alla divulgazione scientifica e al progresso della conoscenza. Si parla in sostanza di analisi di alcune serie di temperature che coprono un arco di circa duemila anni.

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