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Autore: Guido Guidi

Lo Show dei record. Anche senza record.

Prima un piccolo sforzo di lettura in inglese dal sito della NOAA

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Global Highlights

  • The average combined global land and ocean surface temperature for June 2012 was 0.63°C (1.13°F) above the 20th century average of 15.5°C (59.9°F). This is the fourth warmest June since records began in 1880.
  • The Northern Hemisphere land and ocean average surface temperature for June 2012 was the all-time warmest June on record, at 1.30°C (2.34°F) above average.
  • The globally-averaged land surface temperature for June 2012 was also the all-time warmest June on record, at 1.07°C (1.93°F) above average.
  • ENSO-neutral conditions continued in the eastern equatorial Pacific Ocean during June 2012 as sea surface temperature anomalies continued to rise. The June worldwide ocean surface temperatures ranked as the 10th warmest June on record.
  • The combined global land and ocean average surface temperature for January–June 2012 was the 11th warmest on record, at 0.52°C (0.94°F) above the 20th century average.

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Riassumiamo:

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Il Paese dei balocchi, dei farlocchi, e dei (chiusi) cento occhi.

Appena ieri abbiamo pubblicato un post linkando alcuni articoli che affrontano in modo a dir poco critico il tema dello sviluppo della filiera delle risorse rinnovabili nel nostro Paese.

Un tema assai scottante, non solo perché tocca il più importante dei settori strategici, ma anche perché, piaccia o no, sia avvenuto con merito o no, il business del vento, del sole di poco altro ancora, e’ ormai una fetta importante dell’economia nazionale, con tutto quello che questo comporta anche in termini occupazionali. Con prospettive, come abbiamo letto, tutt’altro che rosee.

Poteva quindi questo settore sfuggire all’endemica attitudine italica di farsi del male da soli anche in termini di cura del territorio e relativa gestione ‘sportiva’ ove non addirittura malversata della cosa pubblica?

Naturalmente no. A lanciare il segnale, per la verità già sentito, sono stati sempre ieri Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera.

Quelle pale eoliche come grattacieli davanti alla piccola Pompei dei Sanniti (il link e’ della rassegna stampa ENEA).

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Sorpresa: Fa la metà più caldo!

Qualche tempo fa uno dei nostri lettori ha fatto una domanda apparentemente banale ma invece piuttosto densa di significato. Si parlava di dati grezzi e dati omogeneizzati, ossia di informazioni raccolte normalmente dalle varie fonti disponibili e poi ‘adattate’ per poter essere gestite. Nella fattispecie si parlava anche di modelli climatici, argomento che non discuteremo oggi. Piuttosto torniamo alle osservazioni.

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L’insostenibile leggerezza del calcolo

Questo e’ un post sulla sostenibilità, vocabolo di gran moda e molto spesso abusato. Lo affronteremo con calma, grattando appena la superficie, sperando che si voglia scendere più a fondo nel dibattito che seguirà.

Cominciamo con una domanda da bar. Considerato il modo in cui si sente continuamente parlare della disponibilità di risorse e della scarsità delle stesse in un contesto di insistente crescita demografica, secondo voi, le risorse alimentari disponibili su questo pianeta, sono sufficienti a sfamare tutti? In poche parole, il fatto che ci siano ancora circa un miliardo di persone in condizioni di denutrizione e’ frutto dell’assenza di cibo?

La risposta e’ semplice: no. E non sarebbe così neanche se al mondo fossimo da uno a tre miliardi in più.

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Manca l’attribuzione? Poco male, c’è la similitudine.

Come ve lo immaginate il Global Warming? Su, dai, non è difficile, gli accaldati scienziati che se ne occupano ce lo descrivono da anni. Cielo opaco, atmosfera rovente, un incendio di là, un campo inaridito di qua, poche polverose foglie a vestire gli alberi sopravvissuti etc etc. E quando tutto questo passa, perché il tempo per fortuna ogni tanto cambia pure, tempeste a go go, tuoni, fulmini e saette, torrenti fangosi in piena e case travolte, insomma, un disastro.

E quando fa freddo come quest’inverno? Regola numero uno, anche se fa freddo comunque da qualche altra parte fa caldo, mentre il contrario non è vero. Regola numero due, fa freddo perché fa caldo, sicché, comunque, è solo un’impressione.

In questi bollenti giorni d’inizio estate, con Hannibal, Caronte e Minosse – tre maschere dello stesso personaggio, l’anticiclone nord-africano – tra gli accaldati suddetti impazza un motto, anzi due:

  1. Ve lo avevamo detto;
  2. E’ così che ci immaginiamo il global warming.
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Nature Climate Change: Prima faceva più caldo. Chissa’ il team come la prenderà.

Il team non è la nazionale di calcio spagnola, con la quale sconsiglierei a chiunque di misurarsi per qualche anno ancora. Il team, o meglio il CRUTeam, è quel gruppo di scienziati del clima che fa capo alla Climatic Research Unit della East Anglia University, zoccolo duro del Working Group I dell’IPCC, il panel ONU che ogni tot anni ci dice come siamo messi in fatto di clima.

Dal CRUTeam, anche noto come hockey team, per aver prodotto e sponsorizzato la famosa ricostruzione delle temperature medie degli ultimi mille anni con la classica forma del bastone da hockey, abbiamo saputo che le temperature medie superficiali degli ultimi decenni sarebbero senza precedenti. Ergo, nel trend climatico di medio periodo, ci sarebbe senza dubbio lo zampino dell’uomo.

Ma, guarda cosa ti va a capitare, un gruppo di ricercatori si mette in testa di assemblare una serie di dati di prossimità per la temperatura, fitta e lunga come mai prima era stato fatto. Non solo, pensano anche di mettere in relazione questa serie con la forzante orbitale, uno dei parametri che sappiamo essere tra quelli che nel lungo periodo dettano legge in materia di temperatura.

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Mirror posting – Picco del petrolio: Apocalisse rimandata, come sempre.

Carlo Stagnaro ha scritto un post interessante su Chicago Blogssull’argomento della disponibilità di greggio e sulla ennesima previsione sbagliata degli amanti della catastrofe dietro l’angolo.

Buona Lettura.

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Pochi, in Italia, si sono resi conto della rivoluzione che sta attraversando il mondo petrolifero. Si è molto discusso – et pour cause – della rivoluzione dello “shale gas“, e molto meno di quella dello “shale oil” o, più precisamente, delle produzioni non convenzionali di gas e olio. Le conseguenze di questa rivoluzione sono enormi e di lungo termine, e non riguardano solo la capacità della produzione di greggio di tenere il passo di una domanda che, nel lungo termine, è comunque destinata a crescere. Ora, la pubblicazione di un nuovo rapporto curato da Leonardo Maugeri per il Belfer Center dell’Università di Harvard rende pubblici dati nuovi, e fa crollare miti vecchi. Come quello del “picco del petrolio”.

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La ricetta perfetta: Allarmi e luoghi comuni vari.

Emergenza, l’importante è ripeterlo, siamo in continua emergenza. Ma c’è di più, le emergenze sono infide, si sommano, si aggravano vicendevolmente, insomma, si attrezzano per l’armageddon. E la colpa di chi è? Ma nostra naturalmente, di quanti siamo, di quello che mangiamo, di come lo mangiamo, di quanto ci scaldiamo, di quanto ci curiamo. In pratica di quanto campiamo, nella colpevole perseveranza di volere stare al mondo, quando dovremmo aver capito da un pezzo che è giunta l’ora di farsi da parte e lasciare spazio alle menti superiori che di queste emergenze già sanno. Facciamocene una ragione.

Ecco qua, da Nova100, su IlSole24Ore:

Il riscaldamento globale e l’incremento del diabete sono correlati?

Si tratta di un relata refero, nel senso che l’autore del post riporta gli elementi salienti di una ricerca pubblicata dall’International Diabetes Federation (testo che non è linkato e che non ho trovato on line). Inizialmente avevo pensato di proporvi come al solito alcuni estratti del post, poi ho pensato che sia molto più opportuno leggerlo per intero, quindi un piccolo sforzo e tornate al link.

Tap, tap, tap…fatto? Ok, vediamo un po’.

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